Leonardo da Vinci: biografia
Nel 1469 Leonardo è a Firenze a bottega da Andrea Verrocchio. Col maestro collabora alla tavola del Battesimo di Cristo per San Salvi a Firenze dove mostra, nelle parti a lui riferite, una condotta pittorica più morbida e atmosferica rispetto allo stile asciutto del Verrocchio. La prima opera datata è il disegno con la Veduta della Val d’Arno (1473), un paesaggio dal vero che evidenzia gli interessi di Leonardo e anche la sua distanza rispetto ai modi della pittura fiorentina dell’epoca. In questi anni realizza il ritratto della nobildonna Ginevra de’ Benci (Washington, National Gallery), la Madonna del garofano (1474-1478 circa) e l’Annunciazione degli Uffizi. Nel 1478 inizia la Madonna Benois, dove sperimenta un’inedita comunicazione gestuale ed espressiva tra i personaggi, e riceve il primo incarico per un’opera pubblica: la pala d’altare per la cappella di San Bernardo nel palazzo della Signoria a Firenze che però non porta a termine. Anche l’Adorazione dei magi, richiestagli nel 1481 dai monaci di San Donato a Scopeto e oggi conservata agli Uffizi, rimane incompiuta. Nel 1482 parte, infatti, per Milano dove Ludovico il Moro gli commissiona il monumento equestre per il padre, Francesco Sforza. Presso la corte sforzesca Leonardo si occupa di ingegneria idraulica, crea apparati effimeri per feste e spettacoli, e decora la Sala delle Asse del Castello sforzesco. Nel 1483 stipula il contratto per la Vergine delle rocce da collocare nella chiesa di San Francesco Grande a Milano. Realizza un altro splendido ritratto, la Dama con ermellino, e tra il 1495 e il 1498 lavora all’Ultima cena per il refettorio di Santa Maria delle Grazie, condotta con una tecnica insolita. Nel 1499 lascia Milano e intraprende un viaggio che lo porta a Mantova, Venezia e Firenze. Qui, nel 1501 esegue il primo grande cartone per Sant’Anna, la Madonna, il Bambino e san Giovannino (Londra, National Gallery) e lavora alla Madonna dei fusi (1501 circa). Nel 1503, secondo Vasari, inizia La Gioconda per Giuliano de’ Medici e riceve la commissione della Battaglia di Anghiari per la sala del Maggior Consiglio nel palazzo della Signoria, distrutta nel 1563. Comincia un nuovo viaggio, prima a Milano, quindi a Roma dove esegue l’ultimo dipinto conosciuto, il San Giovanni Battista (1513-1516 circa). Nel 1517 si reca in Francia, invitato da Francesco I, e alloggia al castello di Cloux vicino ad Amboise, attendendo ai suoi studi scientifici e partecipando, l’anno prima della morte, alla realizzazione degli apparati per il battesimo del Delfino.
Leonardo da Vinci: le opere
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Nota sullo storico incendio di Alessandria; disegni di teste caricaturali; terzina ironica su Petrarca
penna e inchiostro su carta; 20,5 x 14
Milano, Biblioteca del Castello Sforzesco, Codice Trivulziano, f. 1vIl codice, acquistato da Pompeo Leoni dalla famiglia Melzi, ebbe successivamente diversi passaggi finché non giunse nelle mani del principe Trivulzio dal quale deriva il nome. Dal 1935, col fondo trivulziano, entrò a far parte delle raccolte del Castello Sforzesco. Il codice risale agli anni 1487-1490, quando Leonardo era intento allo studio della lingua latina. Vi sono riportati centinaia di latinismi tratti da libri e repertori vari, alternati a schizzi di architettura militare e religiosa o a ritratti caricaturali. Nel foglio in esame sono presenti alcuni di queste caricature, riprese con veloci tratti di penna probabilmente dal vero. Nella tipica grafia inversa di Leonardo è riportata anche una terzina antipetrarchesca, tratta probabilmente da un sonetto dell’amico di Leonardo, l’architetto Donato Bramante, che in quegli anni era a Milano.
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Battesimo di Cristo
1470-1474 circa
Olio e tempera grassa su tavola; 117 x 151
Firenze, Galleria degli UffiziIl dipinto raffigurante san Giovanni che battezza Cristo sotto gli occhi di due angeli fu realizzato per la chiesa di San Salvi a Firenze e dal 1914 si trova agli Uffizi. La tavola fu verosimilmente commissionata al Verrocchio, maestro di Leonardo, ma come era consuetudine di questo artista, fu in gran parte realizzata dagli allievi. Fin dai primi del Cinquecento le fonti ricordano che il giovane Leonardo eseguì l’angelo sulla sinistra, più recente è l’attribuzione all’ artista del paesaggio sullo sfondo. Sul dipinto sarebbero intervenuti anche altri allievi del Verrocchio come Domenico di Michelino, Sandro Botticelli e Francesco Botticini.
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Paesaggio della vallata dell’Arno
1473
penna e acquerello su carta; 19,6 x 28
Firenze, Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampeVi è raffigurata la vallata dell’Arno dal lato del padule di Fucecchio e di Monsummano ripresa da un punto del Montalbano, nei pressi di Vinci, visibile a sinistra, forse poco distante dalla casa natale di Leonardo, che la tradizione vuole situata nella località di Anchiano. L’artista ha ventuno anni ma mostra già un’eccezionale padronanza e libertà nell’uso del mezzo tecnico, la penna, con la quale è in grado di rendere il senso atmosferico delle lontananze.
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Madonna del garofano
1474-1478 circa
olio su tavola; 62 x 47.5
Monaco di Baviera, Alte PinakothekLa Madonna raffigurata all’interno di una stanza che si affaccia con due bifore su un vasto paesaggio montuoso, offre un garofano al Bambino Gesù. Si tratta di uno dei tanti dipinti raffiguranti Madonne realizzati da Leonardo nel periodo giovanile. La Madonna del garofano rivela ancora l’influsso del maestro di Leonardo, Verrocchio, al quale è stata in passato attribuita, e riprende nella posizione la Dama col mazzolino, il noto busto scolpito dal Verrocchio, oggi al Bargello. Il paesaggio è quello tipico leonardesco, che fa da sfondo anche al ritratto della Gioconda.
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Annunciazione
1475-1478
olio e tempera grassa su tavola; 98 x 217
Firenze, Galleria degli UffiziIl dipinto giunse agli Uffizi dal convento di San Bartolomeo a Monte Oliveto nel 1867. Già attribuito al Ghirlandaio il dipinto è da considerare un’opera giovanile di Leonardo. Insolito per una pala d’altare, il formato della tavola, sviluppato orizzontalmente, riprende piuttosto la tipologia delle predelle e dei bassorilievi. Nel primo piano è raffigurata l’Annunciazione, sullo sfondo un edificio fiorentino e un bellissimo paesaggio nel quale Leonardo coglie con naturalezza il mondo vegetale e il senso atmosferico delle lontananze. Sono state notate delle inesattezze spaziali, come la resa del braccio destro della Vergine.
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Madonna Benois
1478-1480
olio su tavola, trasportato su tela; 48 x 31
San Pietroburgo, Museo ErmitageIl piccolo dipinto è ambientato in una stanza illuminata da una finestra sul fondo: la Madonna, che ha un aspetto adolescenziale, tiene in braccio un erculeo Bambino che gioca con un fiore bianco, forse un gelsomino. Il dipinto è stato attribuito a Leonardo solo nel 1909 e da allora è stato incluso nel corpus delle sue opere. L’artista appare interessato alla rappresentazione del corpo umano e dei suoi movimenti nello spazio circostante: la posizione in diagonale del gruppo accentua l’effetto di rilievo e mette in evidenza la vitalità del Bambino. Toccante è anche il tenerissimo rapporto affettivo tra madre e figlio, trasmesso non solo dallo sguardo della madre, ma anche dal delicato intrecciarsi delle mani, e rientra in quella poetica degli affetti, tematica fondamentale della pittura leonardesca.
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Studio di panneggio
1478 circa
inchiostro e biacca a pennello su lino; 26,6 x 23,3
Parigi, LouvreIl margine di distinzione tra questi disegni di panneggi e la pittura vera e propria è sottilissimo in quanto l’artista li eseguiva su tela e in punta di pennello. Come sappiamo dal Vasari, quella di fare studi di panneggi servendosi di manichini che venivano drappeggiati con abbondanti panni inamidati in ricche pieghe, fu una pratica avviata da Piero della Francesca e seguita tra Quattro e Cinquecento dagli artisti fiorentini legati alle botteghe del Ghirlandaio e del Verrocchio, e quindi anche da Leonardo che si formò nella bottega di quest’ultimo. In questi panneggi si studia soprattutto l’incidenza della luce sulle pieghe e l’effetto materico delle stoffe. Il disegno è stato variamente attribuito anche a Lorenzo di Credi e a fra Bartolomeo.
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Studio di giovane donna con bambino
1478-1480
penna e inchiostro su carta bianca; 12,5 x 8,5
Londra, British MuseumIl tema della maternità della Madonna ricorre spesso nei dipinti giovanili di Leonardo, nei quali l’artista appare soprattutto interessato dalla resa del movimento dei vivaci Gesù Bambini e all’aspetto affettivo e sentimentale nel tenero scambio di sguardi tra Madre e Figlio. Questo disegno tracciato con sicuri e veloci tratti di penna a costituire quasi una vignetta, raffigura una giovane madre nell’atto d’incedere verso destra con un vivace bambino in braccio che si sporge a osservare qualcosa verso il basso; si tratta di uno schizzo tratto dal vero ed è sicuramente da riferire ai numerosissimi studi che Leonardo svolse su questo tema.
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Studio di cavalli e cavalieri
1480 circa
penna e inchiostro su carta; 14,2 x 12,8
Cambridge, Fitzwilliam MuseumLo studio dei cavalli interessò molto Leonardo soprattutto dal punto di vista dell’indagine sul movimento e l’energico e sicuro disegno ne costituisce un esempio. Sono raffigurati due cavalli al passo sul dorso dei quali, appena sbozzate, sono visibili le nervose figure di due cavalieri. Il disegno, di grande scioltezza, è stato messo in relazione con l’Adorazione dei magi degli Uffizi, la tavola commissionata a Leonardo dai frati di San Donato a Scopeto che non fu mai terminata per la partenza del pittore per Milano. Si tratta di uno studio per le numerose figure di cavalli e cavalieri visibili sul fondo della composizione: dei due cavalli, in realtà uno solo, quello di sinistra, fu riportato sul dipinto ed è visibile sul fondo tra i due alberi al centro della tavola.
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Allegorie della Vittoria e della Fortuna
1480 circa
penna e acquerello su carta; 25 x 20,2
Londra, British MuseumLa figura alata in alto viene in genere identificata con la Vittoria, mentre in quella in basso si riconosce la Fortuna, che pone una corona su un trofeo, nel quale si vede anche una figura araldica. Il disegno è tipico del periodo fiorentino di Leonardo che si esprime con tratti lunghi e veloci, riuscendo con pochi segni di penna a dare un grande e vivace effetto di movimento alle due figure.
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San Gerolamo penitente
1480-1482
olio su tavola; 103 x 75
Roma, Pinacoteca vaticanaNulla sappiamo di questo dipinto che venne probabilmente eseguito durante il soggiorno fiorentino di Leonardo: a questo periodo riconduce l’interesse per la figura umana e per la rappresentazione dei movimenti di quest’ultima nello spazio. Il dipinto, come la coeva Adorazione dei magi, è lasciato incompiuto, ma proprio questo stadio d’incompiutezza conferisce alla figura una forte e intensa drammaticità. Particolarmente studiato è il modello anatomico indagato dalla luce che possiede compattezza e articolazione scultorea. San Gerolamo è ambientato in un antro roccioso, sullo sfondo di un paesaggio appena sbozzato, tipico dei profondi e brumosi fondali dei dipinti leonardeschi.
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Viti di Archimede e pompe per sollevare l’acqua
1480 circa
penna e inchiostro su carta; 65 x 44
Milano, Biblioteca Ambrosiana, Codice Atlantico, f. 26vIl codice Atlantico così chiamato per il formato da atlante del libro, è un volume miscellaneo creato alla fine del Cinquecento dallo scultore Pompeo Leoni, assemblando estratti da vari quaderni di Leonardo sui più vari argomenti. Nel foglio sono studiate nei loro meccanismi e funzionamento le cosiddette viti di Archimede e alcuni tipi di pompe per sollevare l’acqua. Gli studi del foglio risalgono al periodo giovanile, intorno al 1480.
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Macchina a mantice
1480 circa
matita nera su carta; 65 x 44
Milano, Biblioteca Ambrosiana, Codice Atlantico, f. 5rNel codice Atlantico sono raccolti fogli che abbracciano un arco di circa cinquant'anni della vita di Leonardo, dal 1478 alla morte avvenuta nel 1519. È compresa una vastissima documentazione sui più vari argomenti dalla matematica, all’astronomia, alla fisica, alla botanica, alla meccanica, all’anatomia e una grande quantità di progetti architettonici e urbanistici. Vi sono contenuti anche un gran numero di appunti e di notazioni filosofiche e pensieri. Nel foglio, risalente al 1480 è rappresentata una macchina a mantice per sollevare acqua; oltre ad altri piccoli schizzi si vede una figura intenta a osservare una sfera armillare attraverso un prospettografo, lo strumento usato nel Quattrocento dai pittori e architetti fiorentini per studiare la prospettiva: il personaggio, secondo alcuni studiosi, è identificabile con lo stesso Leonardo.
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Studio per l’Adorazione dei magi
1481 circa
penna, punta d’argento su carta rosa; 16,3 x 29
Firenze, Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampeLeonardo eseguì la grande tavola con l’Adorazione dei magi, commissionatagli dai frati di San Donato a Scopeto e mai portata a termine, in seguito a un’intensa elaborazione mentale sviluppando le idee in schizzi e disegni di piccole dimensioni. Questi disegni non sono riferibili all’intera composizione ma a singole parti o a figure o a gruppi di figure. Nel disegno è raffigurato lo studio prospettico delle architetture e delle figure che fanno da sfondo al dipinto. Il pittore evidenzia qui le sue grandi capacità di matematico e studioso della prospettiva inserendo la composizione in un reticolo di linee che permette di scaglionare la profondità dello spazio. Vediamo che in questo disegno era ancora prevista una copertura a capanna, che scompare nella redazione finale e che simboleggia la Chiesa.
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Adorazione dei magi
1481-1482 circa
olio su tavola; 246 x 243
Firenze, Galleria degli UffiziIl dipinto fu commissionato a Leonardo dai monaci di San Donato a Scopeto, ma fu lasciato incompiuto a causa della partenza di Leonardo per Milano, e lasciato nella casa di Amerigo Benci, padre di Ginevra, gentildonna che fu ritratta da Leonardo. Il tema dell’Adorazione dei magi fu molto trattato nella pittura fiorentina della seconda metà del Quattrocento, in quanto si adattava particolarmente alla filosofia neoplatonica, significando non solo il rivelarsi del Messia ma anche il declino del mondo pagano sostituito dalla nuova era cristiana. Leonardo tratta il soggetto in maniera fortemente drammatica, con le figure dei magi e del loro seguito, dai volti grotteschi che emergono dall’ombra e gesticolano in maniera convulsa. Sul fondo le rovine degli edifici e i cavalieri che si azzuffano simboleggiano la decadenza del mondo pagano, vinto dall’avvento di Cristo.
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Studio per testa di donna
1483-1488 circa
tecnica mista su carta; 18,1 x 15,9
Torino, Biblioteca realeIl disegno, raffigurante una testa femminile, che, secondo alcuni, riprende i tratti del volto di Cecilia Gallerani, è preparatorio per l’angelo della Vergine delle rocce, eseguita durante i soggiorni milanesi in due versioni simili, la prima nel 1483-1486 e la seconda nel 1508, che si succedettero nella cappella della Concezione in San Francesco Grande a Milano, oggi al Louvre e a Londra. Si tratta della tipica bellezza femminile leonardesca velata di ambiguità, dallo sguardo e dal sorriso ineffabile e misterioso.
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Frutti e verdure, architetture, lettere
1487-1489
acquerello colorato, penna e inchiostro su carta; 23 x 16
Parigi, Institut de France, Manoscritto B, f. 2Accanto ad alcuni schizzi architettonici e a iscrizioni criptiche Leonardo traccia bellissimi disegni acquerellati di frutti e verdure, in particolare ciliege e baccelli. Questi frutti sono tracciati con una grande vivezza naturalistica e sono un esempio del grande interesse dell’artista per la natura, che si evidenzia anche nella attenta rappresentazione dei fiori e delle erbe in alcuni dipinti, come la giovanile Annunciazione, ora conservata agli Uffizi.
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Chiesa e architetture militari
1487-1489
penna e inchiostro su carta; 23 x 16
Parigi, Institut de France, Manoscritto B ff. 18v –19rIl foglio fa parte del cosiddetto manoscritto B dell’Institut de France che costituisce un codice unitario, il più antico tra quelli pervenutici di Leonardo: si data infatti tra il 1487 e il 1489 quando si trovava a Milano presso la corte sforzesca. Leonardo a Milano svolse attività di architetto e ingegnere militare e civile e la maggior parte dei fogli contenuti nel codice si riferisce a questi incarichi. Nel foglio oltre ad alcuni schizzi e notazioni per fortificazioni militari è disegnata in pianta e a volo d’uccello una complessa chiesa a pianta centrale che sviluppa tematiche dell’architettura toscana che saranno utilizzate da Bramante.
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Madonna Litta
1490 circa
olio e tempera su tavola, trasferita su tela; 41,9 x 33
San Pietroburgo, ErmitageIl dipinto si trovava in origine nella collezione Visconti a Milano per passare poi in quella della famiglia Litta, dalla quale trae il nome: nel 1865 fu acquistata dallo zar Alessandro II, e trasportata da tavola su tela con danni notevoli. L’attribuzione a Leonardo è ormai consolidata ma non mancano critici che la riferiscono a seguaci lombardi del maestro. Certa durezza nel trattare il chiaroscuro fa supporre che sia stata terminata da un allievo, forse il Boltraffio.
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Uomo vitruviano
1490 circa
tecnica mista su carta; 34,4 x 24,5
Venezia, Gallerie dell’AccademiaQuesto disegno illustra il canone delle proporzioni umane postulato a premessa dei suoi trattati architettonici da Vitruvio, l’architetto romano del I secolo a.C. La teoria vuole dimostrare che le proporzioni umane sono perfettamente inscrivibili in due figure geometriche perfette, il cerchio e il quadrato. Il disegno leonardesco nasce come illustrazione di una teoria e come tale presenta precisione di tratto e chiarezza di particolari, elementi necessari per la riproduzione a stampa. La grande innovazione di Leonardo sta nel fatto di aver sovrapposto nello stesso disegno la medesima figura umana, riproducendo la simultaneità di percezione di due diverse immagini sovrapposte. Questa innovazione non fu seguita dai successivi illustratori del codice di Vitruvio, che nel Cinquecento ebbe numerosi volgarizzamenti, che continuarono ad illustrare la teoria vitruviana per mezzo di due disegni.
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La belle ferronière
1490-1495 circa
olio su tavola; 63 x 45
Parigi, LouvreIl dipinto fa parte delle collezioni francesi fin dall’epoca di Francesco I, ma non è conosciuta la sua provenienza. La denominazione di Belle Ferronière è dovuta al fatto che fu confuso con il ritratto di un’amante di Francesco I, conosciuta con questo nome, in un inventario delle collezioni reali. In realtà il ritratto è tipico della produzione milanese di Leonardo e risale quindi al suo soggiorno in questa città. Per la grande somiglianza fisionomica molti studiosi ritengono che si tratti di un secondo ritratto di Cecilia Gallerani, secondo altri potrebbe invece trattarsi del ritratto di un’altra amante di Ludovico il Moro, Lucrezia Crivelli, della quale le fonti tramandano che Leonardo fece il ritratto.
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Studio caricaturale di vecchio
1490-1495
matita rossa su carta bianca; 18 x 10
Roma, Gabinetto nazionale delle stampe e dei disegniSono molto frequenti, tra i disegni di Leonardo, i ritratti caricaturali o meglio quei ritratti nei quali i volti, pur proponendo dei modelli reali, assumono una connotazione grottesca, poiché l’artista esagera alcuni tratti fisionomici. Questi disegni sembrano degli scherzi e una sorta di piacevole divertimento, in realtà Leonardo con questa procedura intende esprimere attraverso la fisiognomica la personalità interiore dei personaggi. La figura di questo vecchio per esempio, dallo sguardo rapace, per quella mano portata al petto ha fatto pensare a uno studio preparatorio per la figura di Giuda nell’Ultima Cena di Santa Maria delle Grazie a Milano.
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Dama con l’ermellino
1490 circa
olio su tavola; 54,8 x 40,3
Cracovia, Czartoryski MuzeumIl dipinto ritrae probabilmente Cecilia Gallerani, giovane e intelligente donna milanese, amata da Ludovico il Moro. Al suo cognome sembra infatti alludere il nome greco dell’ermellino, galè, che Cecilia tiene in braccio. L’ermellino fu anche l’emblema che il Moro adottò nel 1489, e può quindi simboleggiare lo stesso duca di Milano. Il dipinto è un tipico esempio della ritrattistica leonardesca di questo periodo, nella quale è evidente l’interesse per il dinamismo della figura, che si esemplifica nel cosiddetto “ritratto di spalla”: Cecilia, vestita e acconciata secondo la moda dell’epoca, è inquadrata di tre quarti, in posizione leggermente laterale rispetto all’asse del dipinto, e si volta a guardare verso destra, come se fosse improvvisamente chiamata da qualcuno fuori del dipinto. La luce la investe da destra e le illumina il volto indagandone la delicata bellezza ma anche la profonda interiorità.
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Cenacolo
1495-1498
tempera e olio su intonaco; 460 x 880
Milano, Santa Maria delle Grazie, refettorioIl dipinto si trova nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, un complesso monastico particolarmente caro a Ludovico il Moro, che ne affidò la ristrutturazione al Bramante. Alla committenza del duca è dovuto anche il Cenacolo: Leonardo lo eseguì, tra il 1495 e il 1497, con una tecnica a secco che purtroppo è stata la prima causa del suo deterioramento. L’Ultima Cena è un tema molto trattato nella pittura del Quattrocento, ma Leonardo si distacca dall’iconografia tradizionale che sceglie il momento della consacrazione del pane e del vino, incentrando il soggetto nel momento più drammatico della narrazione evangelica: Cristo annuncia che sarà tradito da uno dei suoi discepoli suscitando una serie di reazioni psicologiche nei dodici apostoli. Ciò permette a Leonardo di cogliere attraverso una studiatissima tipologia dei movimenti e delle fisionomie i diversi stati d’animo.
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Studi di motivi ornamentali e testa di un cane
1497-1498
matita rossa su carta; 10 x 7,5
Parigi, Institut de France, Manoscritto I, ff. 47v , 48rIl manoscritto è costituito da due taccuini tascabili usati probabilmente come quaderni di appunti da Leonardo tra il 1497 e il 1499. Gli argomenti trattati sono diversi, dalla geometria al moto dell’acqua, ad appunti di grammatica latina a scritture criptiche e profezie. Sui due fogli in esame sono raffigurati dei motivi ornamentali e una testa di cane che serve per uno studio geometrico sulle proporzioni ma che è soprattutto un capolavoro di naturalismo e finezza disegnativa dagli intensi effetti coloristici.
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Madonna dei fusi
1501 circa
olio su tavola; 48,3 x 36,9
Collezione privataQuesta tavoletta si data al 1501 grazie a una lettera di Pietro da Novellara ad Isabella d’Este, nella quale è citato un quadretto in cui la Madonna tiene in braccio il Bambino intento ad inserire l’aspo dentro il fuso facendo così uno strumento che ha la forma di croce, a simboleggiare il suo martirio. Per lungo tempo il dipinto è stato ritenuto perduto ed era conosciuto solo attraverso delle varianti di scuola lombarda, che confermano che il dipinto fu realizzato dal maestro durante il soggiorno milanese.
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Studi per teste di combattenti
1503-1504
tecnica mista su carta; 19,1 x 18,8
Budapest, Szépmüvészeti MúzeumNel 1503 Leonardo ricevette l’incarico di decorare una parete della sala del Gran Consiglio nel Palazzo della Signoria a Firenze con la Battaglia d’Anghiari, vinta dai fiorentini sui milanesi nel 1440. Nel 1506 la parte centrale dell’enorme composizione, raffigurante la zuffa per lo stendardo, era già dipinta, ma la sperimentazione della tecnica dell’encausto ne provocò l’intera rovina, e Leonardo lasciò l’opera interrotta. Noi conosciamo questa parte del dipinto attraverso numerose copie contemporanee, che permettono di poter riconoscere come preparatori per quest’opera alcuni disegni tra i quali le due teste di combattenti di Budapest, considerate preparatorie per le due figure centrali della zuffa. I tratti marcati dei due volti, l’espressione violenta e quasi bestiale delle due figure sono chiara illustrazione del concetto leonardesco della guerra come “pazzia bestialissima”.
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La Gioconda
1503-1504 e 1513-1516 circa
olio su tavola; 77 x 53
Parigi, LouvreLa tradizionale identificazione della donna ritratta in quello che forse è il più celebre dipinto che mai sia stato fatto, avanzata dal Vasari, come Monna Lisa del Giocondo è stata messa in discussione da recenti teorie e anche l’esecuzione del ritratto dai primi anni del Cinquecento è stata posticipata al secondo decennio del secolo. Per affinità stilistica con opere realizzate da Leonardo a partire dal 1510 nelle quali è presente lo stesso tipo di paesaggio, lo stesso morbido sfumato dei volti e lo stesso enigmatico sorriso. La monumentale figura femminile è presentata sullo sfondo di un paesaggio, che in origine era inquadrato da una finestra. Tra il paesaggio, le cui montagne sembrano sorgere dalle acque in un’atmosfera piena di vapori, e la figura esiste un rapporto intimo basato su un fondamentale concetto leonardesco, quello della continuità e sintonia tra le parti dell’universo e in particolare tra uomo e natura.
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Carta della Toscana con il percorso del Fiume Arno da Firenze fino a Pisa e al Mare
1504 circa
penna e inchiostro, acquerello colorato su carta
Codice di Madrid II, ff. 22v-23rI codici di Madrid facevano parte della Biblioteca reale di Filippo V, e ad essa giunsero dalla raccolta di Pompeo Leoni, che a sua volta li aveva acquistati dagli eredi dell’allievo di Leonardo, Francesco Melzi. Contiene molte pagine datate che consentono di collocarne l’esecuzione tra il 1491 e il 1505. Il codice II di Madrid contiene diversi disegni e schizzi sulla topografia toscana e in particolare della valle dell’Arno da Firenze a Pisa, eseguiti nel periodo in cui Firenze era in guerra contro Pisa tra il 1503 e il 1504. Questi disegni erano finalizzati a studi per considerare le possibilità di deviare l’Arno, in modo che il suo corso non attraversasse più la città di Pisa.
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Studi per l’allestimento dell’Orfeo
1506-1508 circa
penna e inchiostro su carta
Londra, British Museum, Codice Arundel ff. 231v e 224rLeonardo fu un grande scenografo e grande meraviglia suscitarono i suoi allestimenti teatrali. Nei due fogli insieme ad alcuni appunti sono raffigurati degli studi per l’allestimento dell’opera teatrale di Agnolo Poliziano, Orfeo. In particolare sono studiati alcuni meccanismi che permettono di movimentare la scena: un meccanismo di saliscendi permette all’attore che impersona Plutone di comparire dal sottopalco quasi emergesse dagli inferi.
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Profilo di guerriero
1508
matita rossa su carta
Torino, Biblioteca realeIl disegno rappresenta un’interessante interpretazione leonardesca della classicità: infatti raffigura, secondo l’uso della medaglistica classica, il profilo di un uomo incoronato d’alloro identificabile con un eroe o un imperatore romano. Leonardo offre un’immagine della classicità sempre trasformata dal naturalismo come in questo caso, dove il profilo da ritratto antico, forse ripreso da una medaglia o da un bassorilievo, presenta dei tratti forzati, tendenti al grottesco e fortemente naturalistici.
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Studio di galleggiante
1508
penna e inchiostro
Londra, British Museum, Codice Arundel 263, f. 24vIl foglio fa parte del codice Arundel, un volume contenente 283 carte di studi miscellanei: dalla fisica, all’ottica, all’astronomia, all’architettura. Note di spese e promemoria permettono di datare i primi trenta fogli al 1508 mentre i successivi si collocano tra il 1478 e il 1518. Nel codice è conservata la famosa e fredda annotazione riguardante l’avvenuta morte del padre nel 1504. Il volume è passato al museo londinese attraverso la collezione di Lord Arundel che lo acquistò in Spagna nel Seicento. Il foglio in esame, in un disegno molto dettagliato e accurato sviluppa il progetto di un apparecchio per la respirazione subacquea di un palombaro. Il progetto mostra tutti i particolari incluse le valvole per l’ingresso e la fuoriuscita dell’aria.
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La Vergine con sant'Anna...
1508 circa
tecnica mista su carta; 159 x 101
Londra, National GalleryIl primo cartone di questo soggetto, risalente agli ultimi anni del Quattrocento, è andato perduto e lo conosciamo solo attraverso delle copie. La seconda redazione del cartone risale al 1508 ed è preparatoria per il dipinto iniziato intorno al 1510, oggi al Louvre. La composizione piramidale, che sarà di modello per tutti i pittori del Cinquecento, molto armoniosa e fluida, è caratterizzata dalla morbidezza dei contorni nel tipico “sfumato” leonardesco. Dietro questa solenne e nello stesso tempo affettuosa rappresentazione si nasconde una complessa simbologia. La Vergine, che secondo una teoria teologica molto in voga agli inizi del Cinquecento prevede la morte del figlio, è seduta in grembo alla madre e cerca di distogliere il Bambino da san Giovannino, che nella simbologia cristiana preannuncia la passione di Cristo: ma è convinta a desistere da questo suo sentimento protettivo da sant’Anna, che indica col dito il cielo a rammentare la missione divina di Gesù.
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La Scapiliata
1508-1510 circa
tecnica mista su tavola; 24,7 x 21
Parma, Pinacoteca nazionaleIl dipinto si direbbe un bozzetto incompiuto per la testa di una figura femminile che guarda verso il basso, forse una Madonna. Soltanto la parte del volto è compiuta e presenta un’approfondita e accurata indagine luministica, mentre il resto della testa è solo abbozzato con veloci tratti di pennello che indicano la capigliatura. Questa testa femminile viene chiamata “la scapiliata” in quanto è comunemente identificata con un dipinto che nel 1531 Ippolito Calandra proponeva di mettere nella camera della moglie di Federico Gonzaga, Margherita Paleologa, definendolo appunto con questo termine e attribuendolo a Leonardo. L’attribuzione a Leonardo non sempre viene accettata e da alcuni studiosi il dipinto è stato ritenuto un falso ottocentesco, attribuito allo stesso pittore parmense, Gaetano Callani, nella cui collezione si trovava quando fu acquistato dalla Galleria di Parma nel 1839.
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Leda e il cigno
1510 circa
olio su tavola; 130 x 78
Firenze, Galleria degli UffiziIl tema è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio: Leda è simbolo delle forze generatrici della natura e a questo allude la sua unione con Giove, sotto le sembianze di un cigno, dalla quale furono generati i quattro gemelli Castore, Polluce, Elena e Clitennestra. Studi di Leonardo su questo tema si trovano a partire dal 1504, ma più tardi, forse nel periodo milanese, elabora la versione conosciuta raffigurando la figura in piedi nella classica posa serpentinata. L’invenzione leonardesca è conosciuta attraverso la descrizione che ne fece Cassiano dal Pozzo nel 1623, vedendola nelle collezioni reali francesi. Attualmente sono conosciute diverse versioni, tra loro molto simili, tutte desunte dall’invenzione leonardesca ma in realtà nessuna di esse sembra riferibile al maestro.
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Sant'Anna, la Madonna...
1510-1513 circa
olio su tavola; 168 x 130
Parigi, LouvreLa versione pittorica del tema fu iniziata nel 1510 ma presumibilmente terminata alcuni anni dopo in Francia. Nel 1508 lo stesso tema era stato trattato in un cartone con delle varianti che rendevano più movimentata e drammatica la composizione. Qui sant’Anna osserva con un sorriso malinconico la Madonna che, seduta sulle sue ginocchia, si sporge dolcemente per distogliere il Bambino dall’agnello, prefigurazione del suo martirio. Anche questa è opera di profondo valore psicologico e simbolico realizzata attraverso un complesso e armonioso fluire della linea compositiva di fronte a un grandioso paesaggio di montagne.
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San Giovanni Battista
1513-1516 circa
olio su tavola; 69 x 57
Parigi, LouvreIn questa figura, come in altre di Leonardo - il Bacco, l’angelo della Vergine delle rocce e la stessa Gioconda - è rappresentato l’ideale di bellezza ambigua e androgina. Il san Giovanni, con la sua splendida capigliatura di riccioli, emerge dall’ombra con il suo sguardo inquietante, a indicare con il dito rivolto verso l’alto e in piena luce la croce sulla quale Cristo sarà sacrificato. Si tratta di un’opera delicatissima trattata con una tonalità quasi monocromatica, che colpisce per la sua forte carica sensuale. Rimase nelle collezioni reali francesi, ma nel Seicento fu ceduto al re d’Inghilterra in cambio di altri quadri. Tornò in Francia acquistato dal cardinale Mazzarino.
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Vene superficiali del cuore
1513 circa
penna e inchiostro su carta azzurra; 48 x 35
Windsor Castle, Royal Library, Anatomia f. 166vIl codice, attualmente smembrato in fogli singoli e conservato nelle collezioni reali di Windsor, all’inizio del Seicento si trovava nella collezione di Pompeo Leoni. Dal 1630 il codice era di proprietà del collezionista inglese Thomas Howard conte di Arndel. Alla fine del Seicento era già nelle collezioni reali. Anche questo codice è miscellaneo, e assemblato dallo stesso Leoni: comprende circa seicento disegni realizzati tra il 1478 e il 1518, di argomenti diversi come anatomia, paesaggio, animali e figure. Nel foglio è studiata l’anatomia del cuore di un bue, e in particolare le sue valvole e le arterie. Gli studi sul cuore furono fatti da Leonardo negli ultimi anni della sua vita e questo foglio si data intorno al 1513.
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Autoritratto
dopo il 1515
matita rossa su carta; 33,3 x 21,3
Torino, Biblioteca realeL’intenso autoritratto di grande potenza espressiva raffigura Leonardo ultrasessantenne, con una folta e lunga barba, quando ormai da tempo si trovava in Francia. Il foglio è stato probabilmente tagliato sui lati per rendere meno cospicua la presenza delle spalle fortemente incurvate. Leonardo volle affidare a un disegno la memoria del proprio aspetto fisico, secondo un’idea che gli era congeniale e che esprime nei suoi appunti. Gli studiosi ritengono che periodicamente Leonardo abbia affidato al disegno o alla pittura la propria effigie, che viene variamente riconosciuta in diverse opere. Molti studiosi ritengono improbabile che Leonardo, ormai vecchio, mantenesse l’accuratezza del tratto disegnativo che caratterizza l’autoritratto, e non tutti sono d’accordo nell’attribuzione a Leonardo. Si è ritenuto addirittura che il disegno sia un falso eseguito ai primi dell’Ottocento. Un’ipotesi forse errata ma curiosa è che il ritratto raffiguri il padre di Leonardo e sia stato eseguito dall’artista intorno al 1505.
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Studio caricaturale di testa di uomo
1515 circa
matita nera su carta bianca; 39 x 28
Oxford, Christ Church CollegeIl disegno, di grandi dimensioni, può forse identificarsi con il ritratto dello Scaramuccia capitano degli zingari citato da Vasari: il disegno è forato per lo spolvero e da ciò si evince che sia stato utilizzato per un dipinto andato perduto. Anche in questo ritratto Leonardo dimostra un grande naturalismo e un forte senso del grottesco: il soggetto potrebbe illustrare il tema della bruttezza umana. Splendida la resa della folta capigliatura ricciuta, posta in primo piano dalla curiosa ripresa di spalle.
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Macchinario per gli specchi
1515 circa
penna e inchiostro su carta; 14 x 10
Parigi, Institut de France, Manoscritto G. ff. 83v-84rIl manoscritto, di piccolo formato, contiene tre date (1510, 1511 e 1515), intorno alle quali possiamo circoscrivere la sua esecuzione. In una prima parte sono presenti studi di botanica finalizzati alla pittura, nella seconda parte compaiono i temi della geometria, la tecnologia, l’ottica il moto dell’acqua. In uno dei due fogli, risalenti al periodo romano, è illustrato il progetto di costruzione degli specchi ustori, formati da tanti tasselli metallici uniti insieme in forma concava, capaci di concentrare dei raggi luminosi che sprigionino grande potenza: una sorta di antesignano del raggio laser.