Hieronymus Bosch: biografia
Bosch nasce nel 1453, probabilmente il 2 ottobre, a ‘s-Hertogenbosch, città del Brabante Olandese, figlio del pittore Jeroen Anthoniszoon van Aken. Prenderà poi lo pseudonimo di Hieronymus Bosch, forse per distinguersi dai molti omonimi della famiglia. La prime notizie del pittore risalgono al 1474, quando risulta impegnato in una transazione economica per conto della sorella: la maggior parte delle informazioni sulla sua vita si riferiranno a operazioni finanziarie registrate nel catasto della città. Il padre, che muore nel 1478, lascia la direzione della bottega al fratello di Bosch, Goosen. In questo stesso anno l’artista sposa Aleyt, una ricca patrizia, e l’accorta attività di amministratore dei beni della moglie gli permetterà spesso, nella sua carriera di pittore, di accontentarsi di semplici rimborsi spese per le sue opere. Nel 1486 entra nella confraternita di Nostra Signora, una congregazione dedita a opere di carità e all’allestimento di spettacoli religiosi. Due anni dopo viene nominato “notabile” della confraternita, riconoscimento che sancisce la sua ascesa sociale. Fra il 1489 e il 1492 lavora alla pala d’altare per la cappella della confraternita di Nostra Signora nella cattedrale. In questo stesso periodo esegue probabilmente anche l’Andata al Calvario di Vienna, la Morte dell’avaro e la Nave dei folli. Negli anni successivi continua a lavorare per la cappella della confraternita fornendo i disegni per le vetrate, realizzate dal maestro vetraio Willelm Lambert. Dal 1499 e per i successivi tre anni non si hanno notizie del pittore nella sua città natale: questo fatto e la presenza di alcune sue opere a Venezia hanno fatto ipotizzare un suo soggiorno nella Serenissima agli inizi del Cinquecento. Nel 1504 Filippo il Bello, che ha conosciuto Bosch nel 1496, gli commissiona una tavola con un Giudizio Universale, identificabile forse con il Trittico del Giudizio finale di Vienna o con il frammentario Giudizio finale di Monaco. L’attività dell’artista è sempre più intensa: fra il 1505 e il 1510 fornisce disegni per decorazioni e modelli per l’arricchimento della cappella della confraternita e porta a compimento alcune fra le sue opere più note, dal Trittico degli eremiti di Venezia al Trittico delle tentazioni di Lisbona, dall’Andata al Calvario alle Tentazioni di Sant’Antonio, ambedue al Prado. Nel 1515 lavora probabilmente alla Salita al Calvario di Gand, una delle ultime opere documentate. Non si conosce la data esatta della morte di Bosch, ma dai registri della confraternita sappiamo che il 9 agosto 1516, nella cappella della confraternita di Nostra Signora nella cattedrale, si svolgono i funerali del pittore.
Hieronymus Bosch: le opere
Archivio Giunti
La cura della follia
1475-1480
olio su tavola; 48 x 35
Madrid, Museo del PradoUn quadro di questo soggetto si trovava nella sala da pranzo del vescovo di Utrecht, Filippo di Borgogna; nel 1524 era elencato negli inventari del castello di Duurstede; nel 1570 entrò a far parte, con altre sei opere del pittore, della collezione di Filippo II. La maggior parte della critica concorda nel considerarlo un originale della giovinezza del pittore. Nel dipinto un uomo stolto ricorre a un chirurgo ciarlatano per liberarsi dal suo male, una malattia che ha la forma di un tulipano, perché “tulpe” in olandese vuol dire follia. Il soggetto si ricollega alla satira popolare, e alle invettive contro l’arte medica. Nel quadro si scorge, seppur in maniera ancora non definita, il contrasto fra chiarezza espressiva e più complessa intenzione simbolica, tipiche dell’opera di Bosch.
Archivio Giunti
Le nozze di Cana
1475-1480
olio su tavola; 93 x 72
Rotterdam, Museum Boymans-van BeuningenProviene dalla collezione Koenigs di Haarlem, da dove giunse al museo nel 1940. L’opera ha subito un taglio nella parte superiore, ed è stata pesantemente restaurata. Il tono arcaico delle immagini e la compressione dello spazio, derivante dall’utilizzo della prospettiva rialzata, fanno propendere per una datazione verso la seconda metà degli anni Settanta. Il quadro mostra una finezza di rapporti cromatici, basati su un gioco alternato di timbri caldi e di toni chiari, che crea una complessa disposizione delle figure, ancora sostanzialmente isolate l’una all’altra. Anche qui il mondo visionario di Bosch è percorso da inquietanti immagini e da sinistri simboli: a un cenno del maestro di cerimonia, le vivande sui piatti di portata emettono raggi infernali e le statuine sulla credenza prendono vita.
IconografiaArchivio Giunti
San Cristoforo
1504-1505
olio su tavola; 113 x 71,5
Rotterdam, Museum Boymans – van BeuningenIn origine l’opera si trovava nella collezione Koenigs di Haarlem, proveniente da una raccolta italiana, ed entrò nel museo nel 1940. ? firmata in basso a sinistra; controversa è la datazione, variamente collocata fra il 1503 e dopo il 1505. Tuttavia la monumentalità della figura, la nuova forza tonale del colore, fanno pensare a un momento non molto distante dalle tavole degli asceti. Il tema s’ispira a una versione popolare della Leggenda aurea sulla quale si inserisce un’elaborazione tedesca del Trecento: il soldato Cristoforo abbandona il servizio del diavolo, simboleggiato dal dragone che insegue l’uomo nudo sull’altra riva del fiume, e la caccia all’orso (a sinistra), e, convertito dall’eremita raffigurato a destra sulla riva, traghetta il piccolo Gesù, mentre sul suo bastone fioriscono germogli, emblema della nuova esistenza.
IconografiaArchivio Giunti
San Giovanni Battista in meditazione
1504-1505
olio su tavola; 48,5 x 40
Madrid, Museo Lázaro GaldianoL’opera mostra forti echi del mondo immaginario delle Delizie, cui richiamano le taglienti montagne e la pianta esotica di sinistra bellezza – da alcuni identificata con una mandragola. I frutti aperti di cui gli uccelli beccano i semi indicano forse le tentazioni dei sensi che potrebbero distrarre il Battista dalla meditazione e dal simbolo cristologico dell’agnello, da lui indicato con il dito. Per alcuni studiosi la trasformazione del tradizionale deserto in un paesaggio paradisiaco è da mettere in relazione con le Visioni di Isaia, mentre il mantello rosso del santo, che sostituisce la tradizionale pelle di cammello, allude forse al futuro martirio.
IconografiaArchivio Giunti
Trittico del Giudizio finale: Il peccato originale
Posteriore al 1504
olio su tavola; 167,7 x 60
Vienna, Akademie der bildenen KünsteIl trittico, che raffigura al centro il Giudizio finale e le punizioni dei dannati, ai lati il Peccato originale e l’Inferno, all’esterno San Giacomo di Compostella e San Bavone, si trovava in origine nella galleria dell’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Austria ed era menzionato come autografo nell’inventario del 1659; alla fine del Settecento era nella raccolta del conte Lamberg-Spritzenstein, da cui passò per legato alla sede odierna. Lo scomparto a sinistra raffigura dal basso all’alto la creazione di Eva, il peccato originale, la cacciata dal paradiso terrestre, entro un paesaggio continuo, coronato dalla visione dell’Eterno fra le nubi, e dalla caduta degli angeli ribelli trasformati in insetti. Nel pannello di destra è raffigurato Satana in trono al cospetto del quale sono condotte le anime dannate. La critica scorge in quest’episodio del giudizio infernale influssi del teatro contemporaneo, e spiega quasi tutti i motivi come punizioni del peccato carnale nelle sue varie forme.
IconografiaArchivio Giunti
Trittico del Giudizio finale: l'inferno
Posteriore al 1504
olio su tavola; 167,7 x 60
Vienna, Akademie der bildenen KünsteIl trittico, che raffigura al centro il Giudizio finale e le punizioni dei dannati, ai lati il Peccato originale e l’Inferno, all’esterno San Giacomo di Compostella e San Bavone, si trovava in origine nella galleria dell’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Austria ed era menzionato come autografo nell’inventario del 1659; alla fine del Settecento era nella raccolta del conte Lamberg-Spritzenstein, da cui passò per legato alla sede odierna. Lo scomparto a sinistra raffigura dal basso all’alto la creazione di Eva, il peccato originale, la cacciata dal paradiso terrestre, entro un paesaggio continuo, coronato dalla visione dell’Eterno fra le nubi, e dalla caduta degli angeli ribelli trasformati in insetti. Nel pannello di destra è raffigurato Satana in trono al cospetto del quale sono condotte le anime dannate. La critica scorge in quest’episodio del giudizio infernale influssi del teatro contemporaneo, e spiega quasi tutti i motivi come punizioni del peccato carnale nelle sue varie forme.
IconografiaArchivio Giunti
Trittico del Giudizio finale: il giudizio finale
Posteriore al 1504
olio su tavola; 167,7 x 60
Collezione privataIl trittico, che raffigura al centro il Giudizio finale e le punizioni dei dannati, ai lati il Peccato originale e l’Inferno, all’esterno San Giacomo di Compostella e San Bavone, si trovava in origine nella galleria dell’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Austria ed era menzionato come autografo nell’inventario del 1659; alla fine del Settecento era nella raccolta del conte Lamberg-Spritzenstein, da cui passò per legato alla sede odierna. Lo scomparto a sinistra raffigura dal basso all’alto la creazione di Eva, il peccato originale, la cacciata dal paradiso terrestre, entro un paesaggio continuo, coronato dalla visione dell’Eterno fra le nubi, e dalla caduta degli angeli ribelli trasformati in insetti. Nel pannello di destra è raffigurato Satana in trono al cospetto del quale sono condotte le anime dannate. La critica scorge in quest’episodio del giudizio infernale influssi del teatro contemporaneo, e spiega quasi tutti i motivi come punizioni del peccato carnale nelle sue varie forme.
Archivio Giunti
L’andata al Calvario
1505-1507
olio su tavola; 150 x 94
Madrid, Palazzo realeL’opera proviene dall’Escorial, dove fu inviata con altri quadri da Filippo II nel 1574. Lo schema compositivo rappresenta un momento intermedio fra l’Andata al Calvario di Vienna (1490-1500), con le figure su due piani, e la più tarda Salita al Calvario di Gand (1515-1516), ridotta alle sole teste attorno al fulcro centrale della croce. Il Cristo, che subisce con rassegnazione il martirio, ricorda nello sguardo e nella posa il sant’Antonio del Trittico di Lisbona. Come in altri quadri di Bosch, a destra, immersi in un sereno paesaggio, si trovano Maria e Giovanni; chiude l’orizzonte la città di Gerusalemme, cinta da possenti mura. La tavolozza è assai sobria, quasi monocroma, le forme sono definite con larghezza e monumentalità.
IconografiaArchivio Giunti
Trittico delle tentazioni
1505-1506
olio su tavola; 131,5 x 53 (laterali); 131,5 x 119 (parte centrale)
Lisbona, Museu Nacional de Arte AntigaIn quest’opera l’artista riesce a dare forma a una delle angosce dell’uomo medievale: il dominio di Satana sul mondo e le lotte dell’anima. Seconde notizie non documentarie il trittico fu acquistato fra il 1523 e il 1545 dall’umanista Damaio de Góis; le prime informazioni certe risalgono alla metà dell’Ottocento, quando entra nelle collezioni reali portoghesi. Lo scomparto a sinistra raffigura sant’Antonio trascinato in volo da diavoli e sorretto, dopo la caduta, dai compagni. La composizione si sviluppa su piani zigzaganti dal basso all’alto secondo un’insolita articolazione spaziale. Il pannello centrale mostra una complessa raffigurazione con il santo inginocchiato mentre intorno a lui si scatena la ridda diabolica, interpretata come convito delle tentazioni o come personificazioni dei vari peccati. Nello scomparto di destra è il santo che si isola, con la meditazione, dalle insidie che lo circondano. Rispetto Alla caduta di Sant’Antonio, l’artista realizza un migliore accordo con lo spazio reale, dove la visione zigzagante si inserisce in un ampio digradare d’orizzonte.
IconografiaArchivio Giunti
Incoronazione di spine
1507-1508
olio su tavola; 73 x 59
Londra, National GalleryIl quadro è giunto nel museo inglese nel 1934, dopo numerosi passaggi di proprietà. Si tratta di una delle prime Passioni con grandi busti raggruppati sul fondo. Si nota una ripresa dei modi concitati della prima maturità, ma con una nuova organizzazione spaziale d’alto effetto drammatico per il contrasto con l’apparente solennità delle figure. La calma nobiltà, il solenne plasticismo, i tipi fisiognomici l’avvicinano alle opere più mature, con un primo accenno alla caratterizzazione dei tipi malvagi che porterà alla raccolta di manigoldi dell’Incoronazione del Prado, e della Salita al Calvario di Gand. Motivi caratteristici del pittore, ma di misteriosa decifrazione, sono la freccia nel cappello, il crescente di luna e il collare irto di chiodi.
IconografiaNone
La tavola entrò nel museo nel 1902 con l’acquisto Hulin de Loo. Il presente dipinto è forse da considerare l’ultima opera di Bosch. In questa composizione di sole teste, che si muovono sul fondo neutro attorno alla diagonale della croce, alcuni studiosi hanno voluto scorgere la proiezione del sogno angoscioso del Redentore sui destini dell’uomo. La croce attrae lo sguardo sul volto di Cristo, circondato da un folto gruppo di teste deformi, come nel Gesù tra i dottori di Dürer. Ai volti mostruosi, simboli di un’umanità corrotta dal peccato, fa riscontro l’espressione dolente del Figlio di Dio. Nella composizione costruita sulla ripetizione di un gruppetto di teste, colte in diverse pose, sul gesto del soldato che poggia la croce sulle spalle del Redentore, Bosch introduce un momento di pausa non solo formale ma anche spirituale: è il volto della Veronica al quale fa da contrappunto quello del buon ladrone, sottoposto alla feroce carità del frate domenicano.
Iconografia