Art History: Ricerca iconografica
Deposizione dalla croce
Il giorno della crocifissione di Cristo era la vigilia della Pasqua ebraica: per non turbare la festa i sacerdoti, d’accordo con Pilato, decisero di inviare alcuni soldati sul Golgota con l’ordine di spezzare le ossa dei condannati, al fine di accelerarne la morte, e staccarne i corpi dalle croci entro la notte. Una volta rimossi i cadaveri dei due ladroni, essi si avvicinarono a Gesù, ma si accorsero che egli era già morto. A uno dei soldati di nome Longino toccò infilare la lancia nel costato di Cristo e, secondo una leggenda, egli fu subito risanato agli occhi dalle gocce di sangue che sgorgavano copiose dal corpo livido del Salvatore. Nei Vangeli, invece, il centurione che vide uscire dalla ferita «sangue e non acqua», fu il testimone dell’avverarsi della profezia annunciata nel Vecchio Testamento dove si dice: «Le sue ossa non saranno spezzate» e «Guarderanno colui che hanno trafitto». Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea, due ebrei insospettabili segretamente diventati cristiani, si recarono sul luogo della crocifissione. Nicodemo aveva con sé un vaso di mirra e aloe, per ungere il corpo di Cristo e avvolgerlo nelle bende prima della sepoltura. Il racconto si arricchisce a questo punto di particolari drammatici, in parte tratti dai Vangeli apocrifi, e puntualmente registrati nelle raffigurazioni artistiche. Issate due scale ai lati della croce, Nicodemo armato di tenaglia liberò dai chiodi i piedi e le mani del Salvatore, mentre Giuseppe d’Arimatea ne sosteneva il corpo ormai privo di vita, raccolto, in alcuni casi, dalla Madre in un ultimo disperato abbraccio. All’evento sono sempre presenti la Maddalena, inginocchiata nell’atto di baciare i piedi sanguinanti di Cristo, san Giovanni evangelista e le due pie donne che avevano assistito la Vergine durante la Passione. La scena immediatamente successiva è quella del trasporto del corpo di Cristo al luogo della sepoltura, sospeso entro il lenzuolo (sudario) fornito da Giuseppe d’Arimatea.