Pontormo : biografia
Jacopo Carucci nasce a Pontorme di Empoli nel 1494. Rimasto orfano, si trasferisce a Firenze nel 1508. Suoi maestri sono Mariotto Albertinelli, Piero di Cosimo e Andrea del Sarto, alla cui bottega approda nel 1512 e dove lavora insieme a Rosso Fiorentino. Dall’anno successivo è attivo nel cantiere della Santissima Annunziata; nel chiostrino affresca la Visitazione (1514-1515). Nel 1515 realizza la Veronica nella cappella del papa in Santa Maria Novella, dove è già evidente l’influenza di Michelangelo. Nello stesso anno partecipa con altri artisti alla commissione di quattordici pannelli con Storie di Giuseppe (Londra, National Gallery) destinati alla camera nuziale di Pierfrancesco Borgherini e Margherita Acciaioli: l’artista, avvalendosi della conoscenza delle stampe nordiche, dà vita a composizioni brulicanti di vita e dense di dettagli descrittivi. Nel 1518 lavora alla Pala Pucci per l’omonima cappella in San Michele Visdomini a Firenze. Quest’opera è una sorta di manifesto della svolta “anticlassica” dell’artista: la composizione piramidale derivata da Andrea del Sarto si anima nelle varietà delle espressioni dei personaggi (memori degli studi leonardeschi e delle incisioni nordiche), nella mobilità della luce, nelle diagonali su cui si dispongono i personaggi. Diventato celebre, viene chiamato a lavorare dalla famiglia Medici: tra il 1519 e il 1521 realizza la lunetta con Vertumno e Pomona nella villa di Poggio a Caiano, chiaro e sereno momento di vita agreste che vuole alludere alla restaurazione medicea e al pontificato di Leone X. Tra il 1523 e il 1525 esegue gli affreschi con le Storie della Passione di Cristo per la certosa del Galluzzo, condotti mentre a Firenze infuria un’epidemia di peste. Seguono le importanti pale con la Deposizione per la cappella Capponi in Santa Felicita e la Visitazione per la pieve di Carmignano. Le forme scultoree michelangiolesche, il movimento di gesti e sguardi, la gamma cromatica chiara e líintenso patetismo mostrano un’arte fortemente manierista, ormai svincolata da ogni riferimento al reale. Il favore della famiglia Medici, per la quale esegue molti ritratti (tra cui Cosimo il Vecchio de’ Medici degli Uffizi), prosegue negli anni seguenti con i lavori, tutti perduti, nelle ville di Careggi (1535-1536) e di Castello (1537-1543), e nel coro della chiesa di San Lorenzo (1546-1557), opera cui attende fino alla morte, avvenuta il 31 dicembre 1556 o il primo gennaio 1557.
Pontormo : le opere
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Sacra conversazione
1514
affresco staccato; 221 x 195
Firenze, Santissima Annunziata, cappella di San LucaL’affresco è ricordato dal Vasari nella chiesa fiorentina di San Raffaello o Ruffillo, dalla quale fu rimosso all’epoca della soppressione alla fine del Settecento. In questa circostanza fu collocato nella cappella di San Luca della Santissima Annunziata, dedicata ai pittori, nella quale Pontormo fu inumato nel 1562. Il dipinto rappresenta forse la prima commissione importante ricevuta dal giovane pittore che adotta ancora un linguaggio classico e monumentale ispirato non solo ad Andrea del Sarto ma anche a Fra’ Bartolomeo, rappresentante della cosiddetta “Scuola di San Marco”, dal nome del convento fiorentino dove si sviluppò. Nella collocazione originaria il dipinto era sormontato da una lunetta raffigurante Dio Padre in gloria tra angeli, andata distrutta all’epoca del distacco. La Madonna con il bambino è affiancata a sinistra da santa Lucia e da una santa che va forse identificata con sant’Agnese, e a destra il profeta Zaccaria inginocchiato e da san Michele arcangelo.
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Storie di Giuseppe. Il supplizio del fornaio
1516-1517
olio su tavola; 58 x 50
Londra, National GalleryLa tavola fa parte di una serie di quattro pannelli dipinti dal Pontormo che raffigurano le Storie di Giuseppe ebreo e decoravano la cosiddetta Camera Borgherini. I dipinti furono commissionati da Salvi Borgherini intorno al 1515 per decorare la camera nuziale del palazzo di famiglia in Borgo Santi apostoli in occasione del matrimonio del figlio Pierfrancesco con Margherita Acciaioli. Alla decorazione della stanza parteciparono anche Andrea del Sarto, il Bachiacca e il Granacci. In questo dipinto il Pontormo dimostra ormai una piena autonomia rispetto al maestro, Andrea del Sarto: nella composizione privilegia l’aspetto teatrale e anche una maggiore vivacità di movimenti e atteggiamenti. La storia di Giuseppe ebreo era considerata prefigurazione della vita di Cristo e si sottolineava l’aspetto virtuoso dell’eroe biblico, la sua pratica della clemenza e della generosità nonostante i torti subiti. In questo pannello viene raffigurato l’episodio in cui il faraone riabilita il coppiere (che a sinistra consegna la coppa al faraone) e fa decapitare in panettiere (in alto a destra), smascherato da Giuseppe.
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Storie di Giuseppe ebreo. Giuseppe in Egitto
1518-1519
olio su tavola; 96 x 109
Londra, National GalleryPer la camera Borgherini Pontormo dipinse quattro pannelli in date diverse: nei primi tre eseguiti tra il 1515 e il 1517 si assiste a un progressivo distacco dalla cultura figurativa del maestro, Andrea del Sarto. In questo quarto pannello, realizzato tra il 1518 e il 1519, l’artista è ormai completamente indipendente e raggiunge uno dei più alti livelli della sua arte. Cromaticamente rivela un aggiornamento sul colorismo michelangiolesco del Tondo Doni e della cappella Sistina. Nella trattazione dei personaggi e dei fondali paesaggistici mostra di ispirarsi alla cultura nordica di Luca di Leida e Albrecht Durer, ma in alcune figure rende omaggio alla tradizione fiorentina citandone alcuni dei maggiori rappresentanti, da Giotto a Masaccio a Botticelli a Michelangelo. Nonostante questi riferimenti il dipinto è ormai un esempio tipico della pittura del Pontormo caratterizzata da una radicale vena anticlassica. Nel bambino seduto sugli scalini in primo piano, riconoscibile per essere vestito in abiti contemporanei, il Pontormo effigiò le sembianze del suo allievo prediletto, Agnolo Bronzino. Nel pannello si svolge il racconto degli ultimi fatti della vita di Giuseppe, la cui figura è ripetuta quattro volte, riconoscibile dal mantello violaceo e il copricapo rosso. A sinistra Giuseppe al faraone il padre Giacobbe, inginocchiato sugli scalini; a destra, seduto su un carro, distribuisce viveri agli egiziani, mentre un messaggero gli annuncia la malattia del padre; sulle scale Giuseppe accompagna uno dei figli a ricevere la benedizione del nonno; a destra in alto, Giacobbe impartisce la benedizione al nipote Efraim invece che al maggiore Manasse; Giuseppe, credendo che il padre si sia sbagliato, gli prende la mano per dirigerla su Manasse, ma Giacobbe spiega che la stirpe principale sarà quella di Efraim.
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Cosimo il Vecchio de' Medici
1519
olio su tavola; 90 x 72
Firenze, UffiziIl ritratto di Cosimo il Vecchio de’ Medici fu commissionato su richiesta di papa Leone X in relazione alla nascita di Cosimo de’ Medici, futuro duca di Firenze, avvenuta il 12 giugno 1519, che, dopo la morte degli ultimi discendenti del ramo principale della famiglia, faceva rinascere la speranza di una continuità dinastica per la casata. Alludono a questo significato il broncone che affianca il vecchio Cosimo Pater Patriae, iniziatore delle glorie della famiglia e anche nume tutelare della potenza fiorentina, sul cui ceppo spezzato si innesta un nuovo germoglio e il cartiglio elegantemente attorcigliato al ramo sul quale è una citazione dall’Eneide. In questo raffinatissimo ritratto, ricco di profondi significati simbolici, dominato dal colore rosso cupo della veste, il Pontormo indaga con profondo realismo i tratti del volto di Cosimo cercando di farne emergere anche la più profonda interiorità.
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Vertumno e Pomona
1519-1520 circa
affresco; 461 x 990
Poggio a Caiano (Firenze), Villa mediceaOttaviano de’ Medici, su incarico del cugino pontefice Leone X, commissionò a Pontormo le lunette della sala grande della villa di Poggio a Caiano, delle quali una sola fu realizzata con la rappresentazione della favola mitologica di Vertumno e Pomona. Il programma della sala, per la cui decorazione erano stati ingaggiati pittori come Andrea del Sarto e Franciabigio, prevedeva la celebrazione della casata medicea e in particolare la lunetta commemora la nascita, avvenuta nel giugno 1519, di Cosimo, futuro granduca di Firenze. Nella complessa ottica simbolica dell’epoca il dipinto vuol illustrare l’oroscopo tracciato il giorno di quella nascita. I personaggi sono raffigurati con un naturalismo e un tono quotidiano sconosciuto alla pittura fiorentina, e le divinità sono rappresentate secondo l’ideale di una serena vita rustica che era stato cantato da Poliziano e dallo stesso Lorenzo il Magnifico, padre di Leone X.
IconografiaCena in Emmaus
1525Il dipinto, datato 1525, fu eseguito dal Pontormo per il refettorio della foresteria della Certosa di Firenze. Nella composizione il pittore si ispira, come già aveva fatto nelle lunette del chiostro raffiguranti episodi della Passione di Cristo, a una stampa del Durer. L’artista volge una particolare attenzione alla descrizione minuziosa degli oggetti sul tavolo, la brocca, i bicchieri, il piatto e degli effetti della luce che si rifrange su di essi, raggiungendo risultati di un naturalismo che può definirsi precaravaggesco. Anche la rappresentazione di animali domestici sotto il tavolo conferisce un tono familiare e quotidiano alla scena. Per umanizzare ancora di più l’evento, ai monaci che vi partecipano, in veste di servitori, diede i tratti reali di alcuni confratelli della Certosa. Questi elementi contribuiscono a rendere particolarmente accostante e umana la scena, in accordo con il contesto monastico nel quale l’opera fu dipinta, mosso all’epoca da grandi ideali di riforma. A un periodo successivo al Concilio di Trento (1545-1563) si deve l’aggiunta dell’occhio nel triangolo, simbolo trinitario, che sostituì quello dipinto originariamente dal Pontormo, una testa a tre volti, attributo della Trinità prima della Controriforma.
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Deposizione di Cristo
1525-1528
olio su tavola; 313 x 192
Firenze, Chiesa di Santa Felicita, cappella CapponiLa tavola fu eseguita per la cappella di Santa Felicita, acquistata nel 1525 dal banchiere Ludovico Capponi: la cappella è decorata inoltre da un affresco raffigurante l’Annunciazione, anch’essa del Pontormo, e da quattro tondi nella volta raffiguranti gli evangelisti, per i quali col maestro collaborò il giovane allievo Bronzino. La pala, che tratta il tema della Deposizione in maniera assolutamente innovativa, è caratterizzata da colori chiari e aciduli che rasserenano la composizione associando al dramma della morte il tema della resurrezione. Le figure sono calate in una dimensione universale, priva di ogni riferimento spazio-temporale: nel cromatismo chiaro, con effetti di accentuato cangiantismo, Pontormo fa un omaggio a Michelangelo e soprattutto al raffinato colorismo della cappella Sistina, riemerso in tutto il suo splendore dopo il restauro.
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Visitazione
1528 circa
olio su tavola; 202 x 156
Carmignano (Firenze), pieve di San MicheleLa Visitazione fu probabilmente eseguita per la famiglia Pinadori: il Vasari non cita quest’opera che all’epoca era probabilmente nascosta in una villa della famiglia per sottrarla a distruzione certa, viste le tendenze riformistiche di carattere savonaroliano cui essa allude. Infatti l’incontro tra le due donne, la Madonna e sant’Elisabetta, madre del Battista, tradizionalmente simbolo del passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento, nell’ambito della situazione politico-religiosa di Firenze, poteva essere inteso come l’abbraccio tra la vecchia chiesa romana e la nuova cattolicità riformata. La scena è ambientata in una strada fiorentina, riconoscibile dalla tipologia architettonica dei palazzi. Le quattro figure femminili sono avvolte in vesti realizzate con grande eleganza cromatica, nell’alternanza di colori chiari e scuri con raffinati effetti cangianti e, con la loro turgida monumentalità, giganteggiano in primo piano dominando l’intera composizione.
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Martirio dei diecimila
1529-1530
olio su tavola; 65 x 73
Firenze, Galleria PalatinaNel dipinto il Pontormo raffigura il martirio di diecimila legionari romani che, per essersi convertiti al cristianesimo, furono crocifissi sul monte Ararat per ordine dell’imperatore Adriano. Per una parte di questa composizione, articolata in più scene, nelle quali sono raffigurati i diversi momenti del martirio, l’artista rielabora un disegno preparatorio per un dipinto dello stesso soggetto, mai realizzato, commissionato dalla Confraternita dei martiri di San Salvatore di Camaldoli intorno al 1522-1523. La tavola fu realizzata per l’Ospedale degli innocenti, tra il 1529 e il 1530, anni di grande difficoltà per i fiorentini che videro la caduta della repubblica e la resa dopo un lungo ed estenuante assedio. Si è voluto vedere nel dipinto una specie di prefigurazione apocalittica della sorte dei fiorentini. Figurativamente l’opera rivela l’influsso di Michelangelo, in particolare si notano citazioni dalla Battaglia di Cascina e dalle statue delle cappelle medicee.
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Amerigo Antinori
1531 circa
olio su tavola; 85 x 61
Lucca, Pinacoteca di Palazzo MansiIl ritratto viene identificato con quello citato da Vasari di Amerigo Antinori, esponente della fazione antimedicea e amico del Pontormo. Fu probabilmente eseguito nel 1531, poco prima che, con l’insediamento in Firenze di Alesssandro de’ Medici, l’Antinori fosse esiliato. In occasione della confisca dei suoi beni il ritratto entrò a far parte delle collezioni medicee. L’artista si ispira alla tradizione ritrattistica romana inaugurata da Raffaello da cui riprende l’impianto grandioso della composizione e la resa dell’aspetto altero del personaggio.
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Cosimo I in divisa di alabardiere
1537
olio su tavola trasportato su tela; 92 x 72
Malibu, The J. Paul Getty MuseumControversa è l’identificazione del personaggio raffigurato in questo bellissimo ritratto del Pontormo. Il soggetto rappresentato sulla medaglia appuntata al cappello, Ercole che strozza Anteo, rende probabile una identificazione con il giovane Cosimo de’ Medici, che adottò l’episodio mitologico come suo emblema personale. Cosimo, nel 1537, appena ricevuta dall’imperatore la nomina di duca di Firenze avrebbe fatto eseguire il ritratto. Qui il giovane duca volle farsi riprendere, sullo sfondo di una fortificazione cittadina, nelle vesti di alabardiere, per presentarsi come difensore e garante della libertà di Firenze.
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Maria Salviati con il piccolo Cosimo de’ Medici
1537 circa
olio su tavola; 87 x 71
Baltimora, Walters Art GalleryIl dipinto raffigura Maria Salviati, nipote di Lorenzo il Magnifico e madre di Cosimo I duca di Firenze insieme a un fanciullo, generalmente identificato con il piccolo Cosimo; il dipinto fu commissionato dallo stesso Cosimo da poco divenuto duca di Firenze, nel 1537. Nel dipinto Cosimo è raffigurato come un bambino di circa sette anni, età che egli aveva nel 1526, data della morte di suo padre, Giovanni dalle Bande nere, mentre la madre è vestita dell’abito vedovile e tiene un medaglione. L’intreccio delle mani tra la Salviati e il figlio vuole sottolineare il legame tra i du, per un preciso intento di legittimazione politica. Se infatti il padre, Giovanni dalle Bande nere, apparteneva a un ramo collaterale della famiglia, attraverso la madre, nipote di Lorenzo il Magnifico, il duca Cosimo discendeva in linea diretta da Cosimo il Vecchio. Da un punto di vista iconografico il dipinto è molto importante poiché inaugura a Firenze il genere del doppio ritratto, destinato a essere ampiamente sviluppato proprio in ambito mediceo dal Bronzino.