Beato Angelico : biografia
Nel 1417 compare come pittore nella compagnia di San Niccolò al Carmine a Firenze e l’anno dopo viene pagato dai capitani di Orsanmichele per una tavola per la chiesa di Santo Stefano. A quest’epoca risale, con il nome di fra’ Giovanni, la sua entrata nel convento di San Domenico a Fiesole. Le prime opere sono il Trittico di san Pietro martire (1420-1425 circa) e la cosiddetta Pala di Fiesole (in origine un trittico), eseguite nel segno di Lorenzo Monaco e Gentile da Fabriano, celebri esponenti della pittura tardogotica. Il forte impatto dell’opera di Masaccio inserisce nelle immagini semplici e preziose dell’Angelico un inedito interesse per l’impianto prospettico, in particolare nelle architetture e negli sfondi. La nuova stagione si inaugura con il Giudizio universale per Santa Maria degli Angeli del 1431. Due anni dopo riceve la commissione per la parte pittorica del Tabernacolo dei Linaioli. Seguono alcuni tra i suoi capolavori: l’Annunciazione di Cortona, l’Incoronazione della Vergine del Louvre (1434-1435), la Pala di Annalena (1436 circa), la Deposizione dalla croce (1440 circa) per la sacrestia di Santa Trinita. Dal 1438 inizia a lavorare nel convento di San Marco, prima con la Madonna e santi per l’altare maggiore, poi con il ciclo evangelico riservato agli ambienti monastici. In particolare negli affreschi riservati alle celle dei religiosi il linguaggio si fa sobrio ed essenziale e il colorismo brillante sfuma in toni smorzati. L’impegno si protrae oltre il 1450, ma nel 1446 è chiamato a Roma e decora la cappella Niccolina in Vaticano con le celebri Storie di san Lorenzo e santo Stefano (1447-1450). Tra le ultime opere, prima del secondo soggiorno romano iniziato nel 1453 e protrattosi fino alla morte, realizza la Pala di Bosco ai Frati e le Storie di Cristo per l’Armadio degli argenti della Santissima Annunziata.
Beato Angelico : le opere
Pala di San Domenico
1420 circaNata come trittico, ricco di pilastri decorati, predella e cuspidi, la monumentale opera fu eseguita per l’altar maggiore della chiesa di San Domenico a Fiesole, ma nel 1501 fu trasformata in pala d’altare da Lorenzo di Credi. Questi sostituì all’oro del fondo un’ambientazione paesistica e architettonica, più consona al gusto dell’epoca. Unica opera dell’Angelico che abbia mantenuto la sua collocazione originaria, fu eseguita probabilmente all’inizio del terzo decennio del secolo. Al centro, la Vergine porge a Gesù bambino una rosa rossa, simbolo della Passione e una bianca, simbolo di purezza. Ai lati, accanto ai più importanti santi dell’ordine domenicano, Domenico, Pietro martire e Tommaso D’Aquino, appare san Barnaba, allusivo al patronato del nobile fiorentino Barnaba degli Agli che, nel suo testamento del 1419, aveva disposto i lavori di ingrandimento e restauro della chiesa fiesolana.
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Trittico di San Pietro Martire
1424-1425
tempera su tavola; 137 x 168
Firenze, Museo di San MarcoIl trittico fu eseguito per le monache di San Pietro Martire, e costituisce il più antico incarico dell’Angelico legato alla committenza domenicana. All’interno della concezione ancora gotica del polittico cuspidato, egli sperimenta più linguaggi, dimostrando nella resa volumetrica dei santi e nel loro scalare nello spazio, una particolare attenzione per la coeva cultura prospettica. La massiccia figura della Vergine rammenta inoltre da vicino quella della Sant’Anna Metterza di Masaccio, mentre a un’atmosfera “internazionale” rimandano l’Annunciazione e l’Eterno dei timpani e le storie della vita di san Pietro martire, dipinte nella parte superiore, in una tavola applicata alla cornice.Pala di Annalena
1430 circaIl nome dell’opera deriva dal luogo in cui era in origine collocata la tavola, nel convento fiorentino di San Vincenzo d’Annalena, oggi distrutto, fondato da Annalena Malatesta. Oltre all’ancona principale, in cui appare la Vergine in trono con il bambino circondata da san Pietro martire, i santi Cosma e Damiano, san Giovanni Evangelista, san Lorenzo e san Francesco, alla pala appartenevano sei tavolette con storie dei santi Cosma e Damiano, più altre parti, oggi disperse in varie collezioni. Il convento di Annalena non era però il luogo per il quale la tavola fu eseguita, in quanto fu fondato solo nel 1453, e la presenza dei santi Cosma e Damiano, protettori dei Medici, ha fatto ipotizzare una committenza legata all’importante famiglia, per la cappella del transetto di San Lorenzo. In tal modo la datazione dell’opera potrebbe essere retrocessa al 1430, prima del rientro di Cosimo dall’esilio. La precoce datazione del dipinto mette dunque in rilievo la partecipazione fondamentale dell’Angelico nell’ideazione del genere della “sacra conversazione” iscritto nella sagoma rettangolare di uno spazio a prospettiva unificata.
Pala di Santa Trinita
1432 circaLa Deposizione fu eseguita per la nuova sacrestia che la famiglia Strozzi aveva fatto costruire, a lato della chiesa di Santa Trinita, come propria cappella gentilizia tra il 1418 e il 1423. Palla Strozzi, l’esponente di maggior rilievo della famiglia, e tra gli uomini più influenti di Firenze, aveva commissionato per la stessa cappella anche l’opera più famosa dell’epoca, l’Adorazione dei magi di Gentile da Fabriano, cui l’Angelico guardò per la composizione della sua pala. Commissionata in origine a Lorenzo Monaco, cui spettano la decorazione delle cuspidi (Noli me tangere, Resurrezione, Pie donne al sepolcro) e la predella con storie di san Nicola e sant’Onofrio (Firenze, Gallerie dell’Accademia), la pala fu in seguito affidata all’Angelico, che seppe adattare perfettamente la sua scena unica allo spazio tripartito della cornice. Alla scena piramidale centrale, il pittore affianca i due gruppi laterali, cui fanno da sfondo due ampi paesaggi, una città a sinistra e un paesaggio collinare a destra. Nella figura con cappuccio nero è stato individuato il ritratto di Michelozzo.
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Pala di Sant’Egidio
1432 circa
tempera su tavola; 112 x 114
Firenze, UffiziLa pala fu eseguita per la chiesa fiorentina di Sant’Egidio, presso l’ospedale di Santa Maria Nuova. L’Angelico aveva già affrontato il tema dell’Incoronazione della Vergine, nelle due tavole oggi al Museo di San Marco e al Louvre, dove l’ambientazione manteneva un tono più “terreno”, con la presenza delle scale e del trono. Qui la scena miracolosa viene ripresa e condotta a soluzioni del tutto innovative, in cui Cristo e la Vergine appaiono fluttuanti su un cuscino di nubi, sullo sfondo di un luminoso fondo oro. Su questo risaltano le vesti colorate dei beati e degli angeli, che si dispongono a cerchio intorno al gruppo divino.
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Tabernacolo dei Linaioli
1433
tempera su tavola; Madonna col Bambino 233 x 133; Angeli musici, cornice curvilinea 1.20 cm; sportelli 292 x 88 ognuno; Predella 39 x 56 ognuna delle tre scene
Firenze, Museo di San MarcoIl tabernacolo fu commissionato all’Angelico nel 1433 dall’arte dei Linaioli di Firenze, per la loro sede nei pressi del Mercato vecchio, demolito nell’Ottocento. L’opera doveva sostiuire un precedente affresco duecentesco dallo stesso soggetto. Le grandi dimensioni del tabernacolo evocano le forme di una porta monumetale, il cui disegno classicheggiante si deve al Ghiberti, mentre la cornice fu intagliata da Jacopo di Bartolomeo da Settignano e Simone di Nanni di Fiesole. La Vergine e il bambino sono circondati da broccati e tendaggi dorati, che oltre a conferire preziosità all’opera, riflettono una luce vibrante sulle figure. Sulle facce interne degli sportelli appaiono san Giovanni Battista, patrono della città di Firenze, e san Giovanni evangelista, mentre in quelle esterne appaiono san Marco, santo protettore dei Linaioli, e san Pietro.
Compianto sul Cristo morto
1436-1440La pala fu commissionata il 13 aprile 1436 per l’altare della compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio a Firenze, confraternita caritatevole incaricata dell’assistenza ai condannati a morte, su commissione di fra Sebastiano di Jacopo di Rosso Benintendi. Questi era nipote della beata Villana delle Botti, la donna in abiti neri che appare tra i dolenti sulla destra, accanto a santa Caterina d’Alessandria. L’opera ha subito la perdita di una zona piuttosto ampia in basso, ma appare comunque in buone condizioni. La scena è ambientata all’esterno di una cinta muraria, fortemente accesa dalla luce.
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Trasfigurazione
1438-1440
affresco; 193 x 164
Firenze, Museo di San Marco, convento, cella 6L’affresco fa parte della vasta decorazione che l’Angelico eseguì nel convento domenicano di san Marco, riconsacrato nel 1443. I domenicani fiorentini, rientrati dall’esilio nel 1418, erano finalmente riusciti nel 1436 a riottenere il convento, che era stato affidato ai silvestrini, e che dal 1439 al 1444 fu ristrutturato, insieme alla chiesa, da Michelozzo di Bartolomeo Michelozzi. Egli conferì forme rinascimentali all’edificio, la cui decorazione fu affidata all’Angelico, che vi attese dal 1438 al 1446. Scopo degli affreschi del convento era quello di indurre nei monaci uno stato di contemplazione, ottenuto con parsimonia prospettica, immediatezza compositiva e rigore formale. La Trasfigurazione è forse tra le prime opere eseguite nel convento, in cui la critica è concorda nel rilevare l’impronta michelozziana nella monumentale figura di Cristo.
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Annunciazione
1440 circa
affresco; 230 x 321
Firenze, Museo di san Marco, convento, corridoio nord delle celle.L’affresco fa parte della vasta decorazione che l’Angelico eseguì nel convento domenicano di san Marco, riconsacrato nel 1443. I domenicani fiorentini, rientrati dall’esilio nel 1418, erano finalmente riusciti nel 1436 a riottenere il convento, che era stato affidato ai silvestrini, e che dal 1439 al 1444 fu ristrutturato, insieme alla chiesa, da Michelozzo di Bartolomeo Michelozzi. Egli conferì forme rinascimentali all’edificio, la cui decorazione fu affidata all’Angelico, che vi attese dal 1438 al 1446. Scopo degli affreschi del convento era quello di indurre nei monaci uno stato di contemplazione, ottenuto con parsimonia prospettica, immediatezza compositiva e rigore formale. Queste caratteristiche sono particolarmente riscontrabili nell’Annunciazione del corridoio settentrionale, considerata una delle opere più alte dell’Angelico.
IconografiaTrittico di Perugia
1447 (?)La grande pala d’altare, costituita da tre registri principali e dalla predella, suddivisa in tre riquadri, fu smembrata nel secolo scorso. A parte due tavolette della predella con scene della vita di san Nicola, oggi alla Pinacotaca vaticana, la maggior parte degli elementi della pala sono oggi conservati a Perugia (Galleria nazionale dell’Umbria). L’opera fu eseguita per la cappella di San Niccolò nella chiesa di San Domenico del capoluogo umbro, posta sotto il patronato della famiglia del vescovo Guidalotti, probabile committente. La critica ha a lungo datato l’opera al 1437, secondo la testimonianza riportata in una cronaca di padre Bottanio, ma il fatto che il san Nicola della tavola maggiore sia raffigurato senza mitra e senza barba, potrebbe nascondere un cripto-ritratto di Niccolò V, elevato al soglio pontificio il 6 marzo 1447. La datazione più avanzata giustificherebbe inoltre la tarda influenza dell’Angelico sulla pittura umbra, percepibile solo intorno alla metà del secolo.
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Armadio degli argenti
1450-1452
tempera su tavola; ciascun riquadro 35,5 x 37 x all panels 35.5 x 37
Firenze, Museo di san MarcoL’impegnativa opera, che comprendeva ben quaranta riquadri con episodi evangelici, fu eseguita dall’Angelico nel periodo precedente l’ultimo soggiorno romano del 1453. L’Armadio degli argenti, oggi conservato nel Museo di San Marco, fu eseguito per la chiesa fiorentina della Santissima Annunziata per volere di Piero, figlio di Cosimo il vecchio. Il prezioso mobile doveva conservare al suo interno i calici e gli altri oggetti d’argento che i fedeli avevano donato all’immagine miracolosa della Vergine conservata nella chiesa, per le grazie ricevute. Oggi si conservano 32 riquadri, suddivisi in tre pannelli, rispettivamente di nove, dodici e undici episodi. Ogni scena reca nella parte superiore una profezia del Vecchio Testamento, e, nella parte inferiore, una sentenza evangelica che ne attesta l’adempimento. Solo nove scene sono riconducibili con certezza alla mano dell’Angelico, mentre le restanti, di buon livello, furono eseguite su disegni del maestro.
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Pala di Bosco ai frati
Post 1450
tempera su tavola; 200 x 174; predella 26x 174
Firenze, Museo di San MarcoL’opera fu eseguita per il convento francescano di San Bonaventura al Bosco ai Frati in Mugello, nei pressi di Cafaggiolo, la cui chiesa era stata rinnovata da Michelozzo nel 1438 per volere di Cosimo de’ Medici, e infatti nella tavola appaiono Cosma e Damiano, i santi medici protettori della famiglia fiorentina. La datazione di poco successiva al 1450, condivisa dalla maggior parte degli studiosi, sembra confermata dalla vicinanza stilistica con gli affreschi della Cappella Niccolina in Vaticano, in particolare nella preminenza accordata allo sfondo architettonico, che ben si accorda con la solennità delle posture dei santi. La datazione sarebbe inoltre confermata dalla presenza nella predella di san Bernardino, canonizzato proprio nel 1450.