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Art History: Ricerca iconografica

Mosè

Il profeta Mosè è il protagonista del Libro dell’Esodo del Vecchio Testamento, dove si narra di come egli condusse gli ebrei dall’Egitto, dove vivevano in schiavitù, alla terra promessa in Israele. Per questo suo ruolo di salvatore e guida del suo popolo egli fu interpretato come prefigurazione sia di Cristo che di san Pietro. All’origine del suo nome, che significa “trovato nelle acque”, c’è il racconto del suo miracoloso ritrovamento in una cesta sulle rive del Nilo, cui la madre l’aveva affidato per salvarlo dalla strage dei figli maschi degli ebrei ordinata dal faraone. Nelle Sacre Scritture si narra di un suo lieve difetto di pronuncia che lo rendeva impacciato nel linguaggio. Su questa base fiorì la leggenda della prova del fuoco, tramandata da Giuseppe Flavio nelle Antichità giudaiche: si narra che il piccolo Mosè, adottato da una delle figlie del faraone, offese il sovrano giocando con la sua corona. L’episodio fu interpretato come un cattivo presagio e per scagionarlo gli furono posti davanti due piatti, uno con delle ciliege - o rubini - e l’altro con dei tizzoni ardenti che il bambino portò alle labbra, su consiglio di un angelo. Così facendo si salvò la vita, ma il suo parlare non fu più fluido come prima. Tra gli episodi biblici più rappresentati in relazione alla figura di Mosè, è quello delle figlie di Jetro - di cui il profeta sposò Zippora - tratte in salvo mentre stavano abbeverando il loro gregge a Madian. Ambientata durante il suo lungo esilio nel deserto è la visione del roveto ardente dove il Signore si rivelò a lui e gli ordinò di togliersi i calzari poiché si trovava sulla Terrasanta. Sul monte Sinai Dio dettò a Mosè i dieci comandamenti che furono scolpiti su due tavole di pietra, ma quando scoprì che gli ebrei lo avevano disconosciuto adorando il vitello d’oro il Signore le distrusse. Su preghiera di Mosè, diede loro una seconda possibilità e di nuovo consegnò la Legge al profeta perché la mostrasse al popolo d’Israele: il volto del profeta era circonfuso di luce divina. Il termine «cornatum» della Vulgata, sincope della parola latina «coronatus», cioè coronato (di luce), venne equivocato con «cornuto» e così fu raffigurato il profeta nell’iconografia cristiana sin dal Medioevo. Morì sul monte Nebo, da cui vide la terra promessa, all’età di centoventi anni.