Pieter Paul Rubens: biografia
Dopo aver svolto studi umanistici si indirizza alla pittura e frequenta ad Anversa le botteghe di artisti fiamminghi influenzati dall’arte fiorentina e romana. Iscritto alla gilda di Anversa dal 1598, due anni dopo compie un viaggio in Italia, momento di aggiornamento usuale per i pittori d’oltralpe. Si reca a Venezia, dove studia Tiziano, Veronese, Tintoretto, e apprende il gusto per la pennellata vigorosa e le tonalità calde del colore. Entra al servizio di Vincenzo Gonzaga come pittore di corte: per il duca di Mantova realizza negli anni successivi numerose opere, ritratti e copie dei maggiori artisti italiani. Dal 1601 è a Roma dove ottiene la prima commissione pubblica: le tre pale di altare per la cappella di Sant’Elena in Santa Croce in Gerusalemme. Nel 1603 i Gonzaga lo inviano in Spagna alla corte di Filippo II in missione diplomatica, sfruttata anche per conoscere e copiare i dipinti di Tiziano. Tornato a Mantova esegue per il duca La famiglia Gonzaga in adorazione della Trinità; nel 1605 fa tappa a Genova per poi recarsi a Roma dove dipinge la Circoncisione e la pala per Santa Maria in Vallicella. Tornato nelle Fiandre nel 1608, viene nominato pittore di corte dei reggenti dei Paesi Bassi. Grazie alle sue emozionanti interpretazioni dei temi sacri, le sue opere vengono richieste in grande quantità anche dalla committenza religiosa: tra il 1609 e il 1612 dipinge quadri d’altare per la cattedrale di Anversa, città dove avvia una fiorente bottega. Dall’inizio degli anni Venti comincia a dipingere anche paesaggi; molto apprezzati ovunque sono anche i suoi ritratti e i dipinti di soggetto mitologico. Inviato in missioni diplomatiche nelle più importanti corti europee, tra il 1622 e il 1630 realizza per i reali di Francia due cicli di dipinti con le Storie di Maria de’ Medicie di Enrico IV. Rielaborando linguaggi artistici diversi, dai veneti a Michelangelo, all’antico, Rubens riesce a dare vita a una pittura di forte coinvolgimento e grande tensione emotiva.
Pieter Paul Rubens: le opere
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La Vergine e il bambino adorati dagli angeli (Madonna della Vallicella)
1608
Olio su lastre di ardesia; 475 x 250
Roma, Santa Maria in VallicellaSi tratta della seconda e definitiva versione della grande pala d’altare della chiesa romana degli Oratoriani, un testo fondamentale per i futuri sviluppi della pittura barocca romana. Il primo soggetto del dipinto, che doveva contenere al proprio interno l’antica icona miracolosa della Vergine, fu probabilmente suggerito al pittore da Flaminio Ricci, rettore della chiesa. Non essendo possibile celebrare Filippo Neri, non ancora canonizzato, viene scelto san Gregorio Magno, che, secondo la tradizione, aveva fondato la prima chiesa dedicata alla Vergine nella medesima area. La prima pala, terminata nel 1607, è rifiutata dai padri Oratoriani, e Rubens propone una seconda pala, da dipingere direttamente sul luogo, su lastre di ardesia. Nella pala principale, Rubens sceglie di dipingere solo la Vergine in gloria, circondata da cherubini e adorata dagli angeli a cui affiancò altre due composizioni con i santi, che occupano tutto il coro della chiesa.
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Giudizio di Paride
1609 circa
Olio su tavola; 133,9 x 174,5
Londra, National GalleryLa tela a soggetto mitologico fu probabilmente dipinta per il duca di Mantova, Vincenzo I Gonzaga, che Rubens conobbe durante il suo soggiorno a Venezia e che lo ingaggiò per la sua corte. Rubens risente nettamente dell’influsso del Vaenius (Otto van Veen), uno dei primi maestri olandesi del giovane pittore, anche se appaiono già significativi elementi che testimoniano il suo soggiorno italiano, desunti in particolare da Giulio Romano, Tintoretto e da Marcantonio Raimondi. La figura di Paride, il figlio di Priamo allevato come pastore che scelse Venere tra le tre divinità giunte al suo cospetto, ripete la posizione di uno dei personaggi della Vocazione di san Matteo di Caravaggio, artista che Rubens ammirò e copiò durante il suo soggiorno romano. L’ambientazione fluviale è sottolineata dalla presenza sulla sinistra della personificazione di un fiume accompagnata da una naiade; sulla sinistra compare Mercurio, e al centro le tre dee che si sottoposero al giudizio di Paride: Giunone, Venere e Minerva. La figura di Minerva, vista di spalle, è derivata da un disegno di Giunone eseguito da Jacopo Caraglio da un prototipo di Rosso Fiorentino, mentre il gesto di Paride verso Venere, che attraversa diagonalmente il dipinto, è derivato da un’incisione raffigurante Adamo ed Eva del 1579, intagliata da Jan Saedeler da Marten de Vos.
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Autoritratto con la moglie Isabella Brant
1609-1610 circa
Olio su tela; 174 x 132
Monaco, Alte PinakothekNell’autunno del 1608, Rubens lasciò Roma per far ritorno ad Anversa, dove divenne pittore di corte al servizio degli arciduchi Alberto e Isabella. Il 13 ottobre dello stesso anno, sposò la diciottenne Isabella Brant, figlia di Jan Brant, cancelliere della città e di Clara de Mooy. È a una data molto prossima a quella del matrimonio che va datato il doppio ritratto di Monaco, ambientato informalmente all’aperto. Il pittore tiene una mano sulla spada e porge la destra a Isabella, seduta ai suoi piedi.
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Sansone e Dalila
1609 circa
Olio su tavola; 185 x 205
Londra, National GalleryIl dipinto raffigurante Sansone e Dalila fu una delle prime opere eseguite da Rubens dopo il ritorno ad Anversa. Come si evince da un dipinto di Frans Francken il Giovane, che raffigura l’interno del salone dell’abitazione di Nicolas Rockox (Monaco, Schloss Schleissheim), le cui pareti sono ricoperte dalle opere pittoriche e statuarie della nota collezione Rockox, il dipinto di Rubens doveva occupare il posto d’onore, sopra il caminetto, dove poteva essere facilmente ammirato dagli illustri ospiti del padrone di casa. La storia biblica di Sansone e Dalila era un soggetto piuttosto frequentato nel XVII secolo. Qui il corpo possente di Sansone, memore di Michelangelo e dell’antico, si abbandona nel sonno sul ventre della bella Dalila, che non compie direttamente il gesto del taglio dei capelli dell’uomo. Sullo sfondo, in una nicchia, compare una statua di Venere con Cupido cieco, che sottolinea la morale della storia.
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Innalzamento della croce
1610 circa
bozzetto; 174 x 132
Parigi, Musée du LouvreSi tratta del bozzetto per l’importante trittico per l’altar maggiore per la chiesa di Santa Valpurga, la più antica chiesa parrocchiale di Anversa, oggi conservato nella Cattedrale della stessa città. Rubens ottenne la commissione grazie all’aiuto di Cornelis van der Geest, decano della gilda dei merciai dal 1609 al 1615, che fu uno dei maggiori sostenitori del pittore dopo il suo rientro in patria. La composizione del trittico, testimoniata anche nel bozzetto oggi al Louvre, si sviluppa in maniera unitaria, tanto nel pannello centrale che nelle ante laterali, e la soluzione di dare uno sviluppo orizzontale alla scena ricorda quelle adottate a Mantova per il Battesimo di Cristo e per la Trasfigurazione. Rubens non adottò più questo schema, tranne nel presente trittico e nel progetto non realizzato della Conversione di san Bavone (Londra, National Gallery). Il presente bozzetto, definito dallo stesso pittore «disegno colorito», dimostra il metodo di lavoro del Rubens a questa data, che fu in seguito abbandonato per lasciar posto agli schizzi, frutto di una tecnica mista, che divennero sempre più numerosi a partire dal 1615. Il tema, raro nella tradizione italiana, era già stato affrontato da Rubens per uno dei tre dipinti eseguiti per la chiesa romana di Santa Croce nel 1601-1602.
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Prometeo
1612 circa
Olio su tela; 243 x 209
Filadelfia, Philadelphia Museum of ArtUna delle collaborazioni più proficue di Rubens fu quella con il pittore Frans Snyders, specialista in raffigurazione di animali e in nature morte. In questo dipinto, Snijders eseguì la superba aquila, che, con le ali dispiegate, occupa tutta la parte destra della composizione. Questa appare tagliata diagonalmente e, al centro, Rubens dipinse la possente figura di Prometeo, chiaramente derivata da Tiziano. Prometeo, figlio del titano Giapeto, rubò il fuoco agli dei per donarlo all’umanità e fu per questo punito da Giove, che lo condannò a essere incatenato a una roccia dove un’aquila ogni giorno gli rodeva il fegato.
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Decio Mure racconta il suo sogno
1616
bozzetto su tela
Washington, National Gallery of ArtIl bozzetto, dipinto su tavola e in seguito trasferito su tela, fa parte di una serie di cartoni per arazzi commissionati all’artista da un mercante genovese, Franco Cattaneo. È la prima serie nota di cartoni realizzati da Rubens. Egli entrò in contatto diretto con il mondo degli arazzieri, fiorente in Francia e nelle Fiandre sin dalla fine del Medioevo, nel 1616. Il Cattaneo stipulò un contratto con gli arazzieri di Bruxelles Jan Raes e Frans Sweerts per una serie raffigurante la Storia del console Decio Mure. Secondo Bellori, se i modelli originali degli arazzi sono di Rubens, i cartoni furono in seguito eseguiti da Antoon van Dyck, allora attivo nel suo atelier.
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Cimone e Efigenia
1617-1618 circa
Olio su tela; 208 x 282
Vienna, Kunsthistoriches MuseumIl dipinto è frutto della collaborazione di Rubens con Snijders e Wildens. Fece probabilmente parte della raccolta del duca di Buckingham, che l’acquistò ad Anversa verso il 1626-1627, direttamente dall’artista. Rubens si servì sovente di collaboratori specializzati nella pittura di animali, nature morte e paesaggio, in particolare di Snijders, Jan Brueghel de Velours, Lucas van Uden e Jan Wildens. In questo dipinto spettano a Rubens le figure, che illustrano Cimone, figlio di un nobile cipriota, vestito di rozzi panni, mentre si imbatte per la prima volta nella bellissima Efigenia, che giace addormentata insieme a delle compagne. La favola morale narrata da Boccaccio, in cui Cimone, di bell’aspetto ma rude e ignorante divenne un gentiluomo raffinato in seguito alla sua unione con Efigenia, ebbe molta fortuna tra i pittori olandesi del Seicento.
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I miracoli di sant’Ignazio di Loyola
1618-1619
Olio su tela
Vienna, Kunsthistoriches MuseumL’opera appartiene alla maturità di Rubens, e fu dipinto per la chiesa di Sant’Ignazio di Loyola di Anversa. Il dipinto era esposto alternativamente a un’altra pala di Rubens, I miracoli di san Francesco Saverio. Appartenenti all’ordine dei Gesuiti, uno dei più importanti ordini di clero secolare fondati nel periodo della Controriforma, sant’Ignazio di Loyola e san Francesco Saverio furono canonizzati solo nel 1622. Le pale di Rubens rivestono dunque una particolare importanza per la diffusione dell’iconografia dei santi fondatori dell’ordine, esse precedono infatti la data di canonizzazione, e sono parzialmente ispirati alle incisioni che illustrano la Vita beati Ignatii Loyolae pubblicata a Roma nel 1609 e alla cui decorazione partecipò lo stesso Rubens.
IconografiaIl matrimonio per procura di Maria de’ Medici a Firenze
1622Verso la fine del 1621 Rubens si vide affidare la decorazione della galleria del Lussemburgo, palazzo abitato a Parigi dalla regina madre Maria de’ Medici. L’artista partì per Parigi nel 1622, al fine di studiare il programma scelto. I dipinti del ciclo, ricordato dal Bellori, erano posti in cornici di legno nero decorato d’arabeschi d’oro, e raffiguravano le varie fasi della vita di Maria, distinte in tre fasi, la giovinezza e la sua vita di regina come moglie di Enrico IV di Francia, la reggenza, e il suo ruolo di madre del nuovo re. Il dipinto raffigurante Il matrimonio di Maria de’ Medici, una delle tele trattate con maggior senso realistico, ha avuto una complessa elaborazione, testimoniata dai bozzetti. Rubens, negli anni in cui era al servizio di Vincenzo Gonzaga, poté assistere di persona all’avvenimento, come accompagnatore del duca di Mantova.
Trittico di sant’Ildefonso
1630-1632Anche la commissione di quest’opera fu ottenuta da Rubens grazie all’interessamento di Cornelis van der Geest, decano della gilda dei merciai dal 1609 al 1615, uno dei maggiori sostenitori del pittore dopo il suo rientro in patria. Il trittico fu eseguito per la chiesa di San Giacomo di Caudenberg, parrocchia della corte di Bruxelles. Nel pannello centrale appare sant’Ildefonso, vescovo di Toledo del VII secolo, che riceve la casula dalle mani della Vergine. Negli scomparti laterali, i santi Alberto di Lovanio e Elisabetta d’Ungheria presentano alla Vergine gli arciduchi Alberto e Isabella.
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La piccola pelliccia (Helena Fourment esce dal bagno)
1638 circa
Olio su tavola; 175 x 96
Vienna, Kunsthistoriches MuseumNel 1630 Rubens sposò in seconde nozze la sedicenne Helena Fourment. L’avvenimento è così descritto in una lettera all’amico Peiresc nel 1634: «Ho deciso di risposarmi, poiché non mi sentivo ancora sufficientemente maturo per la continenza e il celibato […]. Ho scelto una giovane moglie, di famiglia onesta ma borghese, sebbene si abbia cercato di fare la mia scelta a corte. Desideravo una moglie che non arrossisse vedendomi aprire i pennelli. In breve, amo troppo la libertà e avrei trovato troppo duro perderla in cambio dei baci di una vecchia moglie». Rubens dipinse più volte la giovane in opere memorabili, come la Passeggiata nel giardino (Monaco, Alte Pinakothek), dove egli raffigurò se stesso ed Helena nel giardino della casa di Anversa poco prima delle nozze, o nel ritratto Helena Fourment scende di carrozza (Parigi, Louvre). Nel dipinto di Vienna, noto anche come La piccola pelliccia, o Helena Froument in veste di Afrodite, la giovane posa quasi nuda mentre esce dal bagno, ed è ritratta con un perfetto equilibrio tra forme, colori e gesti misurati. Opera dal carattere strettamente intimo, fu lasciata da Rubens alla moglie alla sua morte, avvenuta nel 1640.