Della Robbia: biografia
Luca della Robbia nasce a Firenze fra il 1399 e il 1400, terzogenito di Simone di Marco di Vanni e di Margherita. Le prime notizie risalgono al 1427, quando si immatricola all’Arte della lana con i fratelli Marco e Giovanni. Partecipa come collaboratore di Lorenzo Ghiberti alla realizzazione della Porta del Paradiso nel battistero fiorentino. Fra il 1431 e il 1438 è impegnato a scolpire una delle Cantorie del duomo di Firenze. Nel 1432 si iscrive all’Arte dei maestri di pietra e legname. Il successo ottenuto con la Cantoria, gli consente di ricevere altri importanti incarichi da parte dell’Opera del duomo, fra cui l’esecuzione delle ultime cinque formelle con le Arti liberali del campanile di Santa Maria del Fiore (1437-1439). Nel 1441, Luca della Robbia sperimenta per la prima volta la tecnica dell’invetriatura nel Tabernacolo del Sacramento per l’ospedale di Santa Maria Nuova (ora in Santa Maria a Peretola). Il 1445 è un anno fondamentale per la sua carriera: esegue il gruppo della Visitazione per la chiesa di San Giovanni Fuoricivitas a Pistoia e inizia a lavorare alla decorazione della cappella Pazzi, che sarà portata a termine dal nipote Andrea. In questo stesso anno Luca costituisce una “compagnia” con Michelozzo e Maso di Bartolomeo per l’esecuzione della porta bronzea della sacrestia delle Messe nel duomo di Firenze, che verrà consegnata nel 1474. Il 31 agosto 1446 Luca e il fratello Marco acquistano una grande casa in via Guelfa dove viene trasferita la bottega, che rimarrà attiva per oltre un secolo. Tuttavia due anni dopo Marco muore e Luca decide di adottare i sei nipoti. Nello stesso anno esegue i due Angeli reggicandelabro per Santa Maria del Fiore, nel 1451 inizia a lavorare al soffitto della cappella del cardinale del Portogallo in San Minato a Monte realizzando i cinque medaglioni con le Virtù cardinali e i doni dello Spirito santo, e nel 1454-1456 realizza il Monumento sepolcrale del vescovo Federighi in Santa Trinita. Dall’inizio del settimo decennio la presenza nella bottega del nipote Andrea si fa sempre più attiva, egli collabora con lo zio alla decorazione delle due edicole michelozziane del santuario di Santa Maria all’Impruneta e al trittico dell’oratorio di San Biagio a Pescia. Ormai stanco e malato Luca nel 1471 fa un nuovo testamento a favore del nipote Simone. L’ultima opera compiuta risale alla fine dell’ottavo decennio, quando esegue la lunetta del convento delle Santucce nota come la Madonna di via dell’Agnolo. Luca della Robbia muore il 20 febbraio 1482 e viene sepolto nella tomba di famiglia nella chiesa di San Pier Maggiore a Firenze.
Della Robbia: le opere
Resurrezione
1442-1444Grazie all’appoggio di Filippo Brunelleschi, al quale lo legava una profonda amicizia, Luca, dopo il successo arriso alla Cantoria, poté cimentarsi nell’impiego monumentale della terracotta invetriata. Nella lunetta, collocata sopra la porta della Sagrestia delle messe nel Duomo di Firenze, egli adottò un rilievo scultoreo e realizzò figure bianche, impreziosite di dorature a “freddo”, su fondo cobalto. Intorno alla figura del Cristo benedicente dispose, secondo rigidi criteri di equilibrio e armonia compositiva, le figure degli angeli e dei soldati dormienti, vestiti di armature “all’antica”.
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Visitazione
1445 circa
terracotta invetriata
Pistoia, San Giovanni FuorcivitasIl gruppo pistoiese costituisce per Luca la prima prova di scultura a tutto tondo e precede di poco i due Angeli per il tabernacolo del Santissimo Sacramento nel Duomo fiorentino. Un lavoro di grande impegno, che per le dimensioni notevoli implicò problemi di cottura e di trasporto, risolti smontando e sezionando le figure con tagli ben dissimulati. Le due donne sono ritratte in pose composte e solenni mentre concentrano gli sguardi l’una sull’altra. L’episodio biblico dell’incontro tra la giovane Vergine e la più anziana Elisabetta viene risolto così in termini di lucida e sincera ispirazione devozionale: caratteristica questa che rese anche le Madonne col Bambino dell’artista care a un pubblico largo e variegato.
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Ascensione di Cristo
1446-1451
terracotta invetriata
Firenze, Santa Maria del FioreSi tratta della lunetta che sovrasta la porta della Sagrestia dei canonici nel Duomo di Firenze, eseguita come complemento alla Resurrezione del 1442-1444. Anche in questo caso la composizione si organizza intorno alla figura centrale del Cristo, ispirata a un lavoro di Lorenzo Ghiberti. Luca interpreta la scena in toni più descrittivi e pittorici e introduce nel paesaggio i colori naturalistici, svincolando così la tecnica della terracotta invetriata dalla sudditanza alla scultura marmorea.
IconografiaAnnunciazione
1490 circaLa lunetta fa parte di una serie di interventi commissionati ad Andrea, nipote di Luca, nel brunelleschiano Spedale degli Innocenti e, prima di finire nel museo, coronava la pala d’altare della cappella Del Pugliese di Piero di Cosimo (1493). Alla classica austerità delle figure dello zio, Andrea sostituisce un’impaginazione più colloquiale e dinamica, dai toni fortemente narrativi, esemplata sulle prove contemporanee di Antonio Rossellino, del Verrocchio, del Perugino. Ai colti committenti fiorentini, finanche allo stesso Lorenzo il Magnifico, piacevano particolarmente gli effetti di brillantezza e smaltata luminosità delle superfici lavorate con la tecnica dell’invetriatura.
IconografiaSant'Antonio da Padova, San Bernardino, Sant'Elisabetta, Santa Chiara
1495 circaNell’ultimo decennio del secolo il rigore devozionale di Andrea, acceso dalla predicazione del Savonarola, lo indusse ad abbandonare l’esuberante vivacità delle composizioni precedenti e ad adottare un linguaggio austero, semplificato. Le composizioni, animate da figure rigide, avvolte in vesti castigate e dalle fisionomie stereotipe, riscossero un enorme successo presso il pubblico meno colto e vennero utilizzate soprattutto per la decorazione degli ospedali, dei ricoveri e delle chiese degli ordini mendicanti. Emblematici di questa produzione sono i sette medaglioni con Santi francescani dello Spedale di San Paolo dei Convalescenti, posto di fronte alla chiesa di Santa Maria Novella.
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Lavabo
1498
terracotta invetriata
Firenze, Santa Maria Novella (sagrestia)Giovanni esordì come artista autonomo con quest’opera, dove le influenze del padre Andrea (evidenti nel gruppo della Madonna col Bambino tra due angeli) si uniscono a caratteristiche nuove, mutuate dalla poetica del Verrocchio e di Fillipino Lippi. L’artista punta sull’esuberanza decorativa, sull’utilizzo giocoso della citazione classica (originali le candelabre e i vasi antichizzanti con delfini lungo le lesene e i pilastri), prediligendo gli effetti pittorici della materia, come è ben evidente nell’inserzione del paesaggio fluviale in prospettiva aerea al centro dell’architettura. La sua proposta sembra dunque consistere da subito nel potenziamento del rapporto scambievole tra dato plastico e pittorico.
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Incredulita' di san Tommaso
1510 circa
terracotta invetriata
Quarto (Firenze), Conservatorio delle Montalve alla QuieteDichiarate simpatie verrocchiesche emergono in quest’opera, parte di un gruppo di tre lunette commissionate all’artista per la chiesa di San Jacopo a Ripoli. Le due figure citano, senza variazioni sostanziali, il famoso gruppo realizzato dal Verrocchio per una delle nicchie di Orsanmichele (finito nel 1483). Giovanni colloca i personaggi davanti a un estroso paesaggio, vivacizzato dalla presenza di colombe, conigli e cerbiatti. Esplicite citazioni dalla pittura fiorentina del secondo Quattrocento, segno dell’orientamento dell’artista verso forme sempre più leziose, si ritrovano nel contemporaneo fonte battesimale di San Giovanni Battista a Galatrona.
IconografiaPietà tra san Giovanni e la Maddalena dolenti
1514All’inizio del secondo decennio del secolo Giovanni comincia ad allontanarsi dalla misurata metrica spaziale degli altari paterni e ad adottare un linguaggio popolare, ricco di inflessioni pietistiche. Nella Pietà, realizzata per la chiesa di Santa Maria della Scala a Firenze, egli utilizza elementi propri del lessico familiare, caricandoli di effetti pittorici e decorativi. Le figure aggettano dal fondo della pala che accoglie, insieme alla croce e ai simboli della Passione, un largo paesaggio con, in lontananza, Gerusalemme. Non è esclusa la partecipazione all’opera dei tre figli dell’artista, Marco, Lucantonio e Simone, «che morirono di peste l’anno 1527, essendo in buon’espettazione», come riferisce il Vasari.