Edgar Degas: biografia
Figlio del facoltoso banchiere De Gas (questa la vera grafia del cognome), Edgar passò quasi tutta la sua vita a Parigi, con frequenti soggiorni in Italia, dove si reca quasi ogni anno tra il 1854 e il 1886. Dopo aver ricevuto un’istruzione classica nel principale liceo della città, si iscrisse per breve tempo alla facoltà di giurisprudenza della Sorbona, e nel 1854 diventa allievo del pittore Louis Lamothe, a sua volta discepolo di Ingres, uno dei grandi maestri di cui Degas subisce l’influenza. Nel 1862, l’incontro con Manet è decisivo per l’evolversi della sua pittura in senso impressionista. Dal 1874 al 1886 partecipa a tutte le mostre degli impressionisti, tranne a quella del 1882. Ciononostante, rimane, tra gli artisti del gruppo, il più lontano dal vero e proprio impressionismo di cui rifiutano uno dei principi basilari, la pittura “en plein air”, preferendo creare le sue tele a studio, sulla base di schizzi e appunti. La sua ricerca si rivolge soprattutto allo studio degli effetti della luce artificiale e in questo senso sono fondamentali i suoi dipinti dedicati al mondo dello spettacolo – cantanti, musicisti, ballerine -, agli interni dei locali di ritrovo. Fonte imprescindibile della sua arte sono le stampe giapponesi, di cui era un importante collezionista. Dal 1898, a causa di gravi problemi alla vista, smette quasi di dipingere e si dedica alla scultura modellando statuine di cavalli in movimento, ballerine in varie pose e altri soggetti; la sua scultura più importante è certamente Ballerina di quattordici anni, del 1890, in cui affronta il problema della scultura polimaterica. Una curiosità della sua produzione è la serie di schizzi, studi, monotipi, disegni e litografie che hanno per tema il mondo delle prostitute e delle case chiuse, opere distrutte dal fratello Réné, dopo la morte dell’artista, ad eccezione delle poche tavole che Degas cedette all’editore Vollard per illustrare La Maison Tellier di Guy de Maupassant e Les Mimes des courtisanes di Pierre Louys. Un aspetto interessante è anche quello di Degas collezionista, che mise insieme più di cinquecento dipinti e cinquemila tra disegni e stampe (ma non ebbe mai niente di Monet che liquidò come un “puro decoratore”). Degas morì quasi del tutto cieco nel 1917.
Edgar Degas: le opere
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Hilarie De Gas
1857
olio su tela; 55 x 41
Parigi, Musée d'OrsayE' il ritratto del nonno dell'artista (De Gas era infatti il cognome di famiglia), ispirato da alcuni disegni realizzati durante il viaggio in Italia del 1856. Hilaire De Gas viveva esule a Napoli dai tempi della rivoluzione francese, ed era stato il fondatore della banca dei De Gas. Il pittore adottò, invertendolo, lo schema del ritratto di Paolo III realizzato dal Tiziano (Napoli, Capodimonte), in segno di ammirazione per la figura effigiata.
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La famiglia Bellelli
1858-1867
olio su tela; 200 x 250
Parigi, Musée d'OrsayRitrae la famiglia del barone Bellelli, zio dell'artista. Fu un'opera d'elaborazione lentissima (quasi dieci anni), iniziato in Italia a Firenze (fu ammirato dal macchiaiolo Cristiano Banti) e terminato a Parigi, che tradisce la molteplicità delle influenze culturali. Ebbe vasta eco anche tra gli artisti italiani che potettero vederlo nello studio di Degas, e se ne conoscono diversi bozzetti e studi preparatori. Fu acquistato dal Louvre nel 1918.
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Giovani spartane
1860-1862
olio su tela; 109 x 155
Londra, National GalleryRealizzato dopo un lungo soggiorno di studio in Italia, il dipinto (uno dei più famosi quadri storici di Degas) risale, attraverso Puvis de Chavannes e Delacroix, fino ai modelli del manierismo fiorentino, evitando tutti gli artifici retorici della pittura accademica (E' stata però ipotizzata un'influenza del pittore di storia veneto ottocentesco Giovanni De Min). Se ne conoscono moltissimi studi preparatori.
Autoritratto
1863 circaCirca il suo carattere, lo stesso Degas si descriverà così: "Ero o sembravo duro come tutti, per una specie di impulso alla brutalità che mi veniva dal mio dubitare e dal mio cattivo umore. Mi sentivo così fatto male, così sprovveduto, così fiacco, mentre mi pareva che i miei calcoli d'arte fossero così giusti. Tenevo il broncio a tutti e anche a me stesso". L’impietosa descrizione può in parte corrispondere a questo autoritratto pittorico, nelle fattezze del volto, nella pensosità dello sguardo e in quell’aria "da perfetto notaio, di un borghese del tempo di Luigi Filippo" come lo descrisse Gauguin. In questo Autoritratto da ventinovenne, l’artista, stagliato su un fondo rossastro dalla stesura veloce, saluta togliendosi il cappello, come l’elegante Anton Giulio Brignole-Sale a cavallo, ritratto da Anton van Dyck nel 1627, che saluta lo spettatore con il copricapo in mano. Degas ammirava molto l’opera del fiammingo Van Dyck, per il trattamento del colore, dei contrasti tra bianco e nero e, soprattutto, per la raffinatezza della ritrattistica che aveva potuto ammirare qualche anno prima a Genova. Così Degas avrebbe scritto: "nessuno è mai riuscito a rendere la grazia e la finezza della donna, l’eleganza e la cavalleria dell’uomo, né la diversità di entrambi come Van Dyck".
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Interno
1868-1869
olio su tela; 81 x 116
Filadelfia, Museum of ArtSempre più Degas dedicherà la sua attenzione e il suo sguardo "da assassino" alla rappresentazione di interni, stimolato dalle opere di Vermeer, di Velázquez e dalle stampe giapponesi, ma rivolto verso una rappresentazione drammatica della solitudine e del disagio nascosto nell’intimità delle stanze domestiche e nei rapporti di coppia. Nel dipinto Interno, del 1868-1869, avvertiamo un silenzioso conflitto e una tensione sottilissima tra la donna in atteggiamento disperato e l’uomo enigmaticamente in ombra spettatore della sua infelicità. L’ambiente ambiguo e misterioso è accentuato dalla suggetiva illuminazione incrociata e interna al dipinto, proveniente dall’abat-jour al centro della stanza e dal fuoco del caminetto, mentre tutta la scena è riflessa in modo confuso dallo specchio posto in fondo all’ambiente. Esistono varie ipotesi di una dipendenza di questo lavoro da fonti letterarie: per Rivière da Les combats de François d’Hérilieu (1868) di Duranty, per Adhémar dalla Madeleine Férat di Zola e infine per Reff dalla Thérèse Raquin sempre di Zola. A ogni modo, la scena risulta molto cruda e inusuale rispetto alle tematiche tipiche di Degas, anche per certi dettagli inquietanti come i panni bianchi disseminati in giro per la stanza, la scatola aperta rosso fuoco e le decorazioni sul muro in contrasto con l’oscurità della scena.
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Manet con la moglie
1868-1869
olio su tela; 65 x 71
Kitakyushut, Municipal Museum of Art (Giappone)Il quadro fu occasione di una disputa tra Degas e Manet (che erano amici dal 1862). Manet infatti, non apprezzando il modo in cui Degas aveva ritratto la moglie, non accettò il regalo e distrusse il lato dov'era la figura di donna al pianoforte. Degas, anche se reintegrò la tela, non completò mai il dipinto. Il soggetto fu comunque ripreso da Manet in un'opera del 1867.
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Il broncio
1869-1871
olio su tela; 32 x 46
New York, Museum of Modern ArtE' un dipinto che attesta la particolare attenzione di Degas verso le sottigliezze psicologiche sottintese dalle sue scene di genere. Sulla parete di fondo è appesa una corsa di cavalli, che ricorda i soggetti analoghi dipinti negli stessi anni da Degas e dagli altri impressionisti. Secondo alcuni per la figura maschile potrebbe aver posato il critico Duranty, che conobbe il pittore nel 1862, e nel 1876 avrebbe pubblicato un opuscolo sulla nuova pittura molto vicino alle posizioni di Degas.
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Madame Camus
1870
olio su tela; 73 x 90
Washington, National GalleryLa donna ritratta, moglie del dottor Camus, era un’eccellente musicista (Degas la ritrasse anche al pianoforte). Il quadro fu esposto al Salon del 1870. Le ricerche di Degas si orientano in questi anni sulla resa degli effetti della luce artificiale in uno spazio interno, tanto che Duranty, nella recensione al Salon, scrisse che il pittore aveva sacrificato la modella allo sfondo.
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Foyer di danza all'Opéra
1872
olio su tela; 32 x 46
Parigi, Musée d'OrsayDegas realizzò il dipinto ispirandosi al ridotto di Rue le Pellettier, sede della scuola di ballo dell'Opéra. Il pittore ha articolato lo spazio attraverso la coordinazione di gruppi separati, in analogia con le coreografie dei balletti che attiravano in quegli anni la sua attenzione. Esiste una composizione quasi coeva (La classe di danza, New York, Museum of Modern Art) nella quale l'articolazione spaziale risulta molto più convenzionale e semplificata.
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L'ufficio dei Musson
1873
olio su tela; 74 x 92
Pau, Musée des Beaux ArtsIniziato a New Orleans, durante il viaggio americano di Degas, è un ritratto di famiglia dei parenti della madre (che là vivevano) raffigurati nel loro ambiente di lavoro di commercianti in cotone. Sperando che lo aiutasse ad introdursi nel mercato inglese, Degas cercò di adeguarsi alla moda britannica del tempo (Tissot, Millais). Presentato alla mostra impressionista del 1876, fu il primo quadro di Degas ad essere acquistato nel 1878 da un museo statale.
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Prova di balletto in scena
1874 circa
tecnica mista su carta ; 54,3 x 73
New York, Metropolitan Museum of ArtDel dipinto esistono altre due versioni pressochè identiche a questa: una a monocromo a Parigi (Musée d’Orsay) e una, anch’essa conservata al Metropolitan Museum di New York e appartenuta a Sickert, che venne iniziata ad acquerello, continuata come gouache e più tardi completata a olio, con ritocchi a inchiostro e a penna: una sovrapposizione di tecniche che dimostra la particolare abilità e il senso di padronanza assoluta di Degas, il quale sperimentava e ricercava con libertà e al di fuori dell’ortodossia accademica. Per questi motivi l’impressionista Pissarro avrebbe definito Degas "anarchico" in arte. Questa versione a pastello pare che avesse intenzione di acquistarla Gauguin, e gli avrebbe ispirato opere come le ballerine intagliate su una scatola in legno del 1880-1881 (o del 1884-1885). Anche questo dipinto si caratterizza per la freschezza e l’immediatezza della scena, ripresa da un angolo del palco dove si svolgevano le prove di un balletto.
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La classe di danza
1874
olio su tela; 82,5 x 76
New York, Metropolitan Museum of ArtSi tratta di una delle opere più famose di Degas tra quelle dedicate alla danza e alle ballerine dell’Opera. L’anno di produzione del dipinto, il 1874, è la data della prima mostra del gruppo degli impressionisti presso lo studio di Nadar, ma Degas, sebbene avesse partecipato a quella prima esposizione e anche alle cinque successive, si distingue nettamente per stile e spirito dalla ricerca più tipicamente impressionista. Egli si rivela più disegnatore che colorista, come scrisse Argan, "combattuto tra una spinta progressiva ed una remora conservatrice". Lo spazio della scena, all’interno di una sala di danza, è reale e prospettico (e attraverso lo specchio si estende oltre la finestra), come preso da un indiscreto obiettivo fotografico che “ferma” il tempo: la danzatrice al centro si esibisce in un arabèsque osservata dal maestro in ombra sulla destra, le altre ballerine in tutù sul fondo sono colte in pausa e rilassate, mentre aspettano, si aggiustano il tutù o il nastro di velluto al collo, così come anche le due in primissimo piano sulla sinistra. L’interesse del pittore è quello di cogliere l’istantaneità del momento, la vivacità dell’agire umano, il ritmo della vita reale e, in questo, invece, si rivela totalmente impressionista.
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Donna alla finestra
1875-1878
olio su carta; 61,3 x 45,9
Londra, Courtauld Institute GalleriesNello straordinario dipinto quasi monocromo, il volto della donna alla finestra è ridotto a una macchia di colore e la sua posa immobile, impassibile e chiusa in una solitudine muta e impenetrabile è accentuata e assorbita dall’interno claustrofobico e privo di identità. La figura è quasi un’ombra indefinita e appena accennata nello scorcio quasi “sospeso” della finestra, ogni elemento decorativo e descrittivo è annullato, così come ogni intento realistico o di resa spaziale. Il tema del dipinto sembra essere la melanconia e il male di vivere della femminilità borghese e aristocratica, la cui identità sembra cancellata in una visione comprensiva dell’ambiente che la circonda, buio, enigmatico, misterioso come una prigione piena di inquietudini. In quel periodo la curiosità per l’analisi dell’animo umano era stimolata da moltissimi studi e saggi sulla fisiognomica e sulle malattie mentali legate alle manifestazioni somatiche, spesso corredati da disegni o tavole fotografiche, come quelli di Chiarugi (1793) o di Charcot (1876-1880).
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Ballerina che fa il saluto
1876-1877
pastello su vive; 58 x 42
Parigi, Musée d'Orsayfascino esercitato su Degas dall'ambiente del balletto, nel quale il movimento armonioso delle ballerine dissolveva le forme solide in un'armonia turbinosa di colori, si riflette nella scelta di una tecnica veloce e corsiva come quella dei pastelli, e di un insolito punto di vista sulla scena, alto e angolato.
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L'assenzio
1876
olio su tela; 92 x 68
Parigi, Musée d'OrsayPer la scena, ambientata al caffè La Nouvelle Athènes, uno dei locali frequentati dagli impressionisti, posarono l'attrice Ellen Andrée e l'artista Marcellin Desboutin. Esposto alla mostra impressionista del 1876, fu acquistato da A. Kay e presentato nel 1893 a Londra, dove suscitò grande scandalo per la crudezza del tema (gli effetti dell'alcoolismo sulle classi più povere), ma anche appassionate difese da parte degli artisti. Acquistato nell'occasione da Isaac de Camonde, tornò in Francia.
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La festa della tenutaria
1878-1879
monotipo ripassato a pastello su carta; 26,6 x 29,6
Parigi, Musée PicassoLa scena vivace e grottesca appartiene alla serie degli undici monotipi di Degas collezionati da Picasso, il quale, nel 1971, si sarebbe ispirato per una serie di incisioni con scene di prostitute e bordelli, in cui la figura di Degas è protagonista e spettatore estraneo di un eros sfrenato ed esibito da donne corpulente e deformi. L’inquieto sperimentatore Picasso collezionava fin dal 1958 i monotipi di Degas, in cui, come in questa Festa della tenutaria (la donna seduta in nero come una regina che riceve un bacio da una delle ragazze), l’oscenità non è nelle attitudini e nelle pose delle modelle (come invece interpreterà Picasso), quanto nella resa impietosa di corpi e volti disfatti e grotteschi o nella volgarità “naturale” dell’ambiente, non senza ironia. Bataille descrisse queste "ragazze delle case chiuse" come raffigurate "in tutta la loro incongruità" in cui l’erotismo brutale del bordello diventa una scena cruda e reale rappresentata così come è nella realtà, senza il filtro dell’immaginazione.
Cantante del caffè concerto
1878Si tratta di Alice Desgranges, moglie del pianista Theodore Ritter. Il dipinto, realizzato da un punto di vista molto ravvicinato, cogliendo la cantante nel corso di una esibizione, sembra quasi riproporre gli effetti delle istantanee fotografiche. Il contrasto tra toni pastellati e zone in nero avrà molta influenza sulla pittura successiva, specialmente su Toulouse-Lautrec.
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Diego Martelli
1879
olio su tela; 110 x 100
Edimburgo, Scottish National Gallery of Modern ArtDiego Martelli fu il primo critico italiano a riconoscere fin dal 1879, vivendo tra Firenze e Parigi, la portata innovativa dell'impressionismo, cercando di allacciare legami tra i pittori francesi e i loro contemporanei toscani, i macchiaioli (anche approfittando del soggiorno di Degas a Firenze). Degas volle ritrarlo da un punto di vista eccentrico, che ne sottolineasse la massiccia presenza corporea.
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Piccola danzatrice di quattordici anni
1880
bronzo e materiali vari; 99
Parigi, Musée d'OrsayE’ una delle versioni in bronzo della scultura polimaterica presentata da Degas alla sesta mostra degli impressionisti del 1881. L’originale (Upperville, coll. Mellon) è in cera rossa, vestito di un vero tutù in stoffa, con vere scarpette da ballerina, un nastro di raso a trattenere i capelli di crine. L’opera fu accolta da aspre critiche, definita da Elie de Morit “una scimmia, un azteco [….], da mettere sotto formalina e da spedire al Museo Dufuitreu di patologia umana”.
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Stiratrici
1884-1885
olio su tela; 82,2 x 75,6
Pasadena, Norton Simon MuseumIl repertorio iconografico di Degas si arricchisce dei temi delle “stiratrici” e delle “donne intente alla toilette”, accentuati da un personalissimo stile impressionista, lontano dall’osservazione della realtà fenomenica e basato piuttosto su una reinvenzione dei colori. Anche in questa versione delle Stiratrici, come in quella dello stesso periodo del Musée d’Orsay o nella Stiratrice del 1869 conservata a Monaco, la luce interviene ad ammorbidire le forme tanto lievemente da farle vibrare, in una soluzione sintetica e poetica che anticipa quella del pittore Vuillard. Egli cerca di cogliere l’aspetto più poetico e sintetico della scena realistica e quotidiana, non esitando a manipolarla, distorcendo, per esempio, i lineamenti e le espressioni dei volti, in modo essenziale, astratto e quasi nebuloso. Già nel 1874 Edmond de Goncourt descrive Degas come l’uomo che "ha meglio affermato, nella copia della vita moderna, l’anima di questa vita". Anche Picasso si dedicherà al tema della Stiratrice nel 1901 e nel 1904, sintetizzando le due donne di Degas in un’unica figura modulata, gessosa, malinconica, certamente ispirata alla sintesi cromatica degasiana.
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Al Louvre, la pittura
1885
tecnica mista su carta; 36,5 x 22,3
Chicago, Art InstituteNella sua sperimentazione di un’iconografia del quotidiano e dell’istantaneità, Degas non poteva evitare di rappresentare gli interni della Galleria del Louvre, dove trascorreva molte giornate a studiare la pittura antica. Il taglio dell’immagine è totalmente innovativo per la sua sensazione fotografica e istantanea concentrata sul dettaglio e su particolari non canonici della visione. Riconosciamo attraverso l’angolazione dello stipite in finto marmo il pavimento di parquet della Grande Galerie e le cornici dorate intorno ai quadri che si intravedono sul fondo, mentre in primo piano una donna osserva un’opera che ci è sottratta alla vista e che ha certamente trovato indicato sulla guida che sta leggendo; un’altra donna, invece, elegantemente vestita di nero e munita di vezzoso ombrellino cammina di spalle introducendo lo spettatore all’interno dell’immagine. Il formato è quello di una stampa giapponese hashira-e, così come la tecnica pittorica sbiadita, graffiata e corrosa dai diversi passaggi degli acidi, simile alla manipolazione data dall’incisione.
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Nudo grande visto di schiena
1885
pastello su carta; 64 x 53
Collezione privataE' uno dei nudi femminili che, esposti nel 1886 all'ultima mostra degli impressionisti ("Serie di nudi di donne che fanno il bagno, che si lavano, che si asciugano, si pettinano o si fanno pettinare"), sconcertarono il pubblico e la critica, facendo parlare di misoginia e di crudeltà. Degas portava invece alle estreme conseguenze il suo occhio antiaccademico, evitando nelle modelle qualsiasi sospetto di 'posa' o di compiacimento nei confronti del pubblico.
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Dopo il bagno
1885
pastello su carta; 48 x 87
Parigi, Louvre, Cabinet des DessinsE' uno dei tanti nudi femminili ritratti da Degas, che considerava questo genere di soggetti un ottimo campo di sperimentazione pittorica degli effetti della luce (sosteneva che il corpo femminile era la materia che assorbe meglio la luce). Si esercitava quindi a ritrarlo in serie di pastelli (la scelta del materiale coniugava morbidezza del tono e immediatezza dell'esecuzione), modificando le condizioni di luce e i punti di vista.
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Donna che si toglie un guanto
1892 circa
olio su tela; 76,2 x 86,2
Buffalo, Albright-Knox GalleryLa donna protagonista del quadro è il soprano Rose Caron, donna di grande personalità, diva del suo tempo, interprete della Margherita faustiana, della Brunilde wagneriana o dell’acclamata Salammbô e compagna di Georges Clemenceau, esponente politico della sinistra radicale francese. Il destino del suo volto, interpretato da Degas, è il medesimo delle modelle intente alla toiletta o delle donne melanconiche, oscurato da uno sfumato che ne elimina i tratti e da una velatura sapiente di macchie di colore. Attraverso la manipolazione dei pastelli colorati e delle ombre il suo corpo seduto viene appena accennato, mentre i lineamenti del volto scompaiono dietro un drammatico “sfregiare” della materia. Anche il contemporaneo scultore Medardo Rosso giungeva alle stesse soluzioni di accanimento sulla resa descrittiva dei volti e dei corpi, disfatta in colate di cera deformanti, in cui i lineamenti si diluivano nella materia morbida e assorbente. Certamente l’opera di Degas era ben nota al Rosso, così come a Picasso o a Matisse, entrambi, a inizio Novecento, intenti alla defigurazione del corpo nella scultura e nella pittura.
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Fregio di ballerine
1893-1898
olio su tela; 70 x 200,5
Cleveland, Museum of ArtAnche in questo strepitoso dipinto in forma di fregio, Degas esplora la sobrietà e l’eleganza di una gamma cromatica ristretta, che diventa quasi un monocromo ocra-verde. L’opera, che era nella collezione del pittore tedesco Max Liebermann, rientra nella consueta iconografia delle ballerine, ma con un atteggiamento visivo diverso, meno narrativo e voyeuristico e più attento alla resa sintetica, quasi astratta dell’immagine. La composizione possiede la freschezza e l’immediatezza di uno schizzo e la raffinatezza di un fregio decorativo, in cui le “macchie” candide delle ballerine che si mettono le scarpette si susseguono in un ritmo seriale scandito e dinamico. Gauguin, che conosceva e ammirava moltissimo Degas, scriveva: "Le ballerine di Degas non sono donne, ma macchine il cui moto si regge su di un equilibrio prodigioso. Appunto come un cappellino di Rue de la Paix, con tutta la grazia dell’artificio. […] E senza altro motivo, che non sia il vivo intreccio dei segni".
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Ballerina blu
1894
olio su tela; 33 x 25
Collezione privataSe le opere di Degas degli anni Settanta sono ancora calibrate da un’intenzione narrativa e realistica, ben presto egli tradirà questa regole per immergersi in una libera e totale sperimentazione cromatica, i cui fili di colore convivono con stratificazioni a macchia, con graffi e strofinamenti della materia e con coriandoli di colore, come quelli che accendono il tutù azzurro della ballerina, detta Ballerina blu, del 1894. Lo stesso titolo avrà il famoso quadro futurista di Gino Severini del 1912, dove l’abito della ballerina sarà cosparso di veri lustrini materici. Degas, dal 1886 al 1891, smetterà di esporre i suoi lavori e perciò si sentirà più libero nell’impostazione dei suoi dipinti, nonostante i suoi sempre più forti disturbi alla vista. La forma qui appare totalmente espressiva, sospesa, persa nelle compenetrazioni iridescenti, percorse da un’elettricità cromatica essenziale e quasi astratta.
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Donna che si fa pettinare
1896 circa
olio su tela; 114 x 146
Londra, National GalleryL’ispirazione della scena quotidiana di una giovane ragazza che si fa pettinare i capelli da un’altra donna, nell’intimità di uno spazio domestico, trova le sue fonti nel Bagno turco di Ingres (1862), tanto amato da Degas, e soprattutto dalle stampe giapponesi che facevano parte della sua collezione. Lo stile cromatico dello splendido dipinto – appartenuto a Matisse - propone un’inedita declinazione verso il monocromo in un rosso continuo interrotto da cenni di biacca, che, certamente, proveniva dalla pittura antica pompeiana o dagli impasti esplosivi e luminosi della pittura veneziana e di Tiziano. Lo sguardo indiscreto di Degas vuole esplorare l’intimità familiare, come un voyeur che fruga nei segreti delle stanze alla ricerca di qualche atteggiamento naturale, irregolare, effimero. Una scena molto simile si ritrova nella serie di stampe intitolata Cento qualità di donne del giapponese Nishigawa Sukenobu del 1723. Mentre uno Studio da Degas: Donna che si fa pettinare è ripreso dall’artista contemporaneo Frank Auerbach.