Masolino da Panicale: biografia
Tommaso di Cristofano di Fino, detto Masolino nacque tra il 1383 e il 1384 forse a Panicale di Renacci in Valdarno, presso Arezzo (mentre Vasari riferisce Panicale in Valdelsa), come si ricava dalla portata catastale del padre che, nel 1427, dichiara il figlio di quarantatre anni di età. Sarà soprattutto la testimonianza di Vasari a creare confusione sulla personalità di Masolino, sulla sua identità, sulla sua formazione (legata forse allo Starnina e al Ghiberti) e sul catalogo delle opere, spesso erroneamente attribuite a Masaccio. Oltre alla scomparsa di tutta la prima parte del suo catalogo (si è certi solo di un’attività tarda), si aggiungono altri problemi che rendono la vicenda professionale di Masolino uno dei casi più atipici del XV secolo. Del 1422 è un contratto di affitto di una casa nella zona di Santa Felicita a Firenze; la presenza del padre alla stipula del contratto dimostra ancora una sua forma di tutela sul figlio, ormai adulto. Il 1423 è invece l’anno in cui Masolino si iscrive all’Arte dei medici e speziali e anche quello della sua prima opera nota, la Madonna col Bambino di Brema, dipinta per i Carnesecchi. In questo periodo risultano poi molte opere attribuite ma non documentate. Le sue prime opere, tra cui la Madonna della Pinacoteca di Monaco del 1424 circa, testimoniano già la sua interpretazione del tema sacro alla ricerca di effetti di morbidezza, di umanità e di naturalismo, pur in un ambito culturale e stilistico ancora legato alla sinuosità lineare del gotico. Nel 1424 risulta pagato per gli affreschi di Empoli, mentre l’anno successivo per la partecipazione all’allestimento di una sacra rappresentazione alla chiesa del Carmine di Firenze, con la quale avrà un rapporto privilegiato e dove affrescherà un perduto San Pietro prima dei rinomati affreschi della Cappella Brancacci, iniziati nel 1425 e completati da Masaccio. Nel 1425, Masolino lascerà i ponti della Brancacci per recarsi alla corte d’Ungheria dalla quale ritornerà l’anno successivo, quando alla morte del suo potente patrono Pippo Spano (Filippo Scolari), egli verrà liberato dagli impegni assunti (non si conservano però opere). Insieme a Masaccio, Masolino eseguirà ancora, durante i primi mesi del 1425, la monumentale pala fiorentina di Sant’Ambrogio, oggi agli Uffizi, e la Sant’Anna metterza. Ancora con Masaccio Masolino lavora a Roma, tra il 1425 e il 1428, al polittico della Madonna della neve per Santa Maria Maggiore e agli affreschi con Storie di santa Caterina d’Alessandria e di sant’Ambrogio e a una Crocifissione nella cappella di Santa Caterina in San Clemente, commissionatigli dal cardinale Branda di Castiglione. L’attività romana di Masolino continua con un altro capolavoro (non documentato e già distrutto alla fine del Quattrocento): si tratta della decorazione di parte del palazzo Orsini di Montegiordano, roccaforte di una delle più potenti famiglie baronali romane. Dalla bottega romana di Masolino usciranno altre opere di paternità ancora controversa, mentre nel 1432 egli riceverà un pagamento per un affresco, la Madonna col Bambino in trono e due angeli, in San Fortunato a Todi. Subito dopo questa parentesi umbra, Masolino è di nuovo al servizio del cardinal Branda, che lo chiama a lavorare a Castiglione Olona, presso Varese, che sarà l’ultimo atto della sua carriera. Qui, con una schiera di allievi e collaboratori, Masolino lavorerà nel palazzo del cardinale (rimangono solo frammenti di incerta attribuzione) e nella Collegiata, dove decorerà la volta con Storie della Vergine e una cappella (il cosiddetto Battistero) del cardinale Branda Castiglione con Storie del Battista. La data 1435, per questi affreschi, risulta da un’iscrizione nell’arcone del presbiterio (ma quest’unico riferimento cronologico è risultato di dubbia e controversa interpretazione da parte degli studiosi). Il 1440, da molti ritenuto l’anno della sua morte, segna il progressivo disimpegno di Masolino dai lavori di Castiglione Olona, dove ormai operano Paolo Schiavo e Vecchietta.
Masolino da Panicale: le opere
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Madonna dell’umiltà (o del latte)
1420 circa
tempera e foglia d’oro su tavola; 110,5 x 62
Firenze, Galleria degli UffiziProveniente da Palazzo vecchio, questa Madonna che allatta seduta per terra sopra un cuscino (e per questo chiamata “dell’umiltà”) appare morbida ed elegante negli accesi contrasti cromatici e luministici e lirica nella silhouette e nel flessuoso ritmo dei contorni della veste. La verosimile attribuzione a Masolino (Scharf e Longhi) è ancora incerta anche se credibile, poiché i migliori talenti del tempo, come Lorenzo Monaco, l’anonimo Maestro del 1419 o Rossello di Jacopo Franchi, erano tutti accomunati da uno stile più leziosamente tardogotico. L’opera, che negli anni Trenta si trovava a Londra e in seguito passò nella collezione Contini Bonacossi a Firenze, documenta tangenze stilistiche con quelle di Gherardo di Jacopo detto Starnina, pittore importante nella Firenze del primissimo Quattrocento del quale si conosce ben poco, e presso la cui bottega, secondo Vasari, Masolino si sarebbe formato artisticamente.
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Madonna col Bambino
1424 circa
tempera e foglia d’oro su tavola di castagno; 95,5 x 57
Monaco, Alte PinakothekL’incerta datazione dell’opera, permette solo di supporre che questa sia di poco successiva alla piccola Madonna della Kunsthalle di Brema (datata 1423), per una koiné stilistica che caratterizza le sue opere precedenti alla collaborazione con Masaccio. Nessun’altra sua opera, però, utilizza una superficie così disegnata e dinamica nelle linee e nei contorni. I colori sono modulati e ricchi di sfumature, accentuati dai contrasti della luce che proviene dal lato sinistro della tavola. La presenza fisica della Vergine è solida e stabile sotto il panneggio, con un’enfasi scultorea simile a quella della Madonna di Brema. La medesima qualità artistica e stilistica è estesa anche alla parte superiore con Dio Padre tra i cherubini e i quattro angeli ai lati sostenuti da solide nuvole.
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San Giuliano
1424-1425
tempera e foglia d’oro su tavola; 135 x 53,5
Firenze, Museo Diocesano di Santo Stefano al PonteLa tavola faceva parte di un trittico d’altare che completava la scomparsa decorazione della cappella Carnesecchi in Santa Maria Maggiore a Firenze (rimaneggiata nel Seicento). Secondo Vasari al trittico avrebbe lavorato anche Masaccio, mentre la cappella di coloro che furono i primi importanti committenti di Masolino era decorata anche da un affresco di Paolo Uccello. Le altre due tavole che completavano il trittico sono una Madonna segnalata a Novoli (quartiere periferico di Firenze) e subito rubata e una perduta Santa Caterina d’Alessandria (santa alla quale era dedicata l’intera cappella). Della predella dispersa si è rintracciata una tavoletta al Musée Ingres di Mountaban, che rappresenta San Giuliano ingannato dal diavolo e mentre uccide i genitori e che potrebbe essere legata al San Giuliano, anche se le misure non sono corrispondenti. Il San Giuliano è in ottimo stato di conservazione e presenta una monumentalità già masaccesca. La sua posa e la torsione del busto ricordano quella del David marmoreo di Donatello (1408), dallo schema ancora gotico.
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Annunciazione Mellon (già Goldman)
1424 circa
tempera e foglia d’oro su tavola; 148 x 115
Washington, National GalleryDipinta per la cappella Guardini in San Niccolò Oltrarno a Firenze, fu probabilmente eseguita immediatamente prima della partenza di Masolino per l’Ungheria e a lungo confusa con un’opera perduta di Masaccio, sulla base di un’approssimativa indicazione di Vasari. Come anche l’Annunciazione Kress dello stesso periodo, anche questa è un’opera raffinata, lussuosa ed elegante, influenzata chiaramente dallo stile internazionale e sofisticato di Gentile da Fabriano, presente nella chiesa di San Niccolò con due polittici, tra cui il famoso Polittico Quaratesi (1425). Il ricco committente della tavola Mellon, Michele Guardini “beccaio”, era in rapporto con Felice Brancacci nel 1424-1425: entrambi erano “capitani” della compagnia di Orsanmichele. Notevolmente dipinta appare la rappresentazione dell’interno che ospita la scena sacra, ispirata agli effetti supremamente decorativi dei fiamminghi, mentre la colonna centrale che divide lo spazio è tipica delle Annunciazioni trecentesche. L’arco che circonda la composizione in finta pietra serena risulta un dettaglio unico nella pittura di Masolino.
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La predica di san Pietro
1425 circa
affresco con ritocchi a secco; 247 x 168
Firenze, chiesa del Carmine, cappella BrancacciL’unica opera masoliniana che resta nella chiesa del Carmine di Firenze, per la quale egli aveva molto lavorato, è la celebre decorazione della cappella di Felice Brancacci (uomo politico e mercante fiorentino), o meglio di una parte di essa, visto che alcune parti furono eseguite da Masaccio e poi da Filippino Lippi, mentre la volta e l’ordine superiore delle storie furono distrutte e ridipinte a metà del Settecento. L’iconografia del famoso ciclo pittorico, dedicata alle storie di san Pietro, sembra insolita e vuole forse celebrare la Chiesa romana (attraverso la figura emblematica di Pietro), importante alleata di Firenze in quel periodo. Questa scena de La predica di san Pietro si trova sul secondo registro a sinistra della parete di fondo della cappella e dimostra un cambiamento stilistico in accordo con Masaccio, con il quale il lavoro procedeva con una sorprendente saldezza di concezione e di impianto prospettico. Le figure di san Pietro e degli astanti sono monumentali, asciutte, statuarie e l’organizzazione dello spazio risente di un nuovo spirito umanistico della pittura, quello che aprirà la via al vero e proprio Rinascimento.
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Sant’Anna, la Madonna col Bambino e angeli (Sant’Anna metterza)
Inizi del 1425
tempera e foglia d’oro su tavola; 175 x 103
Firenze, Galleria degli UffiziDatabile agli inizi del 1425, poco prima della partenza di Masolino per l’Ungheria, l’opera è ricordata dal Vasari nella chiesa di Sant’Ambrogio. Longhi ha riferito a Masaccio la realizzazione dell’imponente Vergine col Bambino e dell’angelo reggicortina in alto a destra, mentre tutto il resto si deve a Masolino. La sant’Anna appare in una forma grandiosa, quasi architettonica, che avvolge la struttura ogivale della Madonna di Masaccio, come le preesistenti navate gotiche del Duomo di Firenze si accordavano con la cupola quattrocentesca del Brunelleschi. Gli stili dei due artisti sono però giustapposti perché ciascuno è portavoce di due diverse epoche e concezioni storiche: il Medioevo di Masolino ("ultimo dei gotici floreali" e "frutto d’un seme senese caduto per caso su terra fiorentina", scriveva Longhi) e il Rinascimento di Masaccio. La sant’Anna, per quanto cerchi di espandersi nello spazio, risulta più piatta e decorativa rispetto alla volumetrica solida Madonna masaccesca.
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Tentazione dei progenitori (o Paradiso ritrovato)
1425 circa
affresco con ritocchi a secco; 214 x 89
Firenze, chiesa del Carmine, cappella BrancacciLa scena è affrescata su un lato dell’entrata della cappella Brancacci di fronte a un’altra con La cacciata dei progenitori dipinta da Masaccio. Le forme dei due personaggi masoliniani sono armoniche e proporzionate ma aggraziate e allungate in modo quasi astratto sul fondo scuro, senza azione drammatica e senza pathos. Esse sono vicine ai prototipi della statuaria del Ghiberti e ai moduli della pittura trecentesca, tanto da richiamare direttamente i progenitori affrescati nell’ex chiesa del Tau a Pistoia da Niccolò di Tommaso nel 1372-1373, legato all’insegnamento di Giovanni da Milano. Mentre Masolino rappresenta Adamo ed Eva in una condizione umana prima del peccato originale, Masaccio, sulla parete di fronte, sceglie di raffigurarli dopo aver conosciuto il dolore del peccato, ossia in un atteggiamento tragico e disperato e in uno stile plastico, naturalistico e sintetico che celebra l’umanesimo della cultura fiorentina del primo Quattrocento.
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Guarigione dello storpio e Resurrezione di Tabita
1425 circa
affresco con ritocchi a secco; 247 x 588
Firenze, chiesa del Carmine, cappella Brancaccigiovane e geniale compagno di lavoro Masaccio, soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione umana e attuale delle storie sacre o la solidità prospettica delle architetture e delle ambientazioni, come dimostra il riquadro con le due scene della Guarigione dello storpio e della Resurrezione di Tabita, dove l’impostazione prospettica segue dettami già rinascimentali (i palazzi e la piazza del fondo furono da alcuni studiosi attribuiti allo stesso Masaccio). Le due scene rappresentate contemporaneamente nello stesso riquadro sono separate da un particolare, che invece di unire, crea una cesura quasi surreale tra i due episodi. Si tratta dei due personaggi in costume moderno, che passeggiano in diagonale discutendo dei loro affari e indifferenti alla realtà circostante ("due indicibili giovanottini stoffati e in mazzocchio, da parer sagome per il sarto di moda a Firenze nella stagione 1424-1425", li descrisse Roberto Longhi). Masaccio nell’inserire personaggi in abiti contemporanei li rendeva partecipi della scena, mentre Masolino sembra qui inserire delle “comparse” un po’ distratte come semplice espediente per risolvere un problema compositivo.
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Banchetto di Erode
1435 circa
affresco con aggiunte a secco
Castiglione Olona (Varese), Battistero, parete sudLa scena fa parte degli affreschi, datati 1435, del Battistero di Castiglione Olona, in origine cappella privata del cardinale Branda, significativamente dedicata al Battista. La scena con il banchetto è un’immagine cortese e raffinata, all’interno di un’architettura classica e vitruviana ispirata alle suggestioni culturali proprie del committente e del suo circolo erudito. Nei personaggi seduti intorno al tavolo la critica ha riconosciuto alcuni ritratti di personaggi dell’epoca, tra cui quello del Cardinal Branda identificato con Erode (a sinistra di profilo con il copricapo rosso). La stessa atmosfera fiabesca si respira nella scena sulla destra con Salomè che presenta alla madre la testa del Battista, dove l’offerta di Salomè a Erodiade risulta un’azione gentile e delicata. L’unico accenno drammatico che interrompe l’atmosfera tardogotica (cara all’ambiente lombardo) è nella ragazza che osserva la scena spaventata. Erodiade ricorda invece l’elegantissima principessa dipinta da Pisanello nell’affresco di san Giorgio nella chiesa di Sant’Anastasia a Verona (1450 circa).
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Incoronazione della Vergine
1435 circa
affresco
Castiglione Olona (Varese), Collegiata, volta estLa decorazione della Collegiata di Castiglione Olona, dedicata alle Storie della Vergine (di cui è scomparso l’ultimo episodio con la Dormitio o Morte di Maria) è ancora più convenzionale, rispetto a quella del Battistero, anche perché costretta nell’angusto spazio della volta poligonale, non propriamente pensato in funzione della pittura, dove Masolino cercò di orchestrare scene con più figure entro strutture architettoniche in prospettiva. Questo episodio dell’Incoronazione rappresenta Cristo e la Vergine seduti di fronte su un doppio trono che mantiene Cristo in una posizione privilegiata che gli permette di incoronare una Maria in atteggiamento di devota sottomissione, mentre tradizionali testine di astanti sono schierate in registri sovrappposti. Nonostante la stilizzazione grafica delle figure, l’organizzazione dell’azione è essenzialmente umana, di tenerezza e umiltà. Le storie delle pareti laterali, dedicate ai santi Stefano e Lorenzo, sono opera, invece, di Paolo Schiavo e di Vecchietta.
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Battesimo di Cristo
1435 circa
affresco con aggiunte a secco
Castiglione Olona (Varese), Battistero, parete est della cappellettaLa scena rappresenta la vicenda “clou” degli affreschi del Battistero di Castiglione Olona, ossia il Battesimo di Cristo. Il vasto paesaggio un po’ irreale e incantato, indifferente al rapporto proporzionale con le figure, crea una dimensione fantastica e fiabesca accentuata dalla raffinata e delicata gamma cromatica. Purtroppo l’intero ciclo di affreschi del Battistero ci è giunto in cattive condizioni di conservazione ma ci permette ugualmente di percepire la delicatezza del linearismo della figure, lontane dalla monumentalità di quelle eseguite alla cappella Brancacci, influenzate da Masaccio. Masolino, infatti, sembra più a suo agio in queste atmosfere lombarde non lontane dallo stile di Gentile da Fabriano e di Pisanello, entro il quale è possibile soffermarsi su eleganti e decorativi dettagli della composizione. Bertelli (1988) suggerisce che il rilievo del Battesimo sulla tomba del Beato Pacifico nella chiesa dei Frari a Venezia, datata 1437, riflette la composizione di Masolino.