Benozzo Gozzoli: biografia
Benozzo di Lese nacque a Firenze verso il 1420. Il nomignolo “Gozzoli” gli fu attribuito da Giorgio Vasari senza alcuna esplicita giustificazione. Vasari lo descrive come un lavoratore indefesso, pieno di buona volontà, anche se non di grandissimo talento. Certo è che Benozzo nasceva dalla costola di quella Firenze artigiana e solerte che aveva fatto della bottega il suo punto di forza. E infatti, dal 1444 al 1446, lo troviamo a bottega da Lorenzo Ghiberti che lavorava alla seconda porta del battistero. Da quell’esperienza gli dovette derivare il gusto per il particolare minuzioso, per il segno netto da incisore, da orafo. Tuttavia, la figura di artista che più influì sulla pittura di Benozzo fu quella del Beato Angelico, con il quale aveva collaborato, sembra, fin dal tempo degli affreschi nel convento di San Marco (1436-1443). Di sicuro seguì l’Angelico nei suoi spostamenti a Roma e a Orvieto nel 1447. Fondamentali per la sua formazione furono inoltre Domenico Veneziano, Filippo Lippi, e poi Andrea del Castagno e il Pesellino. La sua prima opera certa – perché firmata e datata “Benotii [...] Florentia [...] CCCCL” – è una Madonna in trono col Bambino (1450) affrescata nella chiesa di San Fortunato a Montefalco, vicino Spoleto dove, d’altra parte, Benozzo lavorò molto, affrescando pure la chiesa di San Francesco, i cui angeli anticipano la particolare iconografia di quelli della cappella medicea di Firenze. L’impresa voluta dai Medici, condotta fra il 1459 e il 1463, costituisce certo la sua opera più alta; oltretutto, ce ne ha tramandato anche l’autoritratto nella figura con berretto rosso su cui si può leggere “opus Benotii”. Oltre a due pale d’altare (Roma, Musei vaticani; Londra, National Gallery), di Benozzo ci sono pervenuti il San Sebastiano della collegiata di San Gimignano e alcuni affreschi nella chiesa di Sant’Agostino in quella stessa città. Dal 1468 al 1484 Benozzo dipinse nel camposanto di Pisa le Storie del vecchio Testamento, definite dal Vasari “terribilissime”. Giunto così all’apice della notorietà, morì a Pistoia nel 1497, contagiato dalla peste.
Benozzo Gozzoli: le opere
Ratto di Elena
1437-1439 circaIl pannello ottagonale doveva decorare in origine un forziere nuziale destinato a un anonimo committente. Il linguaggio fiabesco e i diversi influssi stilistici riscontrabili nella tavola collocano il dipinto a una data ancora vicina agli anni della formazione, che, secondo il Vasari, avvenne presso l’Angelico, ma che la critica più recente indica in una delle botteghe fiorentine di inizio secolo che si affacciavano sul corso degli Adimari. Il mitico episodio del rapimento della bella moglie di Menelao, Elena, da parte del principe troiano Paride, tradizionalmente ambientato in un paesaggio portuale, è qui reso in perfetto stile “cortese”, in cui i personaggi della mitologia greca appaiono abbigliati secondo la moda contemporanea. Il fanciullo che corre in primo piano con lo sguardo rivolto verso lo spettatore è esemplato sui putti danzanti scolpiti nella seconda cantoria del duomo di Firenze, realizzata tra il 1433 e il 1439.
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San Fortunato
1450
affresco; 200 x 110
Montefalco, convento di San Fortunato, chiesaGli affreschi di San Fortunato a Montefalco costituiscono il primo incarico di un certo rilievo singolarmente affrontato dal Gozzoli, dopo un periodo di intensa collaborazione con l’Angelico. Nel convento umbro, il pittore fu attivo con una sua bottega, tra cui è ricordato Giovanni di Mugello, nipote di Beato Angelico. Gli affreschi furono commissionati al Gozzoli nel 1450 da Frate Antonio, generale dell’Osservanza dei frati minori della Provincia. L’affresco con San Fortunato, oggi collocato nell’altare della chiesa, mostra il santo in trono, circondato da due angeli, oggi frammentari. L’immagine si distingue per la caratterizzata resa della fisionomia del santo e per la spiccata solidità e monumentalità della figura.
IconografiaMadonna in trono e angelo
1450Gli affreschi di San Fortunato a Montefalco costituiscono il primo incarico di un certo rilievo singolarmente affrontato dal Gozzoli, dopo un periodo di intensa collaborazione con l’Angelico. Nel convento umbro, il pittore fu attivo con una sua bottega tra cui è ricordato Giovanni di Mugello, nipote di Beato Angelico. Gli affreschi furono commissionati al Gozzoli nel 1450 da Frate Antonio, generale dell’Osservanza dei frati minori della Provincia. La Madonna in trono col Bambino e un angelo musicante si trova sulla parete destra del convento, dov’è sopravvissuta agli interventi seicenteschi di ammodernamento. L’immagine appare tagliata sulla destra della Vergine, dove appariva un altro angelo. All’interno di un’elaborata cornice a racemi e testine in finto marmo, la solida figura della Madonna siede composta in una nicchia lavorata a valva di conchiglia, vestita del manto azzurro foderato d’ermellino.
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Nascita e giovinezza San Francesco
1452
affresco
Montefalco, San Francesco, cappella maggioreGli affreschi del coro di San Francesco a Montefalco costituiscono la prima opera monumentale del Gozzoli. Dedicati alla vita di san Francesco d’Assisi, secondo la Legenda Major di Bonaventura, i dipinti furono commissionati al pittore da «FRATER IACOBUS DE MONTEFALCONE ORDINIS MINORU[M]», come si legge nell’iscrizione in caratteri latini presente nel ciclo. Le scene raffigurate intendono esaltare la figura di Francesco come “alter Christus”, e non seguono un andamento cronologico, bensì tematico e devozionale. Lo stesso episodio della nascita del santo è ambientato in una stalla, alla presenza di un bue e di un asino.
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Istituzione del presepe a Greccio
1452
affresco
Montefalco, San Francesco, cappella maggioreGli affreschi del coro di San Francesco a Montefalco costituiscono la prima opera monumentale del Gozzoli. Dedicati alla vita di san Francesco d’Assisi, secondo la Legenda Major di Bonaventura, i dipinti furono commissionati al pittore da «FRATER IACOBUS DE MONTEFALCONE ORDINIS MINORU[M]», come si legge nell’iscrizione in caratteri latini presente nel ciclo. Le scene raffigurate intendono esaltare la figura di Francesco come “alter Christus”, e non seguono un andamento cronologico, bensì tematico e devozionale. La scena con l’Istituzione del presepe di Greccio è tra le più complesse del ciclo, dal punto di vista dell’ambientazione architettonica e della resa prospettica. Secondo la tradizione, Francesco, con il permesso del papa, ricostruì la scena della natività di Gesù in una grotta presso Greccio, con animali e persone vere. Qui la scena è invece ambientata in un’ampia chiesa, che permette a Benozzo di mettere in mostra le proprie capacità prospettiche.
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San Francesco predica agli uccelli e benedice Montefalco
1452
affresco
Montefalco, San Francesco, cappella maggioreGli affreschi del coro di San Francesco a Montefalco costituiscono la prima opera monumentale del Gozzoli. Dedicati alla vita di san Francesco d’Assisi, secondo la Legenda Major di Bonaventura, i dipinti furono commissionati al pittore da «FRATER IACOBUS DE MONTEFALCONE ORDINIS MINORU[M]», come si legge nell’iscrizione in caratteri latini presente nel ciclo. Le scene raffigurate intendono esaltare la figura di Francesco come “alter Christus”, e non seguono un andamento cronologico, bensì tematico e devozionale. Nella scena della predica agli uccelli, ambientata nella campagna attorno a Montefalco, che appare sulla destra, è ritratto in ginocchio lo stesso frate Jacopo che fu, probabilmente, l’ispiratore dell’intero ciclo. La sua identificazione è stata possibile mediante il confronto con la tavola con la Madonna con il bambino tra san Francesco e san Bernardino (Vienna, Kunsthistorisches), in cui appare lo stesso frate Jacopo come donatore, presentato da san Francesco.
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Pala della Purificazione
1461
tempera su tavola; 158 x 171
Londra, National GalleryLa tavola costituiva la parte centrale della tavola d’altare della Compagnia della Purificazione e di San Zenobi, la cui sede originaria era il convento di San Marco a Firenze. La tavola fu commissionata nel 1461 e, secondo il contratto, Benozzo doveva attenersi, per l’iconografia della parte centrale del dipinto, alla tavola di Beato Angelico sull’altare maggiore della chiesa di San Marco. La vicinanza tra le due opere è, in realtà, piuttosto generica, tranne che per la presenza del paesaggio oltre il muro di sfondo. A sinistra della Maestà sono collocati Giovanni Battista e Zanobi, a destra Pietro e Domenico; in primo piano, inginocchiati, sono i santi Gerolamo e Francesco. Smembrata e venduta in seguito alle soppressioni, la pala comprendeva cinque scomparti della predella, oggi dispersi in vari musei (Berlino, Washington, Filadelfia, Londra, Milano), mentre nella Galleria dell’Accademia di Firenze sono conservate tre figurine di santi su fondo oro (Bartolomeo, Giovanni Battista e Jacopo) che decoravano il pilastrino destro dell’originale cornice della tavola.
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Battesimo di sant’Agostino
1464-1465
affresco
San Gimignano, Sant’Agostino, coroGozzoli eseguì gli affreschi dedicati a Sant’Agostino tra l’inizio del 1464 e il 1465. Il ciclo si snoda su tre ordini sovrapposti e richiede una lettura in senso orizzontale partendo dalla sinistra in basso e procedendo verso destra ed è inquadrato da pilastri che reggono una trabeazione, fingendo un loggiato, oltre il quale si svolge la narrazione, secondo un’idea che Benozzo aveva già adottato nelle Storie di santa Rosa a Viterbo. Il ciclo è l’unico insieme di affreschi dedicati in Toscana alla vita del santo nel Quattrocento, e insiste sull’immagine di Agostino come studioso e insegnante, secondo le idee portate avanti dagli Osservanti. Il Battesimo di sant’Agostino fu eseguito in soli tre giorni, come si evince dall’analisi delle “giornate”, e, per l’intero ciclo, Benozzo si avvalse della collaborazione di Giusto d’Andrea, Giovanni di Mugello e, probabilmente, Pier Francesco Fiorentino.
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Sant’Agostino che legge
1464-1465
affresco
San Gimignano, Sant’Agostino, coroGozzoli eseguì gli affreschi dedicati a sant’Agostino tra l’inizio del 1464 e il 1465. Il ciclo si snoda su tre ordini sovrapposti e richiede una lettura in senso orizzontale partendo dalla sinistra in basso e procedendo verso destra ed è inquadrato da pilastri che reggono una trabeazione, fingendo un loggiato, oltre il quale si svolge la narrazione, secondo un’idea che Benozzo aveva già adottato nelle Storie di santa Rosa a Viterbo. Il ciclo è l’unico insieme di affreschi dedicati in Toscana alla vita del santo nel Quattrocento, e insiste sull’immagine di Agostino come studioso e insegnante, secondo le idee portate avanti dagli Osservanti.
IconografiaMatrimonio mistico di santa Caterina
1466Sul trono della Vergine appare un’iscrizione che riporta la data e la firma del pittore: «OPUS BENOTII DE FLORENTIA MCCCCLXVI». Opera di grande finezza ed eleganza decorativa, la tavola testimonia il perdurare dei rapporti lavorativi di Benozzo con l’Umbria, a distanza di più di dieci anni dalla sua partenza. Il dipinto, che fu eseguito durante il soggiorno del pittore a San Gimignano, si trovava infatti nella chiesa francescana osservante di santa Maria dell’Oro, presso Terni, nella cappella Rustici, una delle famiglie più influenti della città. Considerata un’opera largamente autografa, la tavola è una delle opere più riuscite di Benozzo, che dimostra una grande attenzione nella resa dei particolari e nella gradazione cromatica.
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Madonna dell’Umiltà
1466
tempera su tavola; 137 x 138
San Gimignano, Museo CivicoL’opera, nota anche con il nome di Pala di sant’Andrea, conserva ancora la sua classicheggiante cornice originale e reca in due diverse iscrizioni la data, la firma del pittore e il nome del committente, Girolamo de’ Niccolai. Rinvenuta dal Milanesi nel 1841, la tavola è una delle tre Madonne dipinte da Benozzo e i suoi assistenti nel 1466, ed era originariamente collocata sull’altare dedicato alla Vergine nella chiesetta di Sant’Andrea, nei pressi di San Gimignano. A differenza delle Madonna dipinte da Benozzo nello stesso periodo, la Vergine non è qui seduta in trono, mentre la scena dell’Annunciazione appare sul mantello di san Prospero. Gli angeli indossano inoltre l’abito diaconale e recano cesti di rose bianche e rosse, consueti attributi mariani.
San Sebastiano
1466Dal 1464 al 1467 Benozzo fu attivo a San Gimignano, chiamato per decorare il coro della chiesa di Sant’Agostino dal teologo fra’ Domenico Stramboli. L’affresco con il San Sebastiano fu commissionato nel 1464 e l’iscrizione al di sopra della fascia decorativa in basso reca la data d’esecuzione, il 17 gennaio 1465, e la firma del pittore. La scena sostituì un precedente dipinto raffigurante l’Annunciazione, eseguito da Ventura di Moro, e si collega simbolicamente al Sant’Agostino intercessore della chiesa dedicata allo stesso santo. La raffigurazione del san Sebastiano, uno dei santi contra-pestem per eccellenza, si lega alla cessazione di una grave epidemia diffusasi a San Gimignano nell’estate del 1464 e va intesa dunque come ex-voto. Il santo, verso cui due schiere di arcieri lanciano frecce, simboli della pestilenza, appare sereno, al centro della composizione, mentre nella parte superiore assistono alla Scena Gesù e Maria.
Iconografia