Jusepe De Ribera: biografia
Jusepe de Ribera nasce a Jativa (Valencia), dove risulta battezzato il 17 febbraio 1591. Intorno al 1610 intraprende un viaggio nell’Italia del nord, soggiornando in Lombardia e in Emilia, passando per Parma e Bologna. Nel 1613 giunge a Roma dove conosce il medico e amatore d’arte Giulio Mancini. Questi nelle sue Considerazioni sulla pittura delinea un vivacissimo ritratto del carattere esuberante e anticonformista dell’artista. A Roma, Ribera chiede di essere ammesso all’Accademia di San Luca. Nel 1616 fugge precipitosamente per Napoli, forse per sottrarsi ai creditori, e nella capitale del vicereame spagnolo svolgerà tutta la sua attività. Poco dopo il suo arrivo sposa Caterina Azzolino, figlia del pittore siciliano Giovan Bernardo, attivo a Napoli già da molti anni. Tra il 1621 e il 1624 Ribera esegue numerosi dipinti per la duchessa di Osuna, per il duca d’Alcalà, ambasciatore di Spagna, e per il principe Marcantonio Doria. Nel 1625 riceve la visita del pittore José Martinez col quale discute delle sue preferenze per l’arte antica, per i maestri del Rinascimento italiano e dei suoi rapporti con l’ambiente artistico in Spagna. Nel gennaio del 1626 si reca a Roma per ricevere in San Pietro la croce di cavaliere dell’Ordine di Cristo. Dopo la visita di Velázquez nel 1630, la fama di Ribera si diffonde anche presso la corte di Filippo IV, la nobiltà e il clero spagnolo. L’attività del pittore si fa frenetica, dipinge alcune opere per il re di Spagna (1631-1632), e per la chiesa de Las Agustinas Descalzas di Salamanca (1634-1636). Nel 1636 riceve dal conte Carlo Felisberg del Liechtenstein l’incarico di dipingere dodici ritratti di Filosofi dell’antichità per la sua biblioteca. Nel 1637 viene stipulato il contratto per numerose opere per la Certosa di San Martino a Napoli, ma l’ultimo dipinto sarà consegnato solo nel 1651. Nel 1647, morto Domenichino, lo Spagnoletto, così come è soprannominato Ribera, viene chiamato a collaborare al completamento della decorazione della cappella di San Gennaro nel duomo di Napoli lasciata interrotta dal pittore bolognese. La rivolta di Masaniello (1647-1648) interrompe forse per un breve periodo questa intensa attività: si rifugia nel palazzo reale di Napoli dove rimane fino all’arrivo di don Giovanni d’Austria, nuovo viceré e protettore di Ribera. Nel 1651 completa l’Ultima cena per la certosa di San Martino, per la quale aveva un contratto da circa quattordici anni. La vita di Ribera si chiude il 3 settembre 1552, ed è sepolto nella chiesa di Santa Maria del Porto a Mergellina.
Jusepe De Ribera: le opere
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Il tatto
1615-1616 circa
olio su tela ; 113,5 x 87,5
Hartford, Wadsworth AtheneumLa tela fa parte di un ciclo dedicato da Ribera all’illustrazione dei Cinque sensi, e rappresenta Il Tatto. Citato per la prima volta da Giulio Mancini nel 1620-1621, insieme alle altro quattro tele, il dipinto raffigura un anziano artista cieco che studia con le mani un busto in marmo di un giovane. Tra le prime opere dell’artista ricordate a Roma, la tela mostra particolari affinità stilistiche con i primi dipinti napoletani, in particolare per la forte accentuazione naturalista e caravaggesca.
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I santi Pietro e Paolo
1616 circa
olio su tela; 126 x 112
Strasburgo, Musée des Beaux-ArtsLa tela mostra i due apostoli Pietro e Paolo, caratterizzati dai loro attributi convenzionali, le chiavi e la spada, intenti in un dibattito sull’interpretazione di un passo biblico, che appare, al centro della composizione, nel cartiglio recato in mano da Paolo. L’opera, firmata sulla cassa che funge da tavolo «Josephus Ribera Hispanus Valen/tinus Civitatis Setabis Aca/demicus Romanus», fu eseguita probabilmente nell’ultimo periodo romano o nei primi mesi napoletani. Ribera, infatti, era membro dell’Accademia di San Luca almeno dal 1616, anno in cui è stata datata la presente tela, vicina ai Santi Pietro e Paolo della Quadreria dei Girolamini a Napoli, anche se non è mancata una proposta di datazione della tela al 1620.
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Sileno ebbro
1626 c.
olio su tela ; 185 x 229
Napoli, Museo di CapodimonteIl dipinto è firmato e datato con il titolo di accademico di San Luca, in un cartiglio lacerato da un serpente nell’angolo sinistro della composizione. Sileno, antica divinità agricola greca, è raffigurato nudo e disteso, mentre si sta allegramente facendo versare del vino in una conchiglia. Alle sue spalle appare suo padre Pan, mentre a sinistra un giovane dalle orecchie elfiche tiene le briglie di un asino ragliante. Derivato probabilmente da un disegno di Annibale Carracci per un vassoio d’argento delle raccolte di Palazzo Farnese, oggi a Capodimonte, a cui si possono aggiungere altre fonti iconografiche antiche e moderne osservate durante il soggiorno romano, il dipinto è stato variamente interpretato come incoronazione di Sileno alla presenza di Apollo (identificato nel profilo classicheggiante alle spalle di Pan) o come la raffigurazione del Baccanale narrato nei Fasti di Ovidio. Il dipinto è considerato il capolavoro della prima maturità dell’artista, in cui l’esperienza caravaggesca appare sapientemente rielaborata in un linguaggio personale.
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Deposizione di Cristo
1626 circa
olio su tela; 125 x 181
Parigi, Musée du LouvreSu una lastra tombale obliqua, giace il corpo livido di Cristo, che risalta sul sudario bianco. Violentemente illuminata da sinistra, la figura contrasta con il buio del fondo dove emergono variamente illuminati gli spettatori all’evento sacro, tra cui Maria, il cui volto, dolente e reclino, emerge appena dall’oscurità. Esposto nel Settecento nella quadreria romana del cardinale Valenti Gonzaga, e in seguito acquistato da Napoleone III, il dipinto è uno delle opere più note di Ribera, e vanta un gran numero di copie antiche e moderne, tra cui una eseguita da Eduard Manet.
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Martirio di san Bartolomeo
1628 circa
olio su tela ; 145 x 216
Firenze, Palazzo Pitti, Galleria PalatinaIl contro della composizione è occupato dalla grande figura seminuda di san Bartolomeo, che attraversa trasversalmente l’intera tela. Perfettamente scorciato, con gambe incrociate e braccia aperte, il santo è l’unica figura a emergere dal brulicante fondo scuro, illuminato potentemente da un lume divino. Sulla destra, l’uomo che affila i coltelli guarda con un ghigno verso lo spettatore, quasi pregustando sadicamente il macabro spettacolo del martirio, avvenuto per il rifiuto di adorare le divinità pagane. Queste sono simboleggiate dalla testa marmorea classica, abbandonata accanto al santo. Il dipinto fu eseguito nel momento di massima adesione alla maniera di Caravaggio, come risulta evidente dalla derivazione della postura diagonale del corpo del santo, ripresa dalla Crocifissione di san Pietro e dal Martirio di san Matteo, e dal forte contrasto chiaroscurale di matrice tenebrista.
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Maddalena Ventura
1631
olio su tela; 196 x 127
Toledo, Fundación Duque de LermaIl dipinto fu commissionato a Ribera dal duca di Alcalà, viceré di Napoli, che collezionava testimonianze di deformità naturali, ed era rimasto colpito dal singolare caso di Maddalena Ventura, una donna abruzzese che all’età di 37 anni si era vista crescere una folta barba. Nel dipinto è ritratta col marito e l’ultimo dei suoi tre figli, insieme ai quali si era trasferita a Napoli, ormai più che cinquantenne. Malgrado la singolarità quasi ripugnante dell’effigiata, Ribera riesce a realizzare un ritratto di straordinaria capacità introspettiva. Il linguaggio tenebrista è di stretta osservanza caravaggesca, e fa emergere dall’oscurità del fondo una serie di elementi che alludono ai lavori domestici, come il fuso, in evidente contrasto con l’aspetto della donna.
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Immacolata Concezione
1635
olio su tela; 50 x 329
Salamanca, convento de las Agustinas Recoletas di MoterreyIl dipinto è considerato un capitolo fondamentale per la definizione della fase più area, luminosa e pittorica dell’artista, immerso in un’atmosfera trionfale ben diversa dalla precedente produzione “tenebrista”. L’opera è firmata e datata e fu commissionata al pittore dal conte di Moterrey, viceré di Napoli dal 1631 al 1637, per chiesa delle Agostiniane a Monterrey a Salamanca, il cui altare maggiore era stato commissionato a Cosimo Fanzago nel novembre 1633. Il probabile punto di partenza del dipinto è da indicarsi nell’opera dello stesso soggetto eseguita da Lanfranco per la chiesa romana dei Cappuccini, distrutta in un incendio nel 1813, ma nota attraverso copie e disegni. Se Ribera non vide la tela a Roma, dove forse si recò in quegli anni, ebbe probabilmente l’occasione di visionare i disegni preparatori che Lanfranco, stabilitosi a Napoli nel 1634, portò verosimilmente con sé. Nell’opera di Ribera è inoltre riscontrabile un’influenza della pittura di Guido Reni, con cui il pittore fu in contatto a Roma e in particolare nelle figure dei due angeli adolescenti ai lati della tela. Dal punto di vista tematico, Ribera segue l’iconografia tradizionale, codificata da Pacheco, veste la Vergine di bianco con il manto azzurro, e dipinge gli attributi della litania sia nel paesaggio sottostante sia tra le mani del coro di angioletti.
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Maddalena
1640 circa
olio su tela
Madrid, Museo del PradoSecondo una leggenda, Maria Maddalena si sarebbe ritirata, in età matura, in meditazione in una caverna presso Sainte-Baume in Francia, ed è questa l’iconografia scelta da Ribera, in accordo con le molteplici versioni del tema dipinte in ambiente caravaggesco. Eseguita intorno al 1640, la tela mostra però un allontanamento dai modi “tenebristi”, malgrado il forte chiaroscuro che mette in risalto il volto, le candide mani e la chioma fulva. Una maggiore attenzione cromatica denota infatti l’influenza sul pittore spagnolo dei modi neoveneti e di Van Dyck, determinanti per la pittura napoletana di tutto il decennio successivo.
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Lo storpio
1642
olio su tela; 164 x 93
Parigi, Musée du LouvreEseguito probabilmente per Don Ramiro Felipe de Guzmàn, viceré di Napoli dal 1637 al 1644, il dipinto ritrae a figura intera un piccolo mendicante dal piede offeso, che esibisce nudo in primo piano. Accanto al bastone, il ragazzo mostra un cartiglio con l’iscrizione «Da mihi elimo sinam propter amorem Dei» (dammi l’elemosina per amore di Dio). La semplicità della composizione, i toni quasi monocromi, il punto di vista ribassato, conferiscono dignità al dipinto, che non va inteso in senso caricaturale, ma piuttosto come visualizzazione di un exemplum. Nonostante la misera condizione, il giovane appare sorridente, e il suo stato d’animo è sottolineato dall’ampio e disteso cielo azzurro. Egli incarna dunque il tema della misericordia presso i poveri come fonte di salvezza per il credente.
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San Simeone col Bambino
1647
olio su tela; 121 x 99
Collezione privataL’equilibrio compositivo e il sapiente uso della luce, diffusa e avvolgente, collocano il dipinto nella fase tarda del pittore. San Simeone, uomo pio al quale era stato rivelato che non sarebbe morto se non dopo aver visto il Messia, è raffigurato, secondo l’iconografia tradizionale, come sommo sacerdote, mentre tiene tra le braccia Gesù bambino durante la presentazione al tempio. Su un fondo bruno, si staglia l’immagine del santo sul cui abito sacerdotale la luce crea vibranti effetti luminosi, per concentrarsi sull’immagine di Gesù bambino, che risalta su un candido panno bianco.
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Matrimonio mistico di santa Caterina
1648
olio su tela; 209 x 154
New York Metropolitan Museum of ArtL’opera appartiene alla tarda attività del pittore, in cui egli, attraverso raffinati accostamenti cromatici e una luminosità diffusa, si distacca dall’influenza della pittura di Guido Reni per recuperare direttamente l’opera di Raffaello. Il momento prescelto del tema religioso, narrato nella Legenda Aurea, non è quello tradizionale, in cui il bambino infila la fede nell’anulare di santa Caterina, ma quello in cui la martire bacia con tenerezza la mano di Gesù. Ribera sottolinea dunque l’aspetto intimo dell’episodio, più che quello mistico e devozionale. La posizione arretrata e in penombra di sant’Anna e Gioacchino, i genitori della Vergine, conferisce monumentalità al gruppo principale, perfettamente illuminato, e movimentato dai contrasti cromatici delle vesti delle due donne. Ribera introduce inoltre due superbi brani di natura morta, nel canestro di frutta e nella rosa recati da sant’Anna e nella cesta con il pane sul pavimento, sicuro punto di riferimento per la futura pittura di genere napoletana