Art e Dossier

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Art History

Duccio di Buoninsegna: biografia

Intorno al 1255 si può fissare la data di nascita di Duccio, figlio di Buoninsegna, in base alle più antiche notizie documentarie riguardanti la sua attività al servizio del Comune di Siena e risalenti al 1278. La fonte più attendibile su colui che sarà l’iniziatore della grande tradizione pittorica senese sono i Commentarii di Lorenzo Ghiberti, mentre Vasari riferisce molti equivoci sulle sue opere e sulla sua biografia. Le sue opere giovanili sono perdute, ossia quelle prodotte dal 1279 fino al 1285, anno in cui è documentata la committenza della Madonna Rucellai (oggi agli Uffizi) da parte della compagnia dei Laudesi di Santa Maria Novella a Firenze. Anteriori, pertanto, alla documentata attività fiorentina del 1285 potrebbero essere alcuni dipinti di convincente attribuzione: il Crocifisso Odescalchi, già a Bracciano, la Madonna Gualino della Galleria sabauda di Torino e la piccola Madonna di Crevole del Museo dell’Opera del duomo di Siena, tutte opere che rivelano forti somiglianze stilistiche e affinità iconografiche con le opere del fiorentino Cimabue. Certamente il legame di Duccio con Cimabue e con la sua bottega lo aiutò a introdursi nell’ambiente delle committenze di Firenze in un momento in cui i rapporti politici con Siena non erano buoni. Rispetto al capolavoro della Madonna Rucellai, la piccola e mirabile Madonna dei francescani della Pinacoteca nazionale di Siena appare di poco più antica e ancora cimabuesca. Quando, dopo il soggiorno fiorentino del 1285, Duccio fece ritorno a Siena la sua personalità artistica risultava già definita e autonoma, frutto di una sintesi fra tradizione bizantina e rinnovamento gotico. Nel 1287 il Comune di Siena decise la commissione di una vetrata circolare con Storie della Vergine per l’abside del duomo: il responsabile dei cartoni fu certamente Duccio, anche se i documenti non specificano il nome dell’artista. Nelle opere successive - come la Madonna di Perugia, il trittico portatile della National Gallery di Londra, il piccolo trittico delle collezioni della regina d’Inghilterra e la Madonna Stoclet -, cominciano a manifestarsi alcuni cambiamenti stilistici che culmineranno poi nella Maestà per l’altare maggiore del duomo di Siena e che saranno determinanti per tutta la pittura senese successiva: la regolarizzazione delle figure, la concezione squillante e preziosa del colore, la fluidità grafica di origine gotica, che allontanerà del tutto la stilizzazione astrattiva di carattere duecentesco delle opere precedenti. Negli anni 1308-1311 si situa, dunque, l’esecuzione dell’opera più famosa di Duccio: la grande pala d’altare dipinta su due facce (e munita in origine di predelle e coronamenti) per l’altare maggiore del duomo di Siena, con la Maestà circondata da schiere angeliche e santi (tra cui i quattro protettori di Siena) nella parte anteriore e ventisei episodi delle Storie della Passione di Cristo sul retro. Si tratta di una delle più importanti imprese artistiche di tutti i tempi, sentita anche all’epoca come un evento di grande intensità artistica e devozionale, visti l’altissimo pagamento ricevuto dall’artista e l’entusiasmante accoglienza pubblica descritta dai cronisti, i quali raccontano dell’ingresso in duomo della tavola dipinta accompagnata (il 9 giugno del 1311) da una processione di tutti i cittadini e da musicanti pagati dal Comune. Quest’opera di straordinaria bellezza venne rimossa dal duomo nel 1505 e smembrata nel 1771, per cui molte delle piccole storie si dispersero mentre altre si trovano sparse nei musei di tutto il mondo; la pala è ora conservata al Museo dell’Opera del duomo. Appartiene agli ultimi anni di attività dell’artista il Polittico 47, conservato fino ai primi del Novecento presso la chiesa dell’ospedale di Santa Maria della Scala e oggi alla pinacoteca senese e un affresco con la Conquista del castellodi Giuncarico (avvenuta il 29 marzo 1314) nella sala del Mappamondo del Palazzo pubblico di Siena. Intanto in quella stessa sala il giovane allievo di Duccio Simone Martini dipingeva contemporaneamente la prestigiosa Maestà, compiuta l’anno seguente. L’attività di Duccio, il quale morì probabilmente nell’estate del 1319, si concluse con un’altra Maestà (su due facce, parzialmente conservata) dipinta intorno al 1316 per il duomo di Massa Marittima. L’insegnamento di Duccio segnerà profondamente la pittura senese del Trecento, in particolare quella della prima metà del secolo.

 

Le opere