Gustave Moreau: biografia
Gustave Moreau nasce a Parigi il 6 aprile 1826, figlio dell’architetto Louis e di Pauline Desmoutiers, di ricca famiglia borghese. I genitori incoraggiano Gustave a intraprendere gli studi di carattere artistico, e così nell’ottobre 1846 viene ammesso all’Ecole des Beaux-Arts presso lo studio del pittore Picot, artista di scuola neoclassica. L’esordio di Moreau non è particolarmente brillante: nel 1849 arriva diciassettesimo alla prima prova per il Prix de Rome. Dopo aver terminato gli studi, grazie alle relazioni del padre ottiene l’esecuzione della copia della Vergine delle ciliegie di Annibale Carracci (1849-1850). Nel 1851 la giuria del Salon gli accetta un’opera, una grande Pietà, e gli rifiuta altri quadri, tra cui Dario dopo la battaglia di Arbela, inseguito dai greci, interrompe la propria fuga: spossato beve in una pozza fangosa, che sarà ripresentata al Salon del 1853, dopo essere stata ritoccata. All’Esposizione universale del 1855 espone Gli ateniesi abbandonati al Minotauro nel labirinto di Creta, commissionato dallo Stato e destinato al museo di Bourg-en-Bresse. Nello stesso anno invia alla mostra degli Amis des Arts di Bordeaux quattro quadri di genere. Nel 1857 Moreau decide di compiere un viaggio studio in Italia, nel corso del quale stringe amicizia con Degas e Elie Delaunay. Dopo il suo ritorno a Parigi, avvenuto nel settembre 1859, riprende a lavorare. Nel 1862 dipinge la Via crucis per la chiesa di Notre-Dame de Decazeville, e nel 1864 espone al Salon un’opera che suscita l’ammirazione generale e una medaglia: Edipo e la Sfinge; il quadro viene subito acquistato dal principe Napoleone. Nel 1866 l’Orfeo è acquistato dal Musée du Luxemburg, mentre il Diomede divorato dai suoi cavalli sarà comprato dalla Société des Amis des Arts di Rouen solo nel 1869. Le due opere esposte al Salon del 1869, il Prometeo e Giove ed Europa, non riscuotono grandi consensi. All’inizio dell’ottavo decennio, al seguito dei turbolenti avvenimenti politici, Moreau si ritira dalla vita pubblica, ma nel 1874 è invitato da Philippe de Chennevières a partecipare alla decorazione del Pantheon; e nel 1875 è insignito della Legion d’onore. Quando all’edizione del 1876 l’artista presenta le sue nuove opere, queste provocano nuovamente grande clamore, in particolare la Salomè danza davanti a Erode. Incoraggiato dal successo, prende parte all’Esposizione universale del 1878 con un nutrito gruppo di quadri. A partire dal 1879 Antoni Roux gli commissiona una serie d’acquerelli che illustrano le Favole di La Fontaine. Nel 1888 viene eletto all’Académie des Beaux-Arts e tre anni dopo diventa professore all’Ecole des Beaux-Arts. Nel 1895 decide di creare un museo che accoglierà le sue opere e che nel testamento, redatto nel 1897, verrà ceduto allo Stato. Moreau muore il 18 aprile 1898. Il Musée Gustave Moreau apre al pubblico nel 1903.
Gustave Moreau: le opere
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Cavaliere scozzese
1852-1854
olio su tela; 145 x 145
Parigi, Musée MoreauSono diversi i riferimenti artistici cui Moreau guarda durante la sua prima fase professionale: il pittore Théodore Chasseriau, morto prematuramente nel 1856, dal quale riprende il disegno nitido delle figure e Géricault e Delacroix, dai quali desume il senso del movimento e del colore. Proprio quest'opera rivela l'osservazione da parte del giovane Moreau dei due pittori nel soggetto del cavaliere al galoppo, vicino a Géricault, così come gli squarci cromatici e la pennellata veloce rimandano a Delacroix.
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Il Cantico del cantici
1853
olio su tela; 300 x 219
Digione, Musée des Beaux ArtsEsposto al Salon del 1853, il dipinto era stato commissionato l'anno prima dal Ministero dell'Interno, per poi essere inviato al museo di Digione. La scena s'ispira all'episodio biblico della Sulamita che non vedendo tornare l'amato esce dalla città durante la notte alla sua ricerca, ma viene insidiata e violata dalle guardie. Moreau aveva realizzato diversi studi preparatori; un acquerello e dei bozzetti in cui apparivano le mura della città. La composizione si è via via semplificata fino a questa versione finale, in cui tutto si concentra sull'azione violenta delle figure, mentre lo sfondo è giocato su un colore cupo, una luce irreale e allucinante che incrementa il senso drammatico della scena.
IconografiaLe figlie di Tespio
1853-1882/1883Il destino di quest'opera corre parallelo alla grande tela dei Pretendenti. Iniziati intorno al 1853, prima del viaggio in Italia che determinerà nuove suggestioni artistiche, questi due grandi dipinti sono stati eseguiti in un arco di tempo lunghissimo, abbandonati e ripresi più volte, fino agli anni Ottanta in cui questa tela è stata ultimata, mentre i Pretendenti è rimasta incompiuta. Con queste due composizioni molto elaborate, Moreau realizza le prime scene di gusto neogreco, in cui i personaggi appaiono bloccati entro una sovrabbondante struttura scenica, ricca di citazioni letterarie e di richiami esotici. Se da un lato il riferimento è da cercarsi nel Couture che ha dipinto i Romani della decadenza, dall'altro vi è un senso drammatico del colore e una stratificazione di elementi formali che rimanda a Delacroix.
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Edipo e la Sfinge
1864
olio su tela; 206, 4 x 104,8
New York, Metropolitan MuseumPreceduta da un acquerello del 1860, la tela con l'Edipo e la Sfinge fu esposta al Salon del 1864, segnando il successo dell'artista che ottenne una medaglia, l'attenzione del pubblico e della critica e l'acquisto dell'opera da parte del principe Napoleone. Il mito di Edipo è un soggetto che ricorre nella produzione di Moreau, affascinato dalla sua umanità di fronte all'enigma, alla scelta fra la vita e la morte. In questo quadro, il più noto fra quelli sull'argomento, l'eroe osserva con forza la Sfinge che appare sconcertata e timorosa, prossima alla sconfitta. Particolari macabri affiorano nella parte bassa e rivelano la tirannia cui era sottoposta la città di Tebe prima dell'arrivo di Edipo.
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Orfeo
1865
olio su tavola; 154 x 99,5
Parigi, Musée d’OrsayCon l'Orfeo Moreau ottenne un nuovo grande risultato, quello di entrare a far parte della collezione del Musée du Luxembourg, il museo d'arte contemporanea, cui aspiravano tutti gli artisti, in quanto rappresentava la consacrazione ufficiale e definitiva. Il quadro era stato acquistato dallo Stato al Salon del 1866, dove aveva colpito il pubblico per l'atmosfera dolce e inquietante a un tempo. Il pittore infatti ha deciso di narrare il momento in cui la testa di Orfeo viene trovata e deposta sulla lira da un fanciulla tracia. Con amore la donna osserva la testa del cantore che diventerà il simbolo della rigenerazione della poesia, immagine amata ed evocata da un'intera generazione di artisti e letterati, fra cui Proust.
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Salomè danza davanti a Erode
1876
olio su tela; 144 x 103,5
Los Angeles, Armand Hammer Museum of Art and Cultural CenterMoreau già nella sua epoca venne definito come il "pittore delle Salomè" per l'insistenza con cui si rivolse al tema biblico. In un'architettura orientale, solenne, ricca di particolari decorativi è ambientata la danza magica con cui la giovane Salomè ammalia Erode chiedendogli la testa di Giovanni Battista. Lo scintillio delle vesti, la vaporosità dell'atmosfera esotica, la profusioni di elementi rituali e l'imperiosità dei gesti donano all'immagine un grande potere di suggestione, che incarna al meglio il clima decadente dei circoli intellettuali simbolisti della fine dell'Ottocento, trovando infine nelle opere di scrittori come Oscar Wilde e Joris-Karl Huysmans il corrispondente letterario.
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Salomè danza davanti a Erode
1876
olio su tela; 92 x 60
Parigi, Musée Gustave MoreauA differenza della grande composizione di Los Angeles, questa versione si concentra sul potere seduttivo della figura di Salomè che, mediante il movimento sinuoso del corpo decorato di raffinati e simbolici tatuaggi, invoca la testa del Battista. Gli altri personaggi, così come l'ambientazione esotica del palazzo di Erode, sono relegati in un piano inferiore, diventando lo sfondo oscuro e misterioso nel quale si attua la terribile richiesta.
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Mosè esposto sul Nilo
1878
olio su tela
Cambridge (Massachusetts), Fogg Art MuseumIl conflitto franco-prussiano del 1870-1871 e la conseguente sconfitta della Francia, a causa della politica dell'imperatore Napoleone III, determinano una generale frustrazione, che in Moreau si traduce in un profondo senso della decadenza e della fine di un mondo. Le diverse interpretazioni di Salomè e di altri temi biblici, quali Giacobbe e l'angelo, David e questo Mosè, sono il risultato di questo sentimento. Come annoterà lo stesso artista in una Riflessione personale, questo quadro con Mosè bambino, esposto all'Esposizione universale del 1878, rappresentava la speranza di una nuova legge, giusta e sostenuta da Dio. Moreau rimase molto affezionato a questo quadro dalle architetture fantastiche, in cui si nascondono le immagini delle sfingi, che tenne con sé fino al 1893, quando cominciò delle nuove versioni sull'argomento.
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I liocorni
1885 circa
olio su tela; 115 x 90
Parigi, Musée Gustave MoreauIn questi anni Moreau ha sempre di più sperimentato la tecnica dell'acquerello, giungendo a punte di alto virtuosismo che lo portano verso una progressiva autonomia del colore rispetto al disegno. In quest'opera dei Liocorni si nota una certa libertà nell'uso di ampie zone di colore indipendenti dal fine linearismo dei particolari decorativi e dei profili delle figure, che rievocano iconografie gotiche. L'atmosfera d'incanto è suggerita dai contorni non rifiniti che donano all'immagine un'aura di visionarietà.
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Orfeo sulla tomba di Euridice
1890-1891
olio su tela ; 173 x 128
Parigi, Musée Gustave MoreauLa morte nel marzo del 1890 di Alexandrine Dureux, la più cara amica di Moreau, genera nell'artista una serie di riflessioni sul tema della morte e della separazione, fra cui questo dipinto a lei dedicato. La libertà formale della sua pittura è compiuta; il colore intenso è steso in modo convulso, così come convulsi erano i sentimenti provati in seguito alla scomparsa di Alexandrine dall'artista-Orfeo, concentrato sul proprio dolore. In ricordo dell'amica, Moreau riunì nella sua casa mobili, oggetti e quadri che le erano appartenuti.
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Salomè
1890 circa
acquerello e matita su carta; 72 x 34
Parigi, Musée Gustave MoreauIn questa versione la Salomè è resa da un disegno fine e da brevi inserti di colore che denotano la veste leggera e preziosa, così come leggero è il passo di danza sulle punte dei piedi. Prevale la vivace cromia dell'ambiente esotico, delle decorazioni musive, delle colonne, dei capitelli e della bifora di fondo, sul bianco della figura che sembra un'apparizione meravigliosa e lucente, scaturita dal sogno.
IconografiaGiove e Semele
1895Tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, l'opera è una delle più complesse che Moreau ha concepito. La vicenda rappresenta la storia di Giove e l'umana Semele, genitori di Dioniso, quando la donna chiede al dio di mostrarsi nella sua gloria, senza sapere che ciò causerà la sua morte, perché incenerita dai lampi divini. Le figure sono disposte secondo una piramide gerarchica; Giove in trono, cinto dai lampi della gloria, Semele sulle gambe dell'amato in adorazione e nel contempo ferita a morte, come si vede dal fianco insanguinato, le immagini della Morte e del Dolore, nel registro inferiore e così via personificazioni di figure dolenti e notturne, in un insieme visionario e scintillante.
Iconografia