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Art History: ricerca iconografica

Girolamo

Eusebius Hieronymus Sophronius (341 circa-420), nato a Stridone in Dalmazia, è uno dei quattro padri della Chiesa occidentale. Abilissimo retore ed erudito nelle lettere e nella filosofia, come dimostrano i suoi numerosi scritti, si fece battezzare poco prima del 366 e decise poi di farsi monaco. Divenne eremita e si recò nel deserto siriano dove studiò l’ebraico per poter leggere le Sacre Scritture in lingua originale. A lui si deve la traduzione e l’edizione latina definitiva della Bibbia detta “Vulgata”. Dal 382 al 385 fu a Roma come segretario di papa Damaso. Si dedicò con efficacia alla lotta contro gli eretici. Fondò dei monasteri e per questo è detto abate. La tradizione agiografica ce lo ricorda come una persona vendicativa, irascibile, polemica, estremamente combattiva. La sua immagine più antica è probabilmente quella contenuta nella Bibbia di Carlo il Calvo del IX secolo, dove è rappresentato mentre parte per la Terrasanta e spiega le Sacre Scritture. La sua iconografia diventa molto comune soprattutto tra il XV e il XVII secolo. Egli è raffigurato anziano, con la barba e i capelli bianchi, con accanto il cappello cardinalizio; è accompagnato dal leone al quale secondo il racconto popolare il santo ha estratto una spina dalla zampa. Oltre a specifici momenti della sua vita (san Girolamo nel deserto, fustigato dagli angeli, mentre viene tentato o ha le visioni, le sue avventure con il leone, mentre traduce, l’ultima comunione, i suoi miracoli) la sua figura è riconducibile soprattutto a tre tipologie. Come penitente vestito di pelli o cenci, è inginocchiato davanti a un crocifisso e si batte il petto con un sasso; accanto a lui possono esserci la clessidra e il teschio, simboli del tempo che fugge e conduce alla morte. Come erudito siede nel suo studio, intento a scrivere o leggere, circondato dagli strumenti del sapere. Come dottore della Chiesa è invece raffigurato in piedi, con il vestito rosso da cardinale, titolo che all’epoca in realtà non esisteva ma che gli è attribuito in ricordo del suo lavoro presso il papa.