Eugène Delacroix: biografia
Eugène Delacroix nasce il 26 aprile 1798 a Charenton-Saint-Maurice, da Charles – ministro degli esteri sotto il Direttorio e poi prefetto imperiale a Marsiglia e Bordeaux -, e da Victoire Oeben, figlia del famoso ebanista di Luigi XVI. Morto il padre nel 1806 a Bordeaux, la famiglia si trasferisce a Parigi, dove Eugène si iscrive al liceo imperiale. Nell’ottobre 1815 è nello studio di Pierre-Narcisse Guérin, e due anni più tardi si iscrive all’Ecole des Beaux-Arts, dove stringe amicizia con Géricault. La prima commissione pubblica è del 1819, quando dipinge per la chiesa di Orcemont la Vergine delle messi, ispirata a Raffaello; del 1820 è l’incarico di eseguire la Vergine del Sacro Cuore per il vescovado di Nantes. Nel 1822 espone al Salon Dante e Virgilio all’Inferno, dipinto in soli tre mesi. Frequentatore dei salotti mondani, Delacroix stringe amicizia con il pittore inglese Fielding, con il quale divide uno studio in rue Jacob. Nel Salon del 1824 presenta Il massacro di Scio e Torquato Tasso in manicomio, nel 1826 realizza La Grecia sulle rovine di Missolungi, e nel 1827 partecipa al Salon con alcune opere fra le quali Morte di Sardanapalo, che suscita gran clamore. Nel 1830 dipinge La Libertà che guida il popolo, che sarà esposta al Salon del 1831; nel mese di settembre riceve la Legion d’onore. L’anno seguente accompagna il conte de Mornay, ambasciatore di Luigi Filippo, in Marocco; visita inoltre la Tunisia e la Spagna, facendo ritorno a Parigi a luglio. Nel 1833 riceve la commissione per la decorazione della Sala del re di palazzo Borbone, impegno che lo terrà occupato fino al 1836. Nel 1839 compie un viaggio in Olanda e Belgio in compagnia di Elise Boulanger. L’anno seguente riceve due importanti commissioni: la Pietà per la chiesa di Saint-Denis-du-Saint-Sacrament, e la decorazione della biblioteca del Lussemburgo. Nel 1842 una grave forme di laringite lo costringe a lunghe cure, che alterna con soggiorni presso gli amici Riesener e George Sand. Non rallenta tuttavia l’attività artistica che lo vede impegnato nella realizzazione delle serie di litografie per l’Amleto di Shakespeare e nella decorazione della Camera dei deputati. Nel 1850 riceve l’incarico di eseguire il soffitto della Galleria di Apollo al Louvre, al quale fanno seguito le pitture del Salone della pace all’Hotel de la Ville. Nel 1852 pubblica un saggio su Nicolas Poussin, e due anni dopo una riflessione dal titolo Questioni sul bello. Nel maggio 1855 partecipa all’Exposition Universelle con quarantadue quadri. Nel 1857 è accolto fra i membri dell’Institut, e decide di scrivere un Dictionnaire des Beaux-Arts; è anche l’anni in cui trasloca al 6 di place de Furstenberg, dove oggi è il Musèe Delacroix. Nel 1859 partecipa al suo ultimo Salon con trentaquattro opere. Nel 1861 riesce a portare a termine le pitture murali di Saint-Sulpice. Muore a Parigi il 13 agosto 1863.
Eugène Delacroix: le opere
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Dante e Virgilio all'Inferno
1822
olio su tela; 189 x 246
Parigi, LouvreCon questo quadro Delacroix si impose al pubblico parigino presente al Salon del 1822, rivelando il carattere movimentato e intenso della sua pittura. Determinante era stata l'influenza della tela, di poco precedente, dell'amico Géricault, La zattera della Medusa, per i decisi tagli di luce e la composizione articolata in un crescendo della tensione. A ciò Delacroix ha aggiunto l'attenzione per l'arte di Michelangelo, come si può notare nel vigoroso modellato dei corpi dei dannati e gli effetti turbinosi del colore di un Rubens. La critica rimase tuttavia scettica; Delécluze definì l'opera "una crosta", mentre gli artisti intuirono la portata di uno stile innovatore, come Antoine Gros che addirittura parlò di "Rubens castigato". Il quadro fu acquistato per il Museo del Lussemburgo e l'artista definitivamente consacrato.
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Orfanella in un cimitero
1823
olio su tela; 65,5 x 54,3
Parigi, LouvreL'opera fa parte di alcuni studi preparatori per la composizione con il Massacro di Scio e viene esposta insieme a questa al Salon del 1824. Dopo il successo al Salon di due anni prima, Delacroix voleva creare un dipinto di grande effetto espressivo. La guerra fra i turchi e i greci del 1820 e i terribili fatti che ne conseguirono nell'isola di Chio, diedero all'artista lo spunto tematico. Questa orfanella, che poi è diventata un'opera autonoma, costituisce l'origine della figura del giovane che invoca aiuto a sinistra del Massacro. Delacroix si era documentato a lungo sui caratteri e gli abiti degli abitanti di Chio, ricavando il particolare colore dell'incarnato. L'espressione naturale tradisce la volontà dell'artista di coinvolgere lo spettatore da un punto di vista emotivo.
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Il massacro di Scio
1823-1824
olio su tela; 417 x 354
Parigi, LouvreCome era avvenuto per la Zattera della Medusa di Géricault, l'impatto causato da un evento realmente accaduto fornisce lo sfondo per la creazione di un'opera in cui il contenuto fortemente drammatico colpisce profondamente il pubblico. I resoconti dell'epoca su questo cruento massacro compiuto dai turchi, per cui nell'isola di Chio sopravvissero solo novecento greci, furono studiati con attenzione dall'artista. Ancora una volta è l'amico Géricault a ispirare il clima concitato e il senso di dolore delle figure, che dai morti ed esanimi in primo piano sale fino ai gesti disperati dei corpi del registro superiore, fino al cavallo imbizzarrito del turco mattatore.
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La Grecia spirante sulle rovine di Missolungi
1826 circa
olio su tela; 213 x 142
Bordeaux, Musée des Beaux-ArtsNel 1826 Delacroix cominciò a frequentare il cenacolo romantico dominato dallo scrittore Victor Hugo, ma anziché concentrasi su una visione del mondo introspettiva e malinconica, continuò a guardare alla realtà storica, seguendo con grande attenzione le vicende dell'indipendenza greca. In quello stesso anno Missolungi ricadde nel giogo turco e a Parigi fu organizzata una mostra alla galleria Lebrun a favore dei greci. Delacroix presentò alcune tele, di cui solo Il giaurro e il cadavere del pascià si collega all'evento. Nel mese di agosto sostituì dei quadri con La Grecia spirante sulle rovine di Missolungi, una grande allegoria in cui è narrato il sacrificio compiuto dagli abitanti della città, nel 1825, sotto i colpi di cannone, piuttosto che arrendersi ai turchi.
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La morte di Sardanapalo
1827
olio su tela; 395 x 495
Parigi, LouvreAl Salon del 1827 Delacroix presenta ben tredici opere, di tutti i generi, dimostrando la sua perizia nei ritratti, nei paesaggi, nella natura morta, nei soggetti religiosi, letterari e naturalmente storici. Si tratta di una vera e propria sfida che raggiunge l'effetto più alto con questa tela dedicata a un fatto di storia antica, La morte del re Sardanapalo. Come narrato dalle fonti si trattò di un avvenimento di sconvolgente crudeltà: il re che decise che tutta la sua corte doveva morire con lui, per cui ordinò agli schiavi di uccidere le donne, i paggi e addirittura i cavalli, mentre tutte le ricchezze e il palazzo sarebbero bruciati con lui. Dal fondo scuro delle tenebre, emergono i corpi luminosi delle vittime in un vortice drammatico di violenza e disperazione. Quello che dall'artista fu definito "il massacro numero due" lasciò fredda la critica che ravvisò scandalosi elementi orgiastici negli atteggiamenti.
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La Libertà che guida il popolo
1830
olio su tela ; 260 x 325
Parigi, LouvrePer quanto riguardava la realtà francese, Delacroix non era un artista impegnato sul fronte politico, sostenendo che le personalità colte non parlavano di politica. Tuttavia gli avvenimenti del 1830 lo costrinsero ad assumere una posizione. La sospensione delle libertà costituzionali operata da Carlo X nel luglio di quell'anno determinò l'insurrezione popolare. Delacroix non imbracciò le armi come Daumier e altri artisti, ma girò per Parigi, raccogliendo appunti sulla rivolta. Giocata sui tre colori della bandiera francese, bianco, rosso e blu, la composizione fonde elementi realistici, quali i cadaveri in primo piano e i combattenti, tra cui se stesso con il cilindro, con un'immagine classica, quella allegorica della Libertà, cercando di porsi come il manifesto degli ideali di rivolta. Ancora una volta il pubblico del Salon (1831) rimase sconcertato per la violenza dei contrasti e la crudezza poco dignitosa dei morti.
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A Meknez. Il Mellah e Sidi Said
1832
acquerello, penna e inchiostro
Parigi, Louvre, Cabinet des DessinsNell'epoca romantica l'Oriente ha esercitato un notevole fascino, stimolando nell'ambito della cultura nuove fantasie. Nel 1831 il re Luigi Filippo inviò una delegazione presso il sultano del Marocco e come spesso accadeva, fu chiesto a un pittore di accompagnare il gruppo per documentare il viaggio; fu scelto Delacroix, che nel gennaio del 1832 approdò a Tangeri. Nel corso dei tre mesi di viaggio riempì sette taccuini di disegni e un grande album, cosiddetto Album del Marocco, con diciotto acquerelli, da cui sono tratte queste pagine. Ogni angolo lo colpisce e cerca di riportare quanto più possibile di questo popolo misterioso e "antico", come lui lo definisce. Tuttavia nei suoi appunti lamenta la riluttanza da parte della gente a farsi ritrarre per via della diffidenza nei confronti delle immagini.
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Donne d'Algeri nei loro appartamenti
1834
olio su tela ; 180 x 229
Parigi, LouvreCon tante immagini e sensazioni impresse nella memoria, Delacroix rientra a Parigi dal suo viaggio nell'Africa del Nord, nel luglio del 1832. Si mette subito al lavoro cercando di ricreare nello studio quelle atmosfere indimenticabili dell'Oriente. Uno dei risultati più sorprendenti è questo dipinto con le Donne di Algeri che domina al Salon del 1834. Critici come Théophile Gautier ed Etienne Délecluze rimangono affascinati dalle tinte raffinate dei tessuti multicolori e dagli accordi dei toni. Charles Baudelaire, anni dopo, ha definito il quadro un "piccolo poema d'interni" per il senso di quiete intima che emana, oltre a una percezione olfattiva del luogo malfamato.
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Ingresso dei crociati a Costantinopoli
1840
olio su tela ; 410 x 498
Parigi, LouvreCommissionata da Luigi Filippo ed esposta al Salon del 1841, la tela presentava una didascalia di spiegazione: "Presa di Costantinopoli da parte dei Crociati. 1204. Baldovino, conte di Fiandra, comandava i Francesi che avevano dato l'assalto dal lato di terra, e il vecchio doge Dandolo, a capo dei Veneziani, aveva attaccato il porto. I primi capi percorrono i vari quartieri della città e le famiglie in lacrime vengono loro incontro a invocare clemenza". Il tema storico ha stimolato in Delacroix il richiamo ad alcune soluzioni formali dei maestri veneti, al Veronese in particolare, cui si collega il colore smagliante. L'ampiezza della gamma espressiva delle figure rende, ancora una volta, il fatto storico vicino e presente, capace di commuovere come un'azione teatrale.
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Il sultano del Marocco
1845
olio su tela ; 377 x 340
Tolosa, Musée des AugustinsPresentato al Salon del 1845, il dipinto documenta l'uscita dal palazzo di Meknez del sultano del Marocco, Muley-abd-err-Rahmann, con il suo seguito di uomini di corte, fra cui i ministri Muchtar e Amin-Bias, sulla destra. Delacroix ha qui ricreato una cerimonia di udienza, alla quale aveva partecipato nel 1832, quando era stato inviato nel Nord Africa con una missione diplomatica. Sullo sfondo imponente delle mura, il pittore mette in scena la cerimonia, che per la sua solennità appare bloccata e silenziosa. Prevalgono i toni ocra e rossi, derivanti dalla calda luce africana, così come il cielo si presenta ampio e luminoso.
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Musici ebrei di Mogador
1847
olio su tela ; 46 x 55
Parigi, LouvreDai numerosi schizzi disegnati nei taccuini, durante il viaggio lungo la costa nordafricana, sono nate opere come questa, ricostruite a memoria dopo diversi anni dal ritorno in Francia. In questo caso oltre all'elemento orientale, il pittore coniuga una notazione di genere, nella ripresa di un momento della vita locale, una "tranche de vie", in cui i personaggi si lasciano andare ad atteggiamenti quotidiani. Lo sfondo scuro viene squarciato da un bagliore di luce che investe la donna che appoggia la testa sul braccio, abbandonandosi alla stanchezza. Viene meno quell'ambientazione suggestiva e ricca di particolari che aveva caratterizzato opere come le Donne di Algeri, come se l'artista sentisse più lontana l'emozione di quei luoghi.
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Caccia ai leoni
1861
olio su tela ; 76,5 x 98,5
Chicago, Art InstituteIl tema della caccia ai leoni non era nuovo per Delacroix. Già nel 1855 aveva realizzato un'opera su questo tema, poi ricorrente nella fase della maturità, che destò qualche critica al Salon di quell'anno per la straordinaria convulsione di forme e colori. In questo caso la composizione si articola in uno spazio più ampio, in cui un grande cavallo, memore delle composizioni dell'amico di gioventù Géricault, viene atterrato dalla ferocia del leone, che a sua volta viene colpito dalla lancia del moro. I movimenti inconsulti e violenti, i colori scuri, incendiati da lampi purpurei, danno luogo a un turbinio di forme e luci. Lo sfondo del paesaggio è sempre più cupo e rivela l'inclinazione di Delacroix, ormai raggiunta la gloria, a isolarsi dalla mondanità parigina per trovare nella pittura il senso della vita.