Tintoretto: biografia
L’anno di nascita di Jacopo Robusti, il 1519, è desunta dall’atto di morte, in cui è detto settantacinquenne. Gli scrittori d’arte del Seicento lo indicano come allievo di Tiziano, e riferiscono di gravi contrasti fra i due, che avrebbero indotto il giovane Tintoretto a lasciare la bottega del maestro. Anche se non sappiamo quando l’artista inizi la sua carriera autonoma, questa deve essere collocata prima del 1539, quando Jacopo si firma “ maestro”, con una propria bottega in campo San Cassiano. Nel giugno 1544 l’artista sottoscrive una testimonianza indicando il nome (Giambattista) e la professione (tintore) del padre: da questa gli deriva il soprannome. Al 1545 risale la decorazione di due soffitti con soggetti mitologici per la dimora veneziana di Pietro Aretino. Due anni dopo firma la pala dell’Ultima cena nella chiesa veneziana di San Marcuola. Nel 1548 Tintoretto dipinge per la Scuola grande di San Rocco il Miracolo di san Marco, che suscitò grande interesse, come testimonia la lettera d’apprezzamento scritta dall’Aretino nell’aprile di quell’anno. A questa prima importante commissione fanno seguito quelle per la pala della chiesa di San Marziale, terminata nel 1549, e per il San Rocco risana gli appestati dell’omonima chiesa veneziana. Nel corso del sesto decennio del secolo l’attività dell’artista si fa più intensa: fra il 1551-1556 esegue le portelle dell’organo della chiesa di Santa Maria dell’Orto, e quelle, su commissione di Giulio Contarini, della chiesa di Santa Maria del Giglio; nel 1559 dipinge la Piscina probatica di San Rocco e l’Ultima cena già in San Felice a Venezia e ora in Saint-François Xavier a Parigi. Dall’unione con Faustina Episcopi, che Tintoretto sposa probabilmente nel 1553, nasceranno otto figli, alcuni dei quali come Giambattista e Marco, continueranno l’attività paterna. Negli anni Settanta, la sua attività subisce un’ulteriore accelerazione; accanto ai ritratti dei più illustri personaggi veneziani, e al soffitto dell’atrio quadrato in Palazzo ducale, l’artista dipinge numerose tele di soggetto religioso: l’Adorazione del vitello d’oro e il Giudizio universale per il presbiterio della chiesa della Madonna dell’Orto (1562), la Discesa di Cristo al limbo e la Crocifissione della chiesa di San Cassiano a Venezia (1568). Nel 1564 Tintoretto dà avvio alla decorazione, che si protrarrà per quasi tre decenni, della Scuola grande di San Rocco, con i dipinti di San Rocco in gloria (1564), la Crocifissione (1565), il San Rocco in carcere confortato dagli angeli (1568), e poi, nei decenni successivi, con alcune serie di teleri e diverse pale d’altare. Divenuto uno dei massimi artisti veneziani, durante l’ultimo ventennio di attività è impegnato anche in Palazzo ducale: termina nel 1578 le quattro Allegorie nella Sala dell’anticollegio, e nel 1582 la Battaglia di Zara per la Sala dello scrutinio. Negli anni 1578-1580 dipinge le otto grandi tele con i Fasti gonzagheschi commissionate per il Palazzo ducale di Mantova. Con le due grandi tele per il presbiterio della chiesa veneziana di San Giorgio Maggiore, dipinte fra il 1592 e il 1594, si conclude l’attività di Tintoretto che muore il 31 maggio del 1594.
Tintoretto: le opere
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Conversione di san Paolo
1544 circa
olio su tela; 152,5 x 236
Washington, National Gallery of ArtTintoretto fu attratto in età giovanile dall’arte di Andrea Schiavone e in particolare dalla sua pennellata fluida e cromaticamente esuberante. Nel dipinto si colgono anche altri richiami culturali, da Raffaello, a Pordenone, a Tiziano. Ogni spunto viene comunque riassorbito all’interno di un’impaginazione innovativa, caratterizzata da un dinamismo e un furor drammatico estranei all’opera dei predecessori. Il tema, che si presta a una rappresentazione in termini di movimenti concitati e di pose forzate, si mostra particolarmente congeniale al temperamento e al bagaglio linguistico manierista dell’artista venticinquenne.
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Miracolo di san Marco
1548
olio su tela; 415 x 541
Venezia, Gallerie dell’AccademiaIl quadro, dipinto per la Scuola grande di San Marco, è la prima clamorosa affermazione pubblica dell’artista. Il soggetto è tratto da un episodio della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, scolpito qualche anno prima da Jacopo Sansovino in un bassorilievo bronzeo per la basilica di San Marco. La composizione è incentrata sul volo precipite del santo, audacemente scorciato, che irrompe dal cielo e provoca uno scatenarsi plurimo di moti e gesti intorno al corpo nudo giacente, sapientemente scorciato. Tintoretto ricorre a una doppia fonte di luce: quella dal fondo immerge la scena in una atmosfera naturale, quella dall’esterno esalta i corpi e i gesti dei protagonisti in primo piano.
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Caino e Abele
1550-1553
olio su tela; 149 x 196
Venezia, Gallerie dell’AccademiaAll’interno di una natura esuberante che conquista la tela fino al primo piano, Tintoretto mette in scena l’uccisione di Abele da parte di Caino. L’artista cala nel paesaggio boscoso sentimenti ed emozioni, sottolineando la violenta drammaticità dell’azione con contrasti luministici e pose audaci. Il gioco dinamico delle figure, incentrato sulla contrapposizione delle masse muscolari, è desunto da contemporanee composizioni “michelangiolesche” di Tiziano. L’opera fu realizzata per la Scuola della Trinità insieme ad altri episodi della Genesi e costituisce una brillante prova della vocazione narrativa del pittore, a suo agio nella trattazione di temi biblici.
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Venere, Vulcano e Marte
1551-1553
olio su tela ; 134 x 198
Monaco, Alte PinakothekUn’atmosfera serena, sottilmente sensuale, anima la scena. In un interno indubitabilmente veneziano si consuma la vicenda della bella Venere, costretta a nascondere il giovane amante Marte, vestito di elmo e corazza e spaventato all’idea che il vivace cagnolino sveli la sua presenza all’anziano marito Vulcano. Tintoretto utilizza un registro narrativo leggero e ironico, non lesinando prove di abilità tecnica e sofisticazioni intellettuali (si veda il particolare dello specchio che riflette il dorso di Vulcano). Una luce vibrante accende il morbido incarnato della dea e dona brillantezza alle preziose stoffe del suo corredo muliebre.
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L'Assunta
1554-1555
olio su tela; 440 x 260
Venezia, chiesa dei GesuitiI padri crociferi avevano deciso di affidare l’esecuzione della pala d’altare della loro chiesa a Paolo Veronese. Tintoretto, a detta del Ridolfi, promise loro che l’avrebbe realizzata «su lo stile medesimo di Paolo» e così ottenne la commissione. Se i colori squillanti e l’accesa luminosità del dipinto rivelano una vicinanza ai modi veronesiani, nello slancio impresso alla plastica figura della Vergine e agli angeli in volo il pittore dà prova di autonomia e libertà espressiva.
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Susanna e i vecchioni
1555-1556
olio su tela; 146,6 x 193,6
Vienna, Kunsthistorisches MuseumE’ uno dei dipinti più felici dell’intera produzione di Tintoretto, immerso in un’atmosfera al contempo fiabesca ed enigmatica. Susanna si dedica alla toilette, rimirandosi allo specchio, mentre i due vecchioni, ammantati di vesti dai colori squillanti e nascosti dalla natura rigogliosa, le si avvicinano. La luminosità chiara e diffusa, che sostituisce per una volta i toni contrastati e foschi prediletti dall’artista, esalta le forme del corpo femminile, senza scomporne l’integrità. L’accelerazione prospettica verso il fondo conferisce dinamismo alla composizione. Il rilievo assunto dai dettagli decorativi riflette l’interesse dimostrato dall’artista per le contemporanee opere di Paolo Veronese.
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Alvise Cornaro
1560-1562
olio su tela ; 113 x 85
Firenze, Galleria Palatina di Palazzo PittiTintoretto si dedicò fin dagli anni giovanili alla produzione di ritratti. Con il successo e la notorietà crebbero le richieste da parte dei personaggi più in vista della società del tempo. In questo dipinto il celebre umanista Alvise Cornaro è colto negli anni dell’estrema vecchiaia. La figura, della quale il pittore illumina sapientemente soltanto il volto e le mani, emerge appena dal fondo scuro, assumendo un’evidenza quasi allucinata. Nello sguardo vivo e nella severità della posa è concentrata tutta la superiorità intellettuale e morale dell’uomo.
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Erezione del serpente di bronzo
1575-1576
olio su tela; 840 x 520
Venezia, Scuola grande di San Rocco (sala superiore)Il dipinto fu donato da Tintoretto alla confraternita di San Rocco, della quale era membro, e fu collocato nello scomparto centrale del soffitto della sala al piano nobile. A seguito dell’entusiasmo suscitato dall’opera, il pittore ottenne nel 1577 l’autorizzazione a dipingere le altre tele del soffitto, delle pareti e la pala dell’altare maggiore. La composizione è costruita sulle due diagonali maggiori: in basso trova spazio il groviglio dei serpenti e delle figure umane in lotta disperata, mentre in alto appare tra le schiere angeliche l’Eterno. Un accentuato respiro epico caratterizza la composizione che trova nel Giudizio Universale di Michelangelo un modello indubbio. Le figure sono colte nello spasimo della sofferenza, nei gesti di una lotta disperata, nell’impeto del volo; profondi contrasti di luci e ombre e l’uso di una tavolozza fredda acuiscono il senso di calamità cosmica.
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Ultima cena
1578-1581
olio su tela; 538 x 487
Venezia, Scuola grande di San Rocco, Sala superioreTintoretto si cimentò nella trattazione di questo soggetto svariate volte, dagli esordi giovanili all’estrema maturità. In questa tela compare in primo piano il motivo dei due poveri ai quali è stato donato il cibo, disposti come quinte sceniche ai margini di un vasto ambiente occupato da una tavola obliqua. Cristo istituisce l’eucarestia e annuncia il tradimento, provocando una vivace reazione da parte degli apostoli. Sul fondo gli inservienti sono impegnati nei lavori domestici. Un continuo alternarsi di toni, la molteplicità di motivi e dettagli arricchiscono il racconto, suggerendo diversi stati d’animo. Una luce tremolante e instabile colpisce tanto le superfici piane quanto le stoffe degli abiti e gli oggetti d’utensileria.
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Francesco II alla battaglia del Taro
1578-1579
olio su tela ; 269 x 421
Monaco, Alte PinakothekLa tela fa parte di una serie di otto dipinti, noti con il titolo di Fasti gonzagheschi, commissionati in due riprese a Tintoretto dal duca Guglielmo Gonzaga per il palazzo Ducale di Mantova, con l’intento di celebrare episodi salienti della storia della famiglia e gloriose imprese dei suoi membri. Il pittore propone qui il momento centrale della battaglia, quando il capo dell’esercito, con gesto autoritario, ordina l’ultimo assalto alle truppe nemiche. Nel dipinto, caratterizzato da un punto di vista ravvicinato e da un’ampia apertura panoramica, torna a manifestarsi la navigata abilità del maestro nel dominare i grandi spazi.
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Adorazione dei pastori
1578-1581
olio su tela; 542 x 455
Venezia, Scuola grande di San Rocco (sala superiore)Superbo nella messa in scena degli eventi drammatici, Tintoretto diede rimarchevoli prove di abilità anche nell’ideazione di scene dal tono elegiaco o pastorale. E’ il caso di questo dipinto: una scena organizzata su due piani, all’interno di un fienile animato dalla presenza di vivaci personaggi e umili oggetti, illuminati da una luce sovrannaturale che penetra dal tetto aperto. L’artista non antepone la rappresentazione della Sacra famiglia, collocata nella parte alta, a quella del mondo contadino. L’attenzione per l’aspetto quotidiano e la “verità” di alcuni dettagli contribuirono al successo della pittura sacra di Tintoretto anche in periodo di Controriforma.
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Autoritratto
1588 circa
olio su tela; 61 x 51
Parigi, LouvreSi tratta dell’ultimo autoritratto dell’artista. Tintoretto, tralasciando la rappresentazione degli strumenti del mestiere, si ritrae frontalmente, soltanto come un vecchio uomo. Del viso, contornato da una bianca barba in disordine, colpisce soprattutto l’espressione degli occhi, dimessa e triste. Il Ridolfi riferisce che il pittore, dopo la consegna del Paradiso, l’immensa tela per la sala del Maggior Consiglio di palazzo Ducale, si allontanò dall’attività sfrenata, «dandosi alla contemplazione delle cose celesti». Il dipinto piacque a Manet che nel 1854 ne fece una copia, oggi al Musée des Beaux-Arts di Digione.