Nicolas Poussin: biografia
Nicolas nacque a Les Andelys, in Normandia, da Jean Poussin e da Marie Delaisement, figlia di un giudice. Egli si formò probabilmente a Rouen con Noël Jouvenet, e, successivamente, secondo la testimonianza del Bellori, entrò in contatto con l’ambiente parigino, dove studiò con attenzione le incisioni tratte dall’opera di Raffaello. Nella capitale, Poussin frequentò gli studi di Elle le Vieux e Georges Lallemand, e, nel 1616 si mise in viaggio per Roma, ma dovette fermarsi a Firenze per tornare subito a Parigi. Qui eseguì sei grandi dipinti a tempera per il Collegio dei gesuiti, oggi dispersi, che gli procurarono la protezione del Cavalier Marino che, nel 1623, lo invitò a Roma, dove lo introdusse ai Sacchetti e a Francesco Barberini, nipote del pontefice Urbano VIII. Le prime opere note del pittore risalgono al periodo romano, dove Poussin formulò una personale cifra di classicismo che risente solo in parte delle contemporanee correnti artistiche della città. Nel 1626, anno in cui il pittore condivide l’abitazione con lo scultore François Douquesnoy, il cardinale Barberini gli commissiona la Morte di Germanico (Minneapolis), dipinto terminato nel 1628, in cui è evidente lo studio del tonalismo appreso a Venezia e approfondito sui Baccanali tizianeschi della raccolta Aldobrandini. Negli stessi anni esegue per San Pietro il Martirio di sant’Erasmo, unica opera pubblica condotta nella città. Nel settembre del 1630 sposa Anna Maria Dughet, figlia del suo affittacamere, il cuoco Jacques, e sorella del pittore Gaspard e, nel 1631, è accolto nell’Accademia di San Luca. Malgrado a Roma Poussin lavorasse per un ristretto circolo di amatori, tra cui Cassiano dal Pozzo, per cui eseguì tra il 1637 al 1639 il famoso ciclo dei Sette Sacramenti, la sua fama si diffuse anche in Francia dove eseguì per Richelieu quattro Baccanali (1636). Dal 1640 al 1642 Nicolas fece ritorno a Parigi, dove fu nominato da Luigi XIII “primo pittore del re”. Malgrado tale accoglienza, Poussin fece definitivamente ritorno a Roma. La pittura di quest’ultimo periodo romano, in cui prevale una ricerca di armonia compositiva e di “bellezza ideale”, diviene sempre più solenne, anche nella pittura di paesaggio, genere molto frequentato dal pittore in questa fase. Nel 1657 Poussin rifiutò la carica di Principe dell’Accademia di San Luca, dimostrando ancora una volta la sua volontà a mantenersi in disparte nell’ambiente romano. Egli morì a Roma il 19 novembre 1665.
Nicolas Poussin: le opere
Archivio Giunti
Battaglia di Giosué contro gli Amaleciti
1625 circa
olio su tela; 97,5 x 134
San Pietroburgo, ErmitageNel 1625 il giovane Poussin, morto il suo primo protettore italiano, il poeta Marino, e partito il cardinale Barberini, si trovò ad affrontare un periodo di grave crisi che lo costrinse a disfarsi per cifre modestissime di una serie di dipinti, tra cui tre battaglie bibliche. Il tema di questa tela, assai raro, deriva dalla Bibbia (Esodo, 17, 8-13) e mostra Giosué che combatte contro Amalec, mentre Mosé prega sul colle. Quando questi abbassava le braccia, gli ebrei soccombevano e per questa ragione Aronne e Hur sono mostrati mentre sorreggono le braccia del patriarca fino al tramonto e alla vittoria. Il pendant dell’opera è la Battaglia di Giosué contro gli Amorini. Entrambe risentono dello studio attento della statuaria classica e dell’opera di Raffaello e della sua scuola, in particolare la Battaglia vaticana.
IconografiaMorte di Germanico
1626-1628La tela è una delle opere più celebri di Poussin, e gli fu commissionata nel 1626 dal cardinale Francesco Barberini, per essere terminata nel 1628. L’opera portò definitivamente alla ribalta il pittore francese nell’ambiente romano, e divenne ben presto uno dei modelli canonici per le rinnovate esigenze del classicismo postcarraccesco. Ispirato al racconto degli Annali di Tacito, il dipinto combina l’idea di un’immagine eroica di forte impronta etica con la ricerca archeologica. Il comandante Tiberio Druso Nerone, soprannominato Germanico per le vittorie riportate in Germania, è inviato dal padre adottivo Tiberio in Siria, dove lo fa avvelenare per gelosia dal governatore Pisone. Poussin raffigura, come in un bassorilievo, il momento in cui Germanico dal letto di morte chiede ai suoi uomini di essere vendicato.
Trionfo di David
1626-1630La sintesi della nuova idea del rapporto pittura-teatro presente nella Peste di Azoth si ritrova in un dipinto permeato dall’impulso scenico classicistico derivato dalla lezione di Palladio e Serlio, il Trionfo di David. Anche qui sono riscontrabili alcuni “pentimenti”, soprattutto nell’architettura. L’opera, malgrado l’alta qualità, non è citata dalle fonti antiche, e le sue tracce possono essere seguite solo dalla fine del XVIII secolo. La presenza di alcune particolarità, come il realismo di alcuni volti, ha fatto mettere in dubbio l’attribuzione al Poussin, a favore di Mellin, che, verso il 1631-1635 ne imita la maniera. L’autografia al maestro di Les Andelys è stata comunque accolta dalla maggior parte della critica.
IconografiaArchivio Giunti
Mida alle fonti del Pattolo
1626 circa
olio su tela; 97,5 x 72,5
New York, Metropolitan Museum of ArtIl tema del re Mida, desunto dalle Metamorfosi di Ovidio, sembra aver particolarmente interessato Poussin in questo primo periodo di attività, forse intento nella meditazione sull’uomo privilegiato dal destino. Il re aveva ottenuto da Bacco il dono di mutare in oro tutto ciò che toccava. Giunto quasi sul punto di morire di fame e di sete, egli supplicò il dio di liberarlo dal privilegio, divenuto ben presto dannoso, e si lavò alle fonti del Pattolo, nel quale da allora si trovano scaglie d’oro. Il dipinto fu acquistato dal museo americano nel 1871, ed era forse appartenuto alla collezione di Camillo Massimi.
IconografiaDiana ed Endimione
1627 circaNella tela è raffigurato il momento in cui Diana raggiunge Endimione quando Apollo si alza nel cielo, all’alba, per trascorrere con lui la giornata al riparo della luce del sole filtrata da un tendaggio. L’iconografia è piuttosto inconsueta, infatti nei dipinti era privilegiato il momento in cui la casta dea scopre il giovane pastore addormentato. Nelle figure si distinguono estesi “pentimenti” che fanno pensare a una successiva ridipintura da parte dell’autore. Le inesattezze e la non ancora totale padronanza della struttura luminosa lasciano propendere per una datazione precoce dell’opera, intorno al 1627, modificata in un momento successivo. Comparsa in Inghilterra all’inizio del XX secolo, la tela era probabilmente appartenuta alla collezione del cardinal Fesch, e precedentemente a quella di Mazzarino, e si trova nel museo di Detroit dal 1936.
IconografiaMartirio di sant’Erasmo
1628-1629Opera di fondamentale importanza per il primo periodo di Poussin, il Martirio di sant’Erasmo fu commissionata per la basilica di San Pietro nel febbraio del 1628, e fu pagata l’anno successivo, tra il giugno e l’ottobre. Essa ha costituito a lungo l’unico dipinto del pittore francese collocato in un edificio pubblico, finché non fu sostituita da un mosaico. Il tema era stato imposto dalla committenza e Poussin subentrò nell’incarico a Pietro da Cortona, di cui esistono ancora alcuni studi grafici per un’opera dello stesso soggetto, ma di dimensioni minori. Il cruento martirio del santo si svolge in un’atmosfera chiara, soffusa dal lume abbacinante del sole.
IconografiaMida davanti a Bacco
1629-1630La tela raffigura il re Mida che, secondo la leggenda narrata nelle Metamorfosi di Ovidio, aveva ottenuto da Bacco il dono di mutare in oro tutto ciò che toccava. Giunto quasi sul punto di morire di fame e di sete, egli supplicò il dio di liberarlo dal privilegio, divenuto ben presto dannoso, ed è qui raffigurato mentre lo ringrazia per aver nuovamente esaudito il suo desiderio. Del celebre dipinto, che fu eseguito a una data precoce, intorno al 1629-1630, esistono numerose copie antiche. Il tema dei Baccanali, o di dipinti collegati al mito bacchico, era sollecito in Poussin dallo studio delle tele di analogo soggetto di Tiziano, presenti nella raccolta Aldobrandini fin dal 1598 e che influenzarono il pittore francese anche dal punto di vista della cromia.
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Peste di Azoth
1630-1631
olio su tela; 148 x 198
Parigi, LouvreL’opera fu cominciata da Poussin verso la fine del 1630, e fu acquistata dal nobile Fabrizio Valguarnera nel 1631. L’opera non era ancora terminata e Poussin vi rimise mano prima della vendita. Nel 1660 fu acquistata a Roma dal Richelieu e nel 1665 passò nella collezione di Luigi XIV. Il tema deriva fedelmente dalla Bibbia (Samuele V, 1-16), e fu probabilmente suggerito al pittore dalla terribile peste di Milano del 1630. Il dipinto mostra un progresso da parte di Poussin nella concezione scenica, in cui al paesaggio tizianesco delle opere del primo periodo si sostituisce un articolato spazio pittorico-architettonico.
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Trionfo di Nettuno
1634-1637
olio su tela; 108 x 148
Filadelfia, Philadelphia Museum of ArtIl dipinto apparteneva al ciclo dei Trionfi commissionati dal Richelieu per il proprio castello di Poitou, segnalati dal Bellori, dal Félibien e da altre fonti antiche. Unico dipinto a soggetto marino, insieme a tre “baccanali terrestri”, il Trionfo di Nettuno alludeva al ruolo di rinnovatore della marina francese svolto da Richelieu, e celebrato nel castello. Nel XVIII secolo la tela passò nella collezione Crozat e in seguito in quella di Caterina II di Russia. Nel 1932 fu messo in vendita dal governo russo e fu acquistato dal Museo di Filadelfia. Il ciclo fu eseguito tra il 1634 e il 1637 e, malgrado il disaccordo sul numero e i dubbi inerenti l’autografia dei dipinti noti, che furono più volte replicati, è emblematico delle variazioni in atto nella maturità di Poussin.
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Ratto delle Sabine
1634 circa
olio su tela; 154 x 206
New York, Metropolitan MuseumIl soggetto è tratto dal famoso episodio della storia romana ricordato da Tito Livio, Virgilio e Plutarco, secondo cui Romolo organizzò una festa alla quale invitò gli abitanti delle popolazioni vicine, tra cui i Sabini, e, a un segnale convenuto, i giovani romani irruppero tra la folla e rapirono le fanciulle non ancora maritate per assicurare la futura crescita della popolazione. L’opera è ricordata dal Félibien (1685) nella collezione della duchessa d’Aiguillon. Poussin eseguì una seconda versione del dipinto, oggi al Louvre, che il Bellori ricorda eseguita per il cardinale Omodei.
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La presa di Gerusalemme
1638-1639
olio su tela; 147 x 198,5
Vienna, Kunsthistorisches MuseumIl tema è ispirato al Bellum Judaicum di Flavio Giuseppe, e fu affrontato per la prima volta dal pittore nel 1626 in un dipinto eseguito per il cardinale Francesco Barberini. Entrambi raffigurano l’assedio e l’incendio del Tempio di Gerusalemme da parte dell’imperatore Tito. Il primo dipinto fu donato dal Barberini a Richelieu, che a sua volta lo donò alla duchessa d’Aiguillon. La seconda versione del tema, eseguita più di dieci anni più tardi, fu ugualmente commissionata dal Barberini, come riporta Bellori, e fu donata al principe Eggenberg, inviato dell’imperatore presso il pontefice Urbano VIII. L’opera reca, sul margine del secondo scudo a destra, la firma «NI. PUS FEC».
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Paesaggio con san Giovanni in Patmos
1644-1645
olio su tela; 102 x 133
Chicago, Art InstituteL’opera è stata resa nota soltanto verso il 1930, e non sembra essere citata nelle fonti antiche. Per le affinità sitilistiche e di dimensioni, aveva probabilmente come pendant il Paesaggio con san Matteo, oggi a Berlino (Staatliche Museen). I due dipinti appartenevano forse a una serie di quattro apostoli commissionata dal cardinale Francesco Barberini al ritorno di Poussin a Parigi, e mai terminata per la morte di Urbano VIII e la conseguente caduta in disgrazia della famiglia.
Iconografia